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view post Posted: 11/12/2023, 21:16 by: Cappuccine     +1L’ ermellino e la lepre (leggenda russa) - Favole, miti e leggende

L’ ermellino e la lepre


(leggenda russa)


Un giorno un candido ermellino, acquattato nella neve, spiava un topolino. Ma ecco arrivare di corsa una lepre bianca: essa non si avvide dell’ermellino e gli saltò sulla schiena.
L’ermellino, accorgendosi che qualcosa di bianco gli era salito sulla groppa, reagì vivacemente a morsi e per poco non staccò una zampa alla lepre.

La vicenda finì in tribunale, dove la lepre citò l’ermellino davanti all’orso. “Perché hai morsicato la lepre?” domandò severamente l’orso all’ermellino. “Io non sapevo che fosse una lepre. Chi potrebbe riconoscerla nella neve, tutta bianca com’è? Essa non avrebbe dovuto saltarmi addosso”.
“E tu, lepre, perché sei saltata addosso all’ermellino?”
“Io non sapevo che fosse l’ermellino. Chi potrebbe riconoscerlo in mezzo alla neve tutto bianco com’è?”



L’orso ci pensò su un po’, poi sentenziò: “L’ermellino è innocente e la lepre è senza colpa. Cosa volete che ci faccia io? Acchiappò la lepre per le orecchie e l’ermellino per la coda e li buttò fuori dal tribunale. Ma l’orso aveva le zampe molto sporche ed ecco perché da quel tempo la lepre bianca ha le orecchie nere e l’ermellino ha un ciuffo nero in cima alla coda. Così ora essi si possono riconoscere nella neve.




Piero di Cosimo
(1462 - 1521)
Venere, Marte e Cupido
1505 circa
olio su tavola di pioppo -72 x 182 cm.
Gemäldegalerie, Staatliche Museen, Berlino





view post Posted: 11/12/2023, 18:29 by: Macinino     +1Il mito della ninfea - Favole, miti e leggende

La Ninfea dalle grandi foglie


(leggenda popolare)


In tempi molto antichi viveva in un profondo lago una bellissima fanciulla. Era la Ninfa delle acque, prediletta dagli animali. Un mattino Raggio di Sole si posò sul lago e restò incantato a osservarla. La Ninfa, nel vedere quel giovane bello come un dio, si immerse nell’acqua, intimidita. Il mattino dopo, però, Raggio di Sole ritornò e le disse: “Io scenderò fra le acque per restare con te!” La Ninfa rispose:“Se lo farai, sarà grande la mia gioia”.

Ma il Genio Verde, padrone di quelle acque, aveva sentito. Egli non lo avrebbe permesso, mai! La mattina dopo, quando la Ninfa risalì dalle acque, il Genio Verde le disse: “Ho sentito che vai sposa a Raggio di Sole. Voglio farti un bellissimo dono, adeguato alla tua bellezza…” e le porse una grande quantità di polline di fiori.

La Ninfa lo raccolse tra le mani, ma subito quel polline si trasformò in oro, così pesante da trascinarla nel fondo del lago. Il Sole, che aveva visto tutto, decise di intervenire. Come per incanto, la Ninfa risalì dal lago, trasformata in uno splendido fiore, che da allora abita sui laghi e sugli stagni e si chiama “Ninfea dalle grandi foglie”.




Claude Monet
Lo stagno delle ninfee (Le Bassin des Nympheas)
1904
87,95 x 91,44 cm.
Denver Art Museum



view post Posted: 11/12/2023, 17:25 by: RockCafè     +1La leggenda del calendario cinese - Favole, miti e leggende

La leggenda del calendario cinese

(tradizione popolare)


Tanto e tanto tempo fa ci fu un re in Cina che volle festeggiare il capodanno in modo grandioso. Decise di invitare al banchetto non solo gli uomini ma anche tutti gli animali. Inviò quindi dei messaggeri perché chiamassero a palazzo tutti gli animali che popolano la Terra.

Venne il gran giorno e il re si mise ad aspettare gli ospiti. Il primo ad arrivare fu il Topo (Zi), seguito dal Bufalo (Chou), dalla Tigre (Yin) e dalla Lepre (Mao).
Giunsero poi il Drago (Chen), il Serpente (Si), il Cavallo (Wu), la Capra (Wei), la Scimmia (Shen), il Gallo (You), il Cane (Xu). Per ultimo arrivò il Maiale (Hai).

Il re continuò ad aspettare, ma non arrivò nessun altro animale, allora pensò di ringraziare in maniera speciale coloro che avevano accettato il suo invito. Così decise che ogni anno avrebbe avuto il nome di un animale, cominciando dal Topo, che era stato il primo ad arrivare, per finire con il Maiale, l’ultimo del gruppo. Decretò poi che alla fine dei dodici anni, il ciclo ricominciasse di nuovo. E così è stato e così è ancora oggi.




Yao Wen-han
Gioiosa Celebrazione al Nuovo Anno
(Joyous Celebration at the New Year)
dipinto del XVIII secolo
Museo del Palazzo Nazionale, Taipei



view post Posted: 11/12/2023, 11:33 by: Milea     +1I tre giorni della merla (“i trii dì de la merla”) - Favole, miti e leggende

I tre giorni della merla

(leggenda milanese)


La leggenda dei tre giorni della merla si perde nel tempo. Sappiamo solo che erano gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31, e in quei dì capitò a Milano un inverno molto rigido. La neve aveva steso un candido tappeto su tutte le strade e i tetti della città. I protagonisti di questa storia sono un merlo, una merla e i loro tre figlioletti. Erano venuti in città sul finire dell’estate e avevano sistemato il loro rifugio su un alto albero nel cortile di un palazzo situato in Porta Nuova.



Claude Monet (1840 - 1926)
Neve ad Argenteuil (Neige à Argenteuil)
1875
olio su tela - 55,5 × 65 cm.
Musée National de l’Art Occidental, Tokyo


Poi, per l’inverno, avevano trovato casa sotto una gronda al riparo dalla neve che in quell’ anno era particolarmente abbondante. Il gelo rendeva difficile trovare le provvigioni per sfamarsi; il merlo volava da mattina a sera in cerca di becchime per la sua famiglia e perlustrava invano tutti i giardini, i cortili e i balconi dei dintorni. La neve copriva ogni briciola. Un giorno il merlo decise di volare ai confini di quella nevicata, per trovare un rifugio più mite per la sua famiglia. Intanto continuava a nevicare.



