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view post Posted: 16/12/2023, 21:09     +5IL FASCINO DELLE ROVINE NEL DIPINTO - ARTISTICA




Aelbert Cuyp
Il castello di Ubbergen
(Ubbergen Castle)
1655 circa
Olio su tavola di quercia
32.1 × 54.5 cm
Londra, National Gallery


Le rovine di questo castello sembrano essere state assorbite dal paesaggio. Per raffigurare le mura in rovina, Aelbert Cuyp ha utilizzato la stessa tavolozza di colori e gli stessi motivi mimetici usati per i boschi autunnali e la collina retrostante; i riflessi nelle acque ferme del lago danno l'impressione che le torri di pietra e i bastioni diroccati si fondano con l'ambiente circostante. Una nota di dissenso suggerisce che il castello ha ancora forza e significato. La torre di destra è intatta e la guglia del suo tetto conico si infrange contro la linea dell'orizzonte e la vaga nuvola grigia che la sovrasta. È un momento di forza e fiducia, un ricordo dell'antica gloria del castello.


Questo potrebbe aver avuto una certa risonanza per un pubblico contemporaneo che probabilmente avrebbe riconosciuto il castello. Si tratta del castello di Ubbergen, vicino a Nimega, nella provincia olandese della Gheldria. L'edificio trecentesco fu distrutto nel 1582 durante l'occupazione spagnola dei Paesi Bassi e come tale fu visto come un simbolo dell'indipendenza nazionale. Questo dipinto non è datato, ma è stato probabilmente realizzato nel 1655, meno di un decennio dopo il Trattato di Münster (1648), quando gli olandesi ottennero finalmente l'indipendenza dalla Spagna (evento raffigurato da Gerard ter Borch ne Il giuramento di ratifica del Trattato di Münster). Il castello non esiste più: è stato abbattuto nel 1712 e sostituito da una casa.





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Il mantello rosso del pastore e del gentiluomo a cavallo accanto a lui catturano l'attenzione dell'osservatore e si potrebbe pensare che Cuyp lo stia invitando a immaginare la conversazione tra i due. Forse stanno discutendo del ruolo del castello nella loro storia nazionale, mentre le pecore e - in lontananza - il bestiame che pascolano pacificamente sulla riva del lago sembrano suggerire tempi più tranquilli e abbondanti.





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Le formazioni nuvolose contro il blu-oro brillante del cielo sembrano formare un pennacchio, che emerge come il fumo di un vulcano - anche se questo è probabilmente accidentale. Il vulcano vivo più vicino a Dordrecht, dove Cuyp viveva e lavorava, è il Vesuvio, a centinaia di chilometri a sud, e lui non vi si recò mai. Tuttavia, fu fortemente influenzato dagli artisti olandesi che si recavano in Italia, di solito per formarsi e lavorare a Roma. Questi tornarono in Olanda con una predilezione per l'uso di colori più chiari e caldi e per la pittura di cieli mediterranei soleggiati; Cuyp rispose a questo nuovo stile italiano sviluppando la sua caratteristica luce. In genere, ricorda la luce dorata di un pomeriggio di fine estate, anche se forse qui c'è un'atmosfera più autunnale del solito. (Mar L8v)



view post Posted: 15/12/2023, 21:31     +10IL FASCINO DELLE ROVINE NEL DIPINTO - ARTISTICA




Attribuito a Georges Michel
Paesaggio tempestoso con rovine su una pianura
(Stormy Landscape with Ruins on a Plain)
1830 circa
Olio su carta montato su tela
55.7 × 81 cm
Londra, National Gallery


In primo piano a destra si trova il rudere di quello che doveva essere un grande edificio, di cui rimangono solo tre dei muri esterni. A sinistra sono visibili un grande camino e la base di una scala. A sinistra delle rovine, si trova una figura solitaria, infagottata in abiti che la brezza fa volare da un lato. Dietro le rovine il terreno scende abbastanza bruscamente verso la pianura, che è punteggiata da filari di alberi alla maniera dei paesaggi olandesi del XVII secolo. (Un esempio di questi dipinti, che hanno avuto una grande influenza su Georges Michel, è il "Un paesaggio con un castello in rovina e una chiesa" di Jacob van Ruisdael). Un banco di nuvole grigie si staglia cupo all'orizzonte, formando una massa minacciosa a destra del centro, mentre il cielo si schiarisce notevolmente a sinistra.


Michel prese tutti i suoi soggetti dai dintorni di Parigi, compresi i mulini a vento di Montmartre e la pianura di Saint-Denis. Realizza innumerevoli disegni all'aria aperta, che poi elabora in pittura nel suo studio. Questo dipinto può essere associato alla terza e ultima maniera di Michel, che il suo biografo Alfred Sensier definì nel 1873 come "pianure piatte e monotone, colline nere e sterili, tuguri, stagni putridi, rovine orribili, abitazioni miserabili, cieli infuriati, apparizioni meteorologiche, calme spaventose e silenzi glaciali".


