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Piero di Cosimo Venere, Marte e Cupido (Venus, Mars, and Cupid) 1505 circa Olio su tavola di pioppo 72 x 182 cm Berlino, Gemäldegalerie, Staatliche Museen
I due amanti riposano in un paesaggio estivo: Marte, il dio romano della guerra, si è liberato dell'armatura e dorme in una posa elegante, vestito solo di un perizoma. Di fronte a lui giace Venere, la dea dell'amore quasi completamente svestita, che ha avvolto il figlio Cupido in un velo sottile e lo ha stretto alla vita. Il pittore non mostra nulla dell'andamento della storia in questo tranquillo idillio che, dopo che Efesto, il dio del fuoco dall'aspetto orrendo e marito di Venere, scopre gli amanti, racconta in realtà di tradimenti e vendette. I putti alati si sono impossessati dell'armatura del dio della guerra a riposo e due colombe corteggiatrici rimandano al tema vero e proprio della tavola: la relazione amorosa tra gli dei e quindi l'idea neoplatonica di domare la guerra attraverso l'amore.
Anche il formato orizzontale, in cui i corpi dei giovani si inseriscono con elegante disinvoltura, indica la funzione originaria del quadro. Nell'Italia rinascimentale, pannelli di questo tipo venivano realizzati in occasione di matrimoni e presentati come dote per decorare casse nuziali o mobili. I dettagli pittorici che Piero de Cosimo suggerisce nel morbido piumaggio delle colombe, nei tessuti preziosi, nel tocco gentile e nel naso delicatamente annusato della lepre evocano non solo piaceri sensuali, ma anche allusioni alla storiografia classica e ai miti artistici. La riscoperta dell'antichità ha avuto un ruolo centrale nell'immaginario del Rinascimento italiano.
Il rapporto tra Venere e Marte come allusione erotica all'atto amoroso non è solo un eccellente simbolo dell'armonia e del trionfo dell'amore; la scena inondata di luce gioca anche con una raffinata conoscenza dell'erudizione classico-umanistica; i putti che giocano con l'armatura del dio della guerra rivelano l'esame del mito antico dell'artista ed evocano la famosa opera del pittore greco Aezione. Si dice che abbia dipinto il quadro della prima notte di nozze di Alessandro Magno e Rossane, che mostra gli dei dell'amore che giocano con le armi del sovrano. I putti scherzosi di Piero di Cosimo sullo sfondo del dipinto ricordano questa famosa scena. Il ricordo del famoso dipinto nuziale dell'antichità, che serviva a glorificare il sovrano ellenistico e la sua sposa, non solo può essere stato inteso come una parabola eroica per i committenti, ma colloca anche il suo creatore nella linea diretta di successione dei grandi pittori dell'antichità, con la cui vita gli artisti del Rinascimento iniziarono a riallacciarsi.
Piero di Cosimo allude anche all'antico mito dell'artista con la farfalla, che non è seduta sulle ginocchia di Venere, ma sembra essersi posata sul quadro come un trompe-l'oeil, un motivo di "inganno dell'occhio", ed è quindi destinata a confermare la verosimiglianza della raffigurazione. Anche in questo caso, il creatore si avvale di un antico simbolo di maestria artistica associato al pittore Zeusi, di cui Plinio scrive nella sua Storia naturale che dipinse uve in gara che sembravano così vere che gli uccelli cercavano di beccarle. Così come il poeta è in grado di dare vita alle parole nella descrizione, il pittore ottiene lo stesso risultato con il pennello. I due amanti giacciono in un paesaggio estivo: Marte, il dio romano della guerra, si è tolto l'armatura e dorme, vestito solo di un perizoma, in una posa elegante. Di fronte a lui giace Venere, la dea dell'amore quasi completamente nuda. Ha avvolto il figlio Cupido con un velo sottile e lo ha attirato al suo fianco. In questo tranquillo idillio, l'artista non mostra nulla del prosieguo della storia, che in realtà narra di inganni e vendette quando Efesto, il dio del fuoco dall'aspetto orrendo e marito di Venere, scopre i due amanti.
I putti alati si sono impossessati dell'armatura del dio della guerra che riposa, mentre due colombe corteggiatrici indicano il vero soggetto del pannello: il rapporto d'amore tra le due divinità e quindi l'idea neoplatonica della guerra domata dall'amore. Anche l'ampio formato rettangolare, in cui i corpi in riposo delle giovani divinità si inseriscono con grata facilità, fornisce un indizio sulla funzione originaria del dipinto. Pannelli di questo tipo venivano realizzati nell'Italia rinascimentale in occasione dei matrimoni e presentati come dote per decorare i cassoni nuziali o i mobili. I dettagli del quadro che Piero de Cosimo suggerisce nel morbido piumaggio delle colombe, nelle stoffe preziose, nel tocco gentile e nel naso delicatamente sbuffante del coniglio evocano non solo piaceri sensuali, ma anche riferimenti alle storie classiche e ai miti degli artisti. La riscoperta dell'antichità ha avuto un ruolo fondamentale nell'iconografia del Rinascimento italiano.
Così, il rapporto tra Venere e Marte, riferimento erotico all'amore carnale, non è solo un eccellente simbolo dell'armonia e del trionfo dell'amore; allo stesso tempo questa scena, immersa nella luce, esprime una sofisticata conoscenza dell'erudizione classica e umanistica; i putti che giocano con l'armatura del dio della guerra rivelano l'esplorazione del mito antico dell'artista e rievocano un'opera leggendaria del pittore greco Aezione. Si dice che abbia dipinto una raffigurazione della notte di nozze di Alessandro Magno e Rossane che mostrava divinità dell'amore che giocavano con le armi del sovrano. I putti giocosi di Piero di Cosimo sullo sfondo del quadro sono un riferimento a questa scena. Questo richiamo al famoso quadro nuziale dell'antichità, che glorificava il sovrano ellenistico e la sua consorte, può essere considerato non solo come una parabola eroica per il committente: pone anche il suo creatore in diretta successione con i grandi pittori dell'antichità, la cui vita gli artisti del Rinascimento stavano nuovamente iniziando a esplorare. Piero di Cosimo allude al mito antico dell'artista anche attraverso la farfalla, che non siede sulle ginocchia della stessa Venere ma si è posata sul dipinto in un trompe-l'oeil, un "inganno dell'occhio", confermando così la fedeltà alla vita della raffigurazione. Anche in questo caso, l'autore del dipinto si appropria di un motivo di maestria artistica dell'antichità, qui collegato al pittore greco Zeusi, di cui Plinio riferisce nella sua Storia naturale che in una gara dipinse acini d'uva così fedeli alla vita che gli uccelli cercavano di beccarli.
Come il poeta è in grado di dare vita alle cose descrivendole con le parole, così il pittore raggiunge gli stessi scopi con il pennello...
(Mar L8v)
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