Claude Monet (1840 - 1926)
Il treno nella neve. La locomotiva
1875
olio su tela - 59 x 78 cm.
Marmottan Monet Museum, Parigi


La merla, per proteggere i merlottini intirizziti dal freddo, spostò il nido su un tetto vicino, dove fumava un comignolo da cui proveniva un po’ di tepore. Tre giorni durò il freddo. E tre giorni stette via il merlo. Quando tornò indietro, quasi non riconosceva più la consorte e i figlioletti: erano diventati tutti neri per il fumo che emanava il camino. Nel primo dì di febbraio comparve finalmente un pallido sole e uscirono tutti dal nido invernale; anche il capofamiglia si era scurito a contatto con la fuliggine. Da allora i merli nacquero tutti neri; i merli bianchi diventarono un’eccezione di favola. Gli ultimi tre giorni di gennaio, di solito i più freddi, furono detti “i trii dì de la merla” per ricordare l’avventura di questa famigliola di merli.




Claude Monet (1840 - 1926)
Scena di neve ad Argenteuil (Rue sous la neige, Argenteuil)
1875
olio su tela - 71,1 x 91,4 cm.
National Gallery, Londra



view post Posted: 10/12/2023, 22:29 by: Milea     +1Leggenda dei fiori di mandorlo - Fillide e Demofonte - Favole, miti e leggende


Il mandorlo nell’arte





Vincent Van Gogh (1853 - 1890)
Ramo di mandorlo in fiore (Branches of an almond tree in blossom)
febbraio 1890
olio su tela - 73,5 x 92 cm.
Van Gogh Museum, Amsterdam


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Vincent Van Gogh
Mandorlo in fiore (Almond tree in blossom)
aprile 1888
olio su tela - 48,5 × 36 cm.
Rijksmuseum, Amsterdam


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Vincent Van Gogh
Ramo di mandorlo in fiore in un bicchiere
marzo 1888
olio su tela - 24 x19 cm.
Van Gogh Museum, Amsterdam


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Vincent Van Gogh
Ramo di mandorlo fiorito in un bicchiere con libro
(Blossoming almond branch in a glass with a book)
marzo 1888
olio su tela - 24 x 19 cm.
Collezione Privata, Tokyo


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Théo van Rysselberghe (1862-1926)
Mandorli in fiore (Almond Trees in Blossom. Morning)
1918 circa
olio su tela - 46,5 x 65 cm.
Collezione privata




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Achille Laugé (1861-1944)
L’albero in fiore (L’arbre en fleur)
1893
olio su tela - 59,4 x 49,2 cm.
Collezione privata, Bilbao


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Achille Laugé (1861-1944)
Il frutteto dell’artista (Verger de l’artiste)
1925 circa
olio su tela - 17 x 33 cm.
Collezione privata


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Paul Cezanne
Alberi di mandorlo in Provenza (Almond Trees in Provence)
1900
Acquerello su carta - 58,5 x 47,5 cm.
Collezione privata


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Marie Egner (1850–1940)
Nel pergolato in fiore (In the blossoming bower)
1896 circa
olio su tela - 86,5 x 114,5 cm.
Collezione privata





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Henri Manguin (1874−1949)
Il mandorlo in fiore (L’amandier en bleurs)
1907
olio su tela - 65 x 81 cm.
Collezione privata, Svizzera





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Pierre Bonnard
Il mandorlo (L’amandier)
1930 circa
olio su tavola - 51,1 x 34,9 cm.
Musée Bonnard, Le Cannet (Francia)


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Pierre Bonnard
Il mandorlo in fiore (L’amandier en fleurs)
1947
olio su tavola - 55 x 37,5 cm.
Musee National d’Art Moderne, Centre Pompidou, Parigi


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Edward Coley Burne-Jones (1833 - 1898)
L’albero del perdono (The tree of forgiveness)
1881 -1882
olio su tela - 190,5 × 106,7 cm.
Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight (Liverpool)


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Edward Coley Burne-Jones (1833 - 1898)
Fillide e Demofonte(Phyllis and Demophoön)
1870
acquerello, guazzo su carta - 93,8 x 47,5 cm.
Birmingham Museum and Art Gallery


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John Peter Russell
Mandorlo in fiore (Almond tree in blossom -(Amandier en fleur)
1887
olio su fondo oro su tela su compensato - 46,2 x 55,1 cm.
National Gallery of Victoria, Melbourne (Australia)


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John William Godward (1861 - 1922)
Paesaggio Mandorlo rosso in fiore (Landscape. Blossoming Red Almond)
1912 circa
olio su tavola - 31,7 x 40 cm.
Collection of Vern and Judy Swanson, Springville Museum of Art (Utah)


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Sydney Thompson (1877-1973)
Mandorlo a Peille (Almond tree at Peille)
1938
olio su tela - 58,5 x 71,5 cm.
Museum of New Zealand Te Papa Tongarewa, Wellington


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Katsushika Hokusai
Cardellino, mandorlo e ciliegio piangente (serie “Piccoli fiori”)
1832 circa
silografia policroma - 25,1 x 18,2 cm.
Honolulu Museum of Art


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Alexandre Roubtzoff (1884–1949)
Mandorli (Les Amandiers)
1927
olio su tela - 80 x 107,5 cm.
Collezione privata


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Santiago Rusiñol y Prats ( 1861 - 1931 )
Mandorli in fiore a Maiorca (Almendros en flor en Mallorca)
1902
olio su tela - 118 x 137 cm.
Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba, La Habana


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John Russell (1858-1930)
Mandorli e rovine, Sicilia (Amandiers et ruines, Sicile)
1887
olio su tela - 64,5 x 81,2 cm.
Collezione Queensland Art Gallery


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John William Waterhouse (1849 - 1917)
Raccolta dei fiori di mandorlo (Gathering almond blossoms)
1916 circa
olio su tela - 61 x 94 cm.
Collezione privata



Edited by Milea - 11/12/2023, 17:46
view post Posted: 8/12/2023, 21:42 by: *Vanilla*     +1La leggenda della spiga di grano - Favole, miti e leggende

La leggenda della spiga di grano


(leggenda germanica)



Molto tempo fa, la spiga di grano aveva centinaia di chicchi che crescevano lungo lo stelo, dalla radice alla cima. Un giorno, passando davanti a un campo di grano, una donna strappò una manciata di spighe per ripulire il vestito del suo bambino, che si era sporcato di fango.
In quel momento passava di là il dio della natura, che disse: “Voi sprecate il grano che vi ho regalato! D’ora in poi il suo stelo non porterà più chicchi!”

Gli uomini, allora, si misero a supplicarlo: se avesse fatto sparire tutti i chicchi, quanta gente sarebbe andata a letto a pancia vuota! E poi doveva pensare anche ai polli, poverini, che non avevano fatto nulla di male e sarebbero morti di fame senza colpa. Alla fine il dio, impietosito, ascoltò le preghiere degli uomini: prese uno stelo e lo sgranò fin quasi alla cima, dove rimase solo un ciuffetto di chicchi. Così nacque la spiga di grano come la conosciamo oggi.