L'autenticazione dei paesaggi di Michel è notoriamente difficile perché l'artista non firmava mai le sue opere e aveva numerosi imitatori, il più famoso dei quali è il Barone d'Ivry (Jean-Baptiste Marie Roslin, 1775-1839). In questo caso, mentre il soggetto del dipinto, un paesaggio panoramico sotto un cielo tempestoso, è tipico della sua opera matura, alcuni elementi hanno fatto sorgere dubbi sulla sua paternità. Uno di questi è la pittura cremosa e impastata in primo piano, che è stata applicata più spesso che nella maggior parte dei dipinti di Michel.





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Un secondo elemento è la figura, una forma inconsistente creata con macchie di colore e priva di caratteristiche, a differenza delle figure di Michel. Tra i punti a favore della paternità di Michel vi sono la forte composizione e la maestria del cielo, con i suoi sottili cambiamenti di luce e di buio, e il fatto che sia dipinto su carta, mentre i dipinti dei suoi imitatori sono tendenzialmente su tela. Dopo molti esami e consultazioni, si è giunti alla conclusione (per il momento) che il paesaggio originale è stato probabilmente dipinto da Michel e che a un certo punto è stato sovradipinto da qualcun altro. (Mar L8v)





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view post Posted: 14/12/2023, 21:19     +11VENERE, ADONE E CUPIDO - Annibale Carracci - ARTISTICA




Annibale Carracci
Venere, Adone e Cupido
(Venus, Adonis and Cupid)
Olio su tela
212 x 268 cm
Madrid, Museo del Prado


Venere, la dea romana dell'amore e della bellezza, viene accidentalmente ferita dal figlio Cupido con una freccia, scatenando la sua passione per Adone, una storia d'amore che si concluderà con la tragica morte dell'eroe. La scena si basa sulle Metamorfosi di Ovidio (Libro Decimo), una delle fonti mitologiche più importanti per gli artisti dell'epoca. La composizione e la tecnica pittorica di quest'opera sono un buon esempio delle diverse influenze che l'artista bolognese Annibale Carracci ricevette e reinterpretò nel corso della sua vita.





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Lo sfondo paesaggistico e la luce crepuscolare sono legati al cromatismo veneziano e all'opera di Tiziano, mentre il delicato ma potente classicismo delle figure fu sviluppato dall'artista sulla base della scultura greco-romana e delle opere di Correggio, Raffaello e Michelangelo. Diversi disegni preparatori per quest'opera sono conservati presso la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando a Madrid, la Galleria degli Uffizi di Firenze e il British Museum di Londra, mentre una prima copia si trova al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Capolavoro del più giovane e rinomato membro della famiglia Carracci, fu acquistato da Filippo IV nel 1664 dagli eredi dell'aristocratico genovese Giovanni Francesco Serra (1609-1656). (Mar L8v)





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view post Posted: 13/12/2023, 21:43     +10VENERE, MARTE E CUPIDO - Piero di Cosimo - ARTISTICA




Piero di Cosimo
Venere, Marte e Cupido
(Venus, Mars, and Cupid)
1505 circa
Olio su tavola di pioppo
72 x 182 cm
Berlino, Gemäldegalerie, Staatliche Museen


I due amanti riposano in un paesaggio estivo: Marte, il dio romano della guerra, si è liberato dell'armatura e dorme in una posa elegante, vestito solo di un perizoma. Di fronte a lui giace Venere, la dea dell'amore quasi completamente svestita, che ha avvolto il figlio Cupido in un velo sottile e lo ha stretto alla vita. Il pittore non mostra nulla dell'andamento della storia in questo tranquillo idillio che, dopo che Efesto, il dio del fuoco dall'aspetto orrendo e marito di Venere, scopre gli amanti, racconta in realtà di tradimenti e vendette. I putti alati si sono impossessati dell'armatura del dio della guerra a riposo e due colombe corteggiatrici rimandano al tema vero e proprio della tavola: la relazione amorosa tra gli dei e quindi l'idea neoplatonica di domare la guerra attraverso l'amore.


Anche il formato orizzontale, in cui i corpi dei giovani si inseriscono con elegante disinvoltura, indica la funzione originaria del quadro. Nell'Italia rinascimentale, pannelli di questo tipo venivano realizzati in occasione di matrimoni e presentati come dote per decorare casse nuziali o mobili. I dettagli pittorici che Piero de Cosimo suggerisce nel morbido piumaggio delle colombe, nei tessuti preziosi, nel tocco gentile e nel naso delicatamente annusato della lepre evocano non solo piaceri sensuali, ma anche allusioni alla storiografia classica e ai miti artistici. La riscoperta dell'antichità ha avuto un ruolo centrale nell'immaginario del Rinascimento italiano.