Vincent van Gogh (1853 - 1890)
Il raccolto (La moisson)
(Wheat Field Behind Saint-Paul Hospital with a Reaper)
settembre 1889
olio su tela - 59,5 x 72,5 cm.
Museum Folkwang, Essen (Germania)




view post Posted: 8/12/2023, 20:57 by: Macinino     +1Miti e leggende sulle origini del mondo e dell'uomo - Favole, miti e leggende

La nascita del mondo


(mito finlandese)


In un tempo lontano, quando esistevano solo l’aria e il mare, Lunnotar (Ilmatar), la bella Fata della Natura “figlia dell’aria”, scese dalla sua casa tutta azzurra e cominciò a camminare sul mare. Si lasciò cullare dalle onde, facendosi trasportare dalle correnti, finché si addormentò.

Qualche tempo un’aquila enorme apparve in cielo: era stanca e cercava un luogo dove posarsi. Batteva le ali ormai senza più forza e presto sarebbe caduta fra le onde, ma Luonnotar la vide e per aiutarla sollevò un ginocchio fuori dall’acqua. L’uccello, credendo che la sporgenza fosse un'isoletta, vi si posò e vi preparò il nido. Quando tutto fu pronto vi depose sei uova d’oro e una di ferro; poi iniziò a covarle. Covò le uova un giorno, poi al secondo Luonnotar iniziò a sentire un calore sempre più forte al ginocchio, ma cercò ugualmente non muoversi e di resistere, per lasciare che l’uccello covasse fino al termine le sue uova. Ma al terzo giorno il calore delle uova era così forte che la Fata non riuscì più a sopportarlo: Luonnotar non ce la fece più a star ferma e diede uno scossone al ginocchio. Le uova caddero nel mare e si ruppero.

Accadde allora una cosa meravigliosa: metà di un guscio delle uova d’oro si ingrandì e formò la volta del cielo e l’altra metà la superficie curva della Terra. I tuorli rossi formarono il Sole e le stelle, il bianco diventò la Luna e i neri pezzetti dell’uovo di ferro diventarono nuvole nel cielo. Passarono gli anni e Luonnotar continuò a nuotare nelle acque calme e silenziose del mare. Poi allo
scadere del nono anno si sollevò e diede inizio alla creazione. Dove toccava con le mani sorgevano le baie e i promontori. Dove i suoi piedi premevano il terreno ecco formarsi le valli e gli abissi marini. Si distese sulla terra e con le braccia formò le pianure. Tornò nel mare e nuotando sul dorso ne cosparse la superficie di isolette e di scogli. Così nacque il mondo.



Robert Wilhelm Ekman
Ilmatar
1860
olio su tela - 79 x 111 cm.
Museo d'arte Ateneum, Helsinki (Finlandia)



stella stellastellastellastellastellastellastellastellastellastella


Napi e gli animali

(mito indiano)


Molti molti anni fa Napi era l’aiutante del Sole. Mentre il Sole riscaldava la Terra, Napi aggiustava tutto: montagne sbriciolate, fiumi bloccati… Un giorno avendo finito presto il suo lavoro e non essendo abituato a stare con le mani in mano, prese un blocco di argilla e cominciò a modellarla: uno dopo l’altro fece tutti gli animali e li distribuì qua e là per il mondo. Napi era molto soddisfatto: “Ho fatto proprio un bel lavoro! Ora non mi resta che trovare un nome per ogni animale e trasmettergli la vita, soffiandoci sopra”.

A uno a uno gli animali presero vita e popolarono tutta la Terra. In un angolino era rimasto un pezzetto di argilla, così Napi fece un’altra statuetta, la posò sulla Terra e disse: “Tu ti chiamerai… uomo!” e ci soffiò sopra. Napi tornò al lavoro dopo pochi giorni. Ma gli animali vennero da lui a lamentarsi perché aveva assegnato loro dei luoghi inadatti. Egli li ascoltò, poi trovò a tutti un nuovo posto in cui vivere.

Questa volta furono tutti soddisfatti. Quasi tutti… Nonostante la sua buona volontà, infatti, Napi non riuscì a trovare un posto che andasse bene per l’uomo. Ecco perché ancora oggi gli uomini, incontentabili, vanno dappertutto, alla ricerca di un luogo che possa andare bene.




Edited by Milea - 14/12/2023, 14:09
view post Posted: 8/12/2023, 11:51 by: Milea     +1Così dipingerei Maria - Jean Paul Sartre - ANGOLO LETTURA

Così dipingerei Maria

Jean Paul Sartre (1905-1980)

(Bariona o il figlio del tuono. Racconto di Natale per cristiani e non credenti)




La montagna brulica di uomini in festa e il vento porta l’eco della loro gioia fino alla sommità delle cime. Approfitterò di questa tregua per mostrarvi il Cristo nella stalla, poiché non lo vedete in altro modo: non appare in questa stanza Giuseppe né la Vergine Maria. Ma siccome oggi è Natale, avete il diritto di esigere che vi si mostri il presepe. Eccolo. Ecco la Vergine ed ecco Giuseppe ed ecco il bambino Gesù. L’artista ha messo tutto il suo amore in questo disegno ma voi lo troverete forse un po’ naïf. Guardate, i personaggi hanno ornamenti belli ma sono rigidi: si direbbero delle marionette. Non erano certamente così. Se foste come me, che ho gli occhi chiusi... Ma ascoltate: non avete che da chiudere gli occhi per sentirmi e vi dirò come li vedo dentro di me.


La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L’ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti, rimane interdetta e pensa: Dio è là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare. Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della sua condizione umana davanti a suo figlio.


Ma penso che ci sono anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia”. E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive.


Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l’espressione di tenera audacia e di timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino-Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride. Questo è tutto su Gesù e sulla Vergine Maria. E Giuseppe? Giuseppe, non lo dipingerei. Non mostrerei che un’ombra in fondo al pagliaio e due occhi brillanti. Poiché non so cosa dire di Giuseppe e Giuseppe non sa che dire di se stesso. Adora ed è felice di adorare e si sente un po’ in esilio. Credo che soffra senza confessarselo. Soffre perché vede quanto la donna che ama assomigli a Dio, quanto già sia vicino a Dio. Poiché Dio è scoppiato come una bomba nell’intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo incendio di luce. E tutta la vita di Giuseppe, immagino, sarà per imparare ad accettare. Miei buoni signori, questa è la Sacra Famiglia.




Antonio Allegri da Correggio
Adorazione dei pastori (La Notte)
1522-1530
olio su tavola - 256,5 x 188 cm.
Dresda, Gemäldegalerie


Bariona è un racconto scritto e rappresentato da Sartre nel Natale del 1940 per i suoi compagni di prigionia nel campo di concentramento di Treviri. Allora ebbe modo di conversare a lungo con i preti detenuti discutendo di fede e di teologia. La storia del racconto ruota intorno alla figura di Bariona (dal soprannome di “figlio del tuono”), capo di un villaggio vicino a Betlemme ed è ambientata nell’epoca in cui la Giudea era oppressa dai Romani e vessata da continue richieste di tributi. Dovendo cedere alle pressanti richieste del funzionario Romano, Bariona convincerà i suoi compaesani a pagare; ad una condizione, però, che gli abitanti del villaggio non faranno più figli.

Intanto, ai pastori appare un angelo che porta la buona novella della nascita di un bambino: il Messia. Per Bariona sono tutti pazzi e si rifiuta di seguire i Re Magi, venuti dall’oriente. Egli, però, torna sui suoi passi e alla visione di Gesù Bambino abbandona ogni diffidenza verso il Messia e si impegna nella liberazione del suo popolo. L’esperienza della guerra lo sradica dall’individualismo, lo porta alla consapevolezza dell’importanza della socialità dell’uomo, ma anche alla convinzione dell’inutilità della guerra. La precaria, anche se non dura, condizione di prigioniero, lo porta ad un nuovo modo di sentire l’esperienza religiosa. Certamente questa sua esperienza “cristiana” fu tutt’altra cosa rispetto all’educazione religiosa che ebbe in famiglia; egli stesso dirà che il cristianesimo familiare era di pura facciata.


view post Posted: 6/12/2023, 21:36 by: Milea     +1La magia del Pettirosso nelle leggende - Favole, miti e leggende

La magia del Pettirosso nelle leggende


La leggenda del Pettirosso di Natale



Un piccolo uccellino tutto grigio, una notte si rifugiò nella stalla a Betlemme con la Sacra Famiglia. L’inverno era freddo e la neve ricopriva ogni cosa; la stalla era gelida. Maria, accorgendosi che il fuoco che li teneva al caldo stava per spegnersi, chiese aiuto agli animali presenti nella stalla. Il bue, che giaceva profondamente addormentato sul pavimento della stalla, non sentì la sua voce. Allora chiese all’asino di ridare vita al fuoco, ma nemmeno lui sentì Maria. La stessa sorte toccò al cavallo ed alla pecora.

Ma all’improvviso, Maria udì un battito d’ali: l’uccellino l’aveva sentita e voleva aiutarla. Il piccolo volatile si avvicinò al focolare; le sue ali erano come piccoli mantici, che sbuffavano e sbuffavano aria sulle braci. Con il becco raccolse anche dei bastoncini secchi e asciutti e li gettò nel fuoco, ma mentre era intento a far ciò, la fiamma gli bruciò le piume del petto, che divennero di un colore rosso vivo. Nonostante tutto il piccolo uccellino, continuò ad alimentare il fuoco, finché non scoppiettò vivacemente riscaldando l’intera stalla, mentre Gesù Bambino dormiva beato.

Maria ringraziò di cuore il pettirosso per i suoi sforzi e guardò teneramente il suo petto che ora era rosso per le bruciature. Lo benedisse per la sua generosità, dicendo: “D’ora in poi, lascia che il tuo petto rosso sia un ricordo della tua buona azione”. Da allora, il piccolo uccellino fu conosciuto da tutti col nome di “pettirosso”, ed è lui che annuncia l’arrivo dell’inverno e delle festività natalizie.





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La leggenda di Pasqua

Il Pettirosso che ebbe pietà di Gesù


La storia narra che un uccellino, mentre era in volo, vide sulla cima di un monte tre croci e tanta gente. Incuriosito, si avvicinò e sulla croce centrale vide inchiodato un uomo con una corona di spine in testa, che provocava ferite sulla testa, così profonde da far scendere copioso il sangue sul volto: era Gesù. Alla vista di Cristo morente fu presa da grande tristezza nel vedere tanta cattiveria e si avvicinò a lui, si posò vicino alla testa di Gesù e per alleviarne la sofferenza, gli tolse con il becco alcune spine dal suo capo sanguinante. Nel compiere il gesto una goccia di sangue gli macchiò le piume del petto. Gesù decise di lasciarli quel segno rosso in modo che tutti gli uomini potessero riconoscere da lontano quella creatura così generosa. E da quel giorno il pettirosso ha assunto il colore che tutti conosciamo, motivo per cui è chiamato “pettirosso”, in ricordo del suo gesto caritatevole.




Federico Barocci
La Madonna del Gatto (Madonna of the Cat)
1575 circa
olio su tela - 112,7 × 92,7 cm
Londra, National Gallery



view post Posted: 5/12/2023, 22:07 by: Lottovolante     +1A SCENE ON THE ICE NEAR A TOWN - Hendrick Avercamp - ARTISTICA




Hendrick Avercamp
Una scena sul ghiaccio vicino a una città
(A Scene on the Ice near a Town)
1615
Olio su tavola
58 × 89.8 cm
Londra, National Gallery


Nel diciassettesimo secolo la "Piccola Era Glaciale" si stabilì sul Nord Europa. I fiumi e i canali in Olanda si ghiacciarono e la gente si avvicinò al ghiaccio per lavoro, per svago e per incidenti. Anche Hendrik Avercamp, che aveva appena iniziato la sua attività di artista, vi si dedicò. Il lavoro della sua vita divenne la rappresentazione di scene invernali piene di incidenti.


Queste sono le persone che conosceva; era cresciuto in mezzo a loro. Sotto la luce grigia di una giornata invernale, ma riscaldata dal rosa tenue di una nuvola che si insinuava su un lato del vasto cielo, continuavano la loro vita quasi immutata - facevano affari, spettegolavano, si occupavano dei bambini, si divertivano - ma accelerando sui pattini.


Sulla destra, un enorme edificio a forma di caserma, reso meno proibitivo da allegri mattoni rossi sfumati dal rosa della nuvola, è forse una birreria. Di fronte, dove la luce sulla neve è più intensa, un vecchio siede su una sedia di legno, con una coperta sulle ginocchia. Si dice che personifichi l'inverno, spesso rappresentato come una persona anziana, rugosa e fragile. L'uomo appoggiato alla vasca di pietra all'esterno dell'edificio sembra non soffrire il freddo, a differenza della giovane donna rannicchiata nella barca incastrata nel ghiaccio vicino a noi, con le mani sotto il grembiule nero per tenerle al caldo. In un angolo, una giovane coppia alla moda sfoggia i suoi nuovi abiti, decisamente eleganti nonostante la brezza gelida che le increspa la fascia.


La vista si apre dietro la dependance alla fine del ponte, con altri episodi che catturano l'occhio curioso. In lontananza, alcuni uomini giocano a kolf, il precursore del golf. Poco più vicino, una madre si china su una piccola slitta di legno per rimboccare le coperte ai suoi bambini. Ma il marito, che tiene le redini della slitta, ha gli occhi altrove. Una giovane donna è caduta. Ha perso il cappello e le gonne sono scompigliate. Un uomo ammantato con un berretto a punta la indica con un salto di gioia mentre le guarda le sottane.


Non tutti sono così frivoli. A sinistra, delle donne signorili passano davanti all'incidente su una slitta trainata da cavalli con un piccolo cavallo bianco sul retro come stemma. Vicino alla dependance, un uomo si affretta a tornare a casa, con la sua lunga canna da pesca su una spalla, facendo penzolare un misero pescato. Dietro di lui un buco quadrato nel ghiaccio tagliato per la pesca. Passa accanto a un gruppo di persone intelligenti che spettegolano, la donna con le mani nel manicotto, il viso coperto da una maschera per coprire la carnagione dal freddo.



Poco più in là sventola orgogliosa una bandiera rossa, bianca e blu. È la bandiera della Repubblica olandese, appena liberata da anni di dominio spagnolo. Avercamp, come molti artisti dell'epoca, si era imposto di rivolgersi ai nuovi cittadini indipendenti che avrebbero acquistato le sue opere. I suoi quadri sarebbero stati appesi nelle loro case per intrattenere e divertire, ma anche per essere considerati con orgoglio patriottico. (Mar L8v)





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view post Posted: 5/12/2023, 21:26 by: Milea     +1Perché gli asini hanno il muso bianco (mito arabo) - Favole, miti e leggende

Perché gli asini hanno il muso bianco

(mito arabo)


Tutti sanno che l’asino è l’animale più paziente e che più di tutti gli altri può essere caricato sino all’inverosimile. L’asino sopporta tutto: ci si rende conto di quanto si pretende da lui solo quando muore per la fatica, e allora vuol dire che era davvero troppo carico. Gli asini patiscono le maggiori pene dai bambini, soprattutto quando questi li portano al pascolo. Come si sa, i bambini lo percuotono con bastoni, gli tirano pietre, gli saltano in groppa e si fanno trasportare in cinque o sei alla volta. L'asino, sempre paziente, li lascia fare senza mai opporsi.

Ma un bel giorno, alcuni angeli si rivolsero al Signore dei Mondi e gli dissero: “Signore! Osserva l’asino. E’ l’immagine della pazienza e della resistenza. Non pensi che anche lui avrebbe diritto al Paradiso?”. Il Signore diede subito ragione agli angeli e, senza esitare, ordinò che l’asino fosse condotto in Paradiso. Gli angeli, allora, volarono subito dall’asino per comunicargli la buona notizia, prenderlo con loro e condurlo all’ingresso del Paradiso.

Appena giunti davanti alla grande e lucente porta del Paradiso, l’asino incuriosito sporse il muso per guardare, ma subito si irrigidì e non volle più proseguire. Gli angeli non capivano, non si spiegavano il suo comportamento. Provarono e riprovarono, prima delicatamente e poi con forza, a spingere la bestia al di là della porta, ma niente, non c’era verso. L’asino aveva, con circospezione, infilato solo il muso e subito si era fermato come paralizzato. Ma cosa stava succedendo? Perché l’asino non voleva in nessun modo entrare all’interno di quel mondo magicamente perfetto e felice?



Filippo Palizzi (Vasto, 1818 - Napoli, 1899)
Monelli
1872
olio su tela - 35 x 50 cm.
Pinacoteca di Palazzo Pitti, Firenze


Non passò molto che gli angeli capirono il motivo: a spaventare l’asino sino a non farlo più proseguire era stato il gran numero di fanciulli che aveva visto sporgendosi dalla porta del Paradiso. Era troppa la paura che aveva dei bambini, aveva subito tanti maltrattamenti da loro. Gli angeli, a malincuore, dovettero rinunciare a farlo entrare tra i prediletti del Paradiso e lo riaccompagnarono al suo pascolo. Appena tornato sulla terra, tutti però si accorsero del cambiamento dell’asino. L’animale non era entrato in Paradiso, ma ci aveva infilato il muso che, illuminato dalla folgorante luce divina, era diventato bianco. Fu così, che da allora, tutti gli asini nacquero con quella caratteristica. Ecco perché oggi l’asino ha il muso bianco!



Filippo Palizzi (Vasto, 1818 - Napoli, 1899)
Stalla con due asinelli e tre figure
1871
olio su tela - 45 x 62 cm.
Raccolte Frugone, Musei di Nervi, Genova




view post Posted: 5/12/2023, 12:48 by: Milea     +1La magia delle Lucciole nelle leggende popolari - Favole, miti e leggende

La lucciola e il ragno


(favola popolare)


Tanto tempo fa, quando gli animali potevano parlare, un ragno invitò a cena una lucciola. La lucciola si preparò e, quando calò la sera, andò all’appuntamento. Entrò nel bosco scuro e raggiunse la siepe dove abitava il ragno. “Bene arrivata!”, disse lui. “Da dove passo?”, chiese la lucciola. “E’ talmente buio che non vedo la porta”. “Di qua, ma spicciati, che ho una fame da lupo”. La lucciola avanzò al buio. Dovete sapere che durante il giorno il ragno aveva tessuto una tela grande e robusta e l'aveva appesa davanti alla sua tana. Povera lucciola, stava finendo nella rete come un pesce!
“Avanti, un’altra mossa e sei arrivata!”. gridò ancora lui. Ma ecco, accadde qualcosa di inaspettato. La luna spuntò improvvisamente da dietro una nuvola e illuminò la scena. Com’era grande la tela del ragno! La lucciola la vide, si spaventò e fuggì via. Che fortuna, si era salvata! Ma che rischio aveva corso, andando in giro di notte al buio! “Da oggi alla sera uscirò solo con una lanterna!”, esclamò quando fu di nuovo a casa. E da allora la lucciola fa sempre così, perché ha imparato che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.


Lucciole da realizzare e colorare








view post Posted: 4/12/2023, 22:00 by: Lottovolante     +1RICHELIEU - LA POTENZA DEL CARDINALE FAVORITO - PERSONAGGI


"Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini,
e vi troverò qualcosa sufficiente a farlo impiccare."

(Cardinale Richelieu)



CARDINALE RICHELEU
IL POTERE DI UN FAVORITO




"Non ho altri nemici che quelli dello stato".

Con queste parole Richelieu giustificò l'implacabile repressione delle rivolte e delle
congiure avvenuta nel corso del suo governo per difendere l'autorità della corona.






Philippe de Champaigne
Triplice ritratto del Cardinale Richelieu
(Triple portrait of Cardinal de Richelieu)
1642 circa
Olio su tela
58,7 x 72,8 cm
Londra, National Gallery


"Io non intraprendo nulla finché abbia considerato se ció sia bene, ma, presa una determinazione, vado direttamente al mio fine; distruggo ed atterro tutto quanto frappone ostacoli al mio cammino, coprendo in seguito ogni cosa col mio mantello rosso", diceva di sé il cardinale Richelieu. D'altro canto il rosso non faceva riferimento solo al suo abito color porpora tipico dei cardinali, ma anche alla sua fama di governante implacabile, che non mostrò la minima esitazione quando affogò nel sangue ribellioni e cospirazioni. Alexandre Dumas, nel suo libro "I tre moschettieri", lo presenta come un personaggio superbo e vendicativo, sempre occupato a macchinare su come difendersi da nemici reali o immaginari, e padrone assoluto della volontà del suo sovrano, Luigi XIII.



Philippe de Champaigne
Il cardinale Richelieu
(The Cardinal of Richelieu)
1633-1640
Olio su tela
260 x 178 cm
Londra, National Gallery





Stemma del Cardinale Richelieu

Candorem purpura servat et dirigit et firmat
Expertus fidelem jupiter
Naturalmente sarebbe profondamente ingiusto ridurre la figura di Richelieu a questa immagine. Nemmeno i suoi più acerrimi nemici avrebbero potuto negarne l'intelligenza né le capacità politiche. Uno dei suoi avversari nel 1635, dopo un'udienza con il cardinale, affermava: "Bisogna riconoscere la verità: quest'uomo possiede delle grandi qualità, un aspetto distinto e proprio di un gran signore, una facilità d'espressione meravigliosa, una mente agile e acuta, una condotta nobile, un'abilità straordinaria per trattare le sue faccende, e una certa grazia in tutto ciò che fa o dice che ipnotizza tutti". La sua fede era sincera ed esigente, non una semplice copertura dietro cui celare la sua ambizione. Durante gli anni del suo governo, dal 1624 al 1642, riuscì a portare avanti una grande riforma politica che rivoluzionò il Paese sotto molteplici aspetti: riforme giuridiche e amministrative, decisive per la centralizzazione dello stato; sviluppo delle relazioni commerciali con l'estero; appoggio alla cultura francese, che scaturì nella fondazione dell'Académie française – istituzione tuttora esistente che veglia sulla lingua e sulla cultura francese – nel 1635.



Philippe de Champaigne
Ritratto di Richelieu
(Portrait of Richelieu)
1642
Olio su tela
58 x 46 cm
Strasburgo, Musée des Beaux-Arts


D'altra parte la sua fama di durezza e persino di crudeltà non è stata un'invenzione degli autori romantici. Prigioni, esilii, esecuzioni pubbliche, rivolte represse duramente marcarono gli anni del suo governo. Per il cardinale tutto ciò aveva una giustificazione: imporre l'autorità suprema del monarca in tutto il Paese, rendere il re di Francia un vero sovrano, al quale tutti i suoi sudditi dovevano una cieca obbedienza. Molti, a quel tempo, desideravano una politica di questo tipo per porre fine a decenni di guerre civili e rivolte e per restituire alla monarchia il suo prestigio internazionale. Ma i metodi di Richelieu crearono un risentimento profondo nel popolo e molti iniziarono a pensare che ciò che realmente cercava il primo ministro era di aumentare il suo potere dispotico e soddisfare un'ambizione smisurata per il comando.



Philippe de Champaigne
Ritratto del Cardinale Richelieu
(Portrait of Cardinal Richelieu)
1639 circa
Olio su tela
222 x 155 cm
Parigi, Musée du Louvre


Ascesa a corte

Richelieu proveniva da una famiglia della piccola nobiltà di Poitou, i Duplessuis. Suo padre aveva iniziato a prosperare grazie al favore dei re, ma morì prematuramente lasciando sua moglie in una situazione non facile. Armand non avrebbe mai dimenticato le difficoltà vissute nella sua infanzia. La sua volontà di emergere ed arrivare alla corte fu per lui una forma di dare alla suafamiglia il prestigio e la ricchezza che credeva gli corrispondesse, alla pari con case nobili tra le più importanti del regno. Ricchezze, titoli e accordi matrimoniali contribuirono a raggiungere quest'obiettivo, coronato nel 1631 con l'ottenimento del titolo di "duque-par", il più alto a cui pteva aspirare. Evidentemente molti non gli perdonarono quest'ascesa meteorica e non smisero mai di ricordargli le sue umili origini.



Henri-Paul Motte
Richelieu sul muro di cinta di La Rochelle
(Richelieu on the Sea Wall of La Rochelle)
1881
Olio su tela
112 x 190.5 cm
La Rochelle, Musée des Beaux-Arts


Ricoprire una carica religiosa fu un importantissimo aiuto che gli spianò la strada. Con la fine delle guerre di religione del XVI secolo in Francia si stava imponendo la Controriforma, uno sforzo per rilanciare il cattolicesimo. La reggenza di Maria de' Medici dopo l'assassino di Enrico IV nel 1610 e fino al raggiungimento della maggiore età del figlio Luigi XIII favorì decisamente questa politica. Nominato vescovo ad appena vent'anni, Richelieu si guadagnò la fama di ecclesiastico rigoroso, dedito ai suoi fedeli fino al punto di arrivare a vivere qualche anno nella piccola diocesi di Luçon. Ma non perse mai di vista i suoi obiettivi di arrivare a corte e l'occasione gli si presentò nel 1615, quando pronunciò il doscorso di Chiusura degli Stati Generali. La sua chiarezza di idee, l'energia e il portamento fecero un'ottima impressione. Poco dopo la reggente gli offrì una carica a corte. In questa fase Richelieu appariva como un uomo fedele alla reggente: perfettamente integrato nel partito appoggiava la politica di Maria volta a rinforzare le alleanze con la Spagna e con il Papato. Dall'altra parte c'era la fazione che si stringeva intorno a Luigi XIII, che si era dichiarato maggiorenne nel 1615 e che nutriva una profonda invidia per Richelieu. Questi fu nominato ministro nel 1617 (anche se ricopriva una mera funzione consultiva) e due anni più tardi cadde in disgrazia insieme alla sua protettrice. Da quest'esperienza Richelieu apprese la pericolosità di una lotta tra due fazioni e quanto fosse precario il favore reale.



Claude Deruet
Ritratto equestre di Luigi XIII in armatura
(Equestrian portrait of Louis XIII in armour)
1630
Olio su tela
108 x 96 cm
Château de Versailles


Il tradimento

Quando il re e la regina madre si riconciliarono, Richelieu potè fare ritorno alla corte. Nel 1622 fu nominato cardinale e due anni più tardi entrò di nuovo nel governo come ministro effettivo. Poco a poco potè conquistare la fiducia di re Luigi XIII, che comprese che il cardinale era l'unico che poteva garantirgli ciò che veramente importava: la gloria di ristabilire la monarchia francese come potenza egemonica in Europa. La consacrazione della sua autorità arrivò nel 1630, in un episodio molto noto della storia francese la giornata degli ingannati. La regina madre, vedendo che il suo antico servitore era sempre più indipendente, decise di fare un ultimo sforzo per recuperare la fiducia del re suo figlio. La mattina del 10 novembre ebbe un colloquio nel palazzo di Lussemburgo con Luigi XVII, durante il quale chiese la destituzione di Richelieu. Il cardinale, introdottosi nel palazzo attraverso un passaggio segreto, fece irruzione nel bel mezzo del colloquio e, comprendendo il pericolo che correva, non esitò a umiliarsi chiedendo perdono alla regina e assicurandole la sua fedeltà. Il re, in una posizione scomoda, abbandonò la sala mentre la regina copriva di insulti il cardinale. Richelieu credette di aver perso il potere e stava preparando la sua uscita di scena. Ma poche ore più tardi ricevette un invito del re a visitarlo a Versailles (che allora era un semplice padiglione di caccia). Lì, Luigi XVII gli reiterò la sua fiducia e ordinò a sua madre di ritirarsi dalla corte. Maria de' Medici aveva perso definitivamente la battaglia: un anno dopo sarebbe partita per l'estero e non avrebbe più rivisto suo figlio, ma non smise mai di denunciare l'ingratitudine del suo antico protetto.



Peter Paul Rubens
Maria de Medici, Regina di Francia
(Marie de Medici, Queen of France)
1622
Olio su tela
130 x 112 cm
Madrid, Museo del Prado


Ma la rivalità di Maria de' Medici non fu l'unica che il cardinale dovette affrontare. C'era anche il fratello minore di Luigi XIII, Gastón, che sentiva di essere stato privato dal primo ministro della posizione di prestigio che, secondo lui, gli corrispondeva di diritto. Molti aristocratici, "principi di sangue" e grandi signori erano d'accordo con Gastón, abituati com'erano a circolare liberamente a corte, a comportarsi loro stessi come sovrani e a cospirare e ribellarsi quando gli faceva comodo. Ma questa condotta secolare sarebbe stata messa in discussione dal ministro, deciso a mettevi fine. Per Richelieu la mancanza di disciplina e i continui intrighi dei nobili contro la monarchia erano la vera causa dell'indebolimento della corona, dentro e fuori le frontiere francesi. Bisognava porre fine a questa situazione ricorrendo a tutti i mezzi necessari. Il primo ministro riuscì a guadagnarsi la fiducia di alcune delle famiglie più in vista del Paese, come i Condé. Ma di fronte agli altri decise di applicare una politica di repressione e mano ferma.



Anthony van Dyck
Ritratto di Gastone di Francia
(Portrait of Gaston de France)
1632-1634
Olio su tela
193 x 119 cm
Château de Chantilly


I nobili al patibolo

In occasione dell'affaire Chalais – un intrigo per imporre il matrimonio a Gastón d'Orleáns nel 1626 – Richelieu ebbe la possibilità di dimostrare per la prima volta come sarebbero andate le cose a corte da quel momento in avanti. Una volta scoperto il piano Richelieu, invece di soffocare la questione, architettò un castigo esemplare: l'esecuzione pubblica di un gentiluomo di famiglia illustre, il conte di Chalais, e l'arresto per altri implicati nella vicenda. Alcuni di loro morirono in carcere. Da quel momento i giudici nominati dal cardinale iniziarono ad appellarsi senza alcun criterio al delitto di "lesa maestà". Di conseguenza, qualsiasi insurrezione contro l'autorità del re si considerava come un'attacco personale a Luigi XIII e veniva punito con la pena capitale. Un anno dopo un altro nobile illustre, François de Montmorency-Bouteville, fu condannato a morte a Parigi per essersi battuto in duello in pieno giorno, sfidando l'espresso e recentissimo divieto del re.



Daniel Dumonstier
Ritratto di Enrico II di Montmorency
(Portrait d'Henri II de Montmorency)
1625-1630
Olio su tela
59 x 52.5 cm
Parigi, Musée Carnavalet


Il culmine dello scontro di Richelieu con le sfere più in vista dell'aristocrazia arrivò però nel 1632 con l'esecuzione del duca di Montmorency. Membro di una delle famiglie più in vista di Francia e governatore di Languedoc, Enrico di Montmorency si fece coinvolgere in un progetto di insurrezione contro Richelieu guidato dal fratello del re, Gastón. La rivolta, finanziata dagli spagnoli, non trovò appoggi in territorio francese e Montmorency fu catturato dalle truppe del re. Le grandi famiglie del regno supplicarono clemenza ma il Luigi XIII e Richelieu furono implacabili e Montmorency fu decapitato a Tolosa. La sua esecuzione fu accompagnata da una persecuzione generale contro la nobiltà cospiratrice. La Bastiglia si riempì di prigionieri illustri, che d'altra parte furono trattati abbastanza bene. Altri nobili scelsero di emigrare nei Paesi vicini, soprattutto in Flandes e in Inghilterra. Quelli che rimasero nel Paese si lamentavano del clima di paura imperante che faceva in modo che "quasi non si parlava delle proprie miserie nemmeno in casa, con la propria famiglia". In ogni dove risuonavano solo gli elogi ufficiali alla politica del cardinale, che per mantenere questo status quo poteva su una rete di spie e di professionisti negli interrogatori, come il temutissimo Laffemas. Eppure le congiure e gli intrighi non cessarono mai del tutto, anche se verso la fine del mandato di Richelieu i più attivi non erano principi e nobili, ma i gentiluomini che vivevano a Parigi. Ispirati dalla storia classica, sognavano di porre fine alla tirannia di Richelieu assassinandolo come Giulio Cesare. Nel 1636 cercarono di sequestrare e assassinare il cardinale ad Amiens, ma l'attentato fu sventato all'ultimo minuto.



Le Nain
Famiglia contadina in un interno
(Peasant Family in an Interior)
1625-1648
Olio su tela
113 x 159 cm
Parigi, Musée du Louvre

L'aumento delle tasse durante il governo di Richelieu mise in ginocchio migliaia di famiglie contadine


Nel 1641 una nuova cospirazione dei nobili, appoggiata di nuovo dalla Spagna, quasi ebbe successo. La morte accidentale del leader della congiura, il conte de Soissons, salvò Richelieu in extremis. L'anno dopo, poche settimane prima della sua morte, il cardinale smantellò l'ultimo intrigo contro du lui, questa volta tramata da un giovane nobile, il marchese di Cinq-Mars, che aveva cercato di soppiantare Richelieu come uomo di fiducia di re Luigi XIII. Cinq-Mars e uno dei suoi complici, François de Thou, pagarono questo affronto con la vita. Nel 1630 un Richelieu ormai anziano affermava: "Non ho altri nemici che quelli dello stato". Secondo lui, coloro che lo odiavano e cospiravano contro di lui attentavano alla monarchia e contro gli interessi dello stato. In certo modo la storia gli diede ragione: la sua politica repressiva preparò il terreno per il trionfo dell'assolutismo di Luigi XIV, il figlio di Luigi XIII, e inclinò la bilancia internazionale in favore della Francia, a discapito di una Spagna indebolita. Ma tutto ciò ebbe un prezzo: quello di un'antica tradizione di libertà e di indipendenza sacrificata sull'altare dell'impero e della ragione di stato.


"Ho la consolazione di lasciare il vostro regno nel livello più alto di gloria e di reputazione."

In una lettera scritta a Luigi XIII qualche giorno prima di morire

(Cardinale Richelieu)




(Mar L8v)






Gian Lorenzo Bernini
Busto del Cardinale Richelieu
(Bust of Cardinal Richelieu)
1640 circa
Marmo bianco
82 × 65 × 33 cm
Parigi, Musée du Louvre


view post Posted: 4/12/2023, 20:11 by: Cappuccine     +1La magia dei bucaneve nelle leggende - Favole, miti e leggende

La magia dei bucaneve nelle leggende


La leggenda dei Bucaneve


La vita nel bosco era lenta in quei giorni; faceva freddo e soffiava un vento gelido che costringeva tutti, animali grandi e piccoli, folletti e gnomi a restarsene nascosti nelle tane, nei nidi, nelle casette scavate sotto i tronchi degli alberi. II bosco era silenzioso, i suoi abitanti un po’ tristi: sembrava che l’Inverno non volesse andarsene quell’anno. Una piccola fata prima dell’alba, scese tra i rami degli alberi, mentre attorno tutto era ancora immerso nell’oscurità; arrivò silenziosamente, senza svegliare nessuno. Senza farsi sentire cominciò a camminare sul terreno ricoperto di neve. Guardava gli alberi spogli, i cespugli secchi, sentiva il respiro degli animali nelle tane, lo scricchiolio della neve che si staccava dai rami, annusava l’aria per cercare odore di primavera. Ma il vecchio Inverno era ancora lì, immobile, nel bosco.

La piccola fata parlò: “Vecchio Inverno, perché sei ancora qui? II tuo tempo è finito”. La voce del vecchio Inverno risuonò potente nel silenzio del bosco addormentato: “Non voglio andarmene”- disse-“Sono molto vecchio, ormai, e sono stanco. Questo bosco mi piace, voglio fermarmi qui per sempre”. La fatina, con la sua voce più dolce, disse allora al vecchio Inverno: “Non puoi restare qui per sempre. Gli alberi morirebbero per il troppo freddo, gli animali dovrebbero andarsene per non soffrire la fame e il bosco diventerebbe un luogo triste e solitario”.

II vecchio pensò a lungo: “Hai ragione, piccola fata, ma allora, che debbo fare? Non potrò fermarmi mai, in nessun posto”. La piccola fata si avvicinò al vecchio Inverno e gli accarezzò la lunga mano ghiacciata.: “Fatti coraggio amico Inverno, il tuo destino è quello di spostarti di bosco in bosco, di paese in paese. Qui imbianchi i tetti per la gioia dei bambini, lì addormenti animali e piante, ma poi devi andartene, per lasciar posto alla primavera” disse la piccola fata. II vecchio Inverno si alzò, scricchiolando: “Me ne andrò allora a cercare un altro posto dove riposare”. E piano piano cominciò ed allontanarsi.




Eva Francis (1887 - 1924)
Bucaneve e violette (Snowdrops and violets)
1903
olio su tela - 15,2 cm x 20 cm.
Collezione Touchstones Rochdale, Inghilterra


La piccola fata sapeva che Inverno avrebbe impiegato molti giorni per andarsene lontano, ma presto il freddo si sarebbe fatto meno intenso, e gli animali sarebbero usciti dalle loro tane, i folletti e gli gnomi si sarebbero affacciati alle porte con i loro piccoli visi grinzosi. Intanto, la fatina decise di lasciare un segno che facesse capire agli animali che presto sarebbe tornata Primavera. Così, si alzò in volo, e lasciò cadere tra gli alberi e i cespugli una polverina d’oro. Subito, là dove la polverina sfiorava la neve, nacquero dei piccoli fiori bianchi, con il capino piegato verso terra. Erano i BUCANEVE, il primo segno del risvegliarsi della natura dopo il lungo sonno invernale, il primo apparire della primavera tra i ghiacci e la neve.

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La stella del mattino


Il bucaneve è detto “stella del mattino” perché è uno dei primi fiori a spuntare dalla terra verso la fine dell’inverno. Una leggenda racconta che Eva e Adamo, una volta cacciata dal Paradiso Terrestre, furono trasportati in un luogo gelido, buio e dove era sempre inverno. Eva ben presto fu presa dallo sconforto e dal rimpianto, non accettava l’idea di vivere in quelle condizioni. Un angelo ebbe compassione di lei; si dice, che prese un pugno di fiocchi di neve, vi soffiò e ordinò che si trasformassero in boccioli una volta toccato il suolo. Eva, alla vista dei bucaneve, prese forza e si rianimò. I bucaneve sono così divenuti il simbolo della vita e della speranza.



Beryl Fowler (1880 -1963)
Ritratto di donna con bucaneve in mano
(Portrait of a woman holding snowdrops )
1905
olio su tela - 40 x 32 cm.
The Beacon Museum, (Whitehaven, United Kingdom)



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La leggenda del Bucaneve


C’è un bel fiore che nasce quando la neve si scioglie. I contadini lo chiamano il bicchiere della Madonna, perché si dice che un giorno di febbraio Gesù aveva sete. La Madonna andò alla fontana, ma la trovò gelata e disse: “Come farò a dare l’acqua al mio bambino?”. La terra udendo le sue parole, fece spuntare dalla neve un bel fiore bianco dal quale la Madonna prese l’acqua per dissetare Gesù. Questo fiore spuntato dalla neve quasi per miracolo si chiama bucaneve.




Edited by Milea - 5/12/2023, 14:31
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