Il rapporto tra Venere e Marte come allusione erotica all'atto amoroso non è solo un eccellente simbolo dell'armonia e del trionfo dell'amore; la scena inondata di luce gioca anche con una raffinata conoscenza dell'erudizione classico-umanistica; i putti che giocano con l'armatura del dio della guerra rivelano l'esame del mito antico dell'artista ed evocano la famosa opera del pittore greco Aezione. Si dice che abbia dipinto il quadro della prima notte di nozze di Alessandro Magno e Rossane, che mostra gli dei dell'amore che giocano con le armi del sovrano. I putti scherzosi di Piero di Cosimo sullo sfondo del dipinto ricordano questa famosa scena. Il ricordo del famoso dipinto nuziale dell'antichità, che serviva a glorificare il sovrano ellenistico e la sua sposa, non solo può essere stato inteso come una parabola eroica per i committenti, ma colloca anche il suo creatore nella linea diretta di successione dei grandi pittori dell'antichità, con la cui vita gli artisti del Rinascimento iniziarono a riallacciarsi.


Piero di Cosimo allude anche all'antico mito dell'artista con la farfalla, che non è seduta sulle ginocchia di Venere, ma sembra essersi posata sul quadro come un trompe-l'oeil, un motivo di "inganno dell'occhio", ed è quindi destinata a confermare la verosimiglianza della raffigurazione. Anche in questo caso, il creatore si avvale di un antico simbolo di maestria artistica associato al pittore Zeusi, di cui Plinio scrive nella sua Storia naturale che dipinse uve in gara che sembravano così vere che gli uccelli cercavano di beccarle. Così come il poeta è in grado di dare vita alle parole nella descrizione, il pittore ottiene lo stesso risultato con il pennello. I due amanti giacciono in un paesaggio estivo: Marte, il dio romano della guerra, si è tolto l'armatura e dorme, vestito solo di un perizoma, in una posa elegante. Di fronte a lui giace Venere, la dea dell'amore quasi completamente nuda. Ha avvolto il figlio Cupido con un velo sottile e lo ha attirato al suo fianco. In questo tranquillo idillio, l'artista non mostra nulla del prosieguo della storia, che in realtà narra di inganni e vendette quando Efesto, il dio del fuoco dall'aspetto orrendo e marito di Venere, scopre i due amanti.


I putti alati si sono impossessati dell'armatura del dio della guerra che riposa, mentre due colombe corteggiatrici indicano il vero soggetto del pannello: il rapporto d'amore tra le due divinità e quindi l'idea neoplatonica della guerra domata dall'amore. Anche l'ampio formato rettangolare, in cui i corpi in riposo delle giovani divinità si inseriscono con grata facilità, fornisce un indizio sulla funzione originaria del dipinto. Pannelli di questo tipo venivano realizzati nell'Italia rinascimentale in occasione dei matrimoni e presentati come dote per decorare i cassoni nuziali o i mobili. I dettagli del quadro che Piero de Cosimo suggerisce nel morbido piumaggio delle colombe, nelle stoffe preziose, nel tocco gentile e nel naso delicatamente sbuffante del coniglio evocano non solo piaceri sensuali, ma anche riferimenti alle storie classiche e ai miti degli artisti. La riscoperta dell'antichità ha avuto un ruolo fondamentale nell'iconografia del Rinascimento italiano.


Così, il rapporto tra Venere e Marte, riferimento erotico all'amore carnale, non è solo un eccellente simbolo dell'armonia e del trionfo dell'amore; allo stesso tempo questa scena, immersa nella luce, esprime una sofisticata conoscenza dell'erudizione classica e umanistica; i putti che giocano con l'armatura del dio della guerra rivelano l'esplorazione del mito antico dell'artista e rievocano un'opera leggendaria del pittore greco Aezione. Si dice che abbia dipinto una raffigurazione della notte di nozze di Alessandro Magno e Rossane che mostrava divinità dell'amore che giocavano con le armi del sovrano. I putti giocosi di Piero di Cosimo sullo sfondo del quadro sono un riferimento a questa scena. Questo richiamo al famoso quadro nuziale dell'antichità, che glorificava il sovrano ellenistico e la sua consorte, può essere considerato non solo come una parabola eroica per il committente: pone anche il suo creatore in diretta successione con i grandi pittori dell'antichità, la cui vita gli artisti del Rinascimento stavano nuovamente iniziando a esplorare. Piero di Cosimo allude al mito antico dell'artista anche attraverso la farfalla, che non siede sulle ginocchia della stessa Venere ma si è posata sul dipinto in un trompe-l'oeil, un "inganno dell'occhio", confermando così la fedeltà alla vita della raffigurazione. Anche in questo caso, l'autore del dipinto si appropria di un motivo di maestria artistica dell'antichità, qui collegato al pittore greco Zeusi, di cui Plinio riferisce nella sua Storia naturale che in una gara dipinse acini d'uva così fedeli alla vita che gli uccelli cercavano di beccarli.

Come il poeta è in grado di dare vita
alle cose descrivendole con le parole,
così il pittore raggiunge gli stessi scopi con il pennello...




(Mar L8v)






view post Posted: 12/12/2023, 21:09     +10IL FASCINO DELLE ROVINE NEL DIPINTO - ARTISTICA




Jan Wijnants
Paesaggio con una donna che guida le pecore attraverso un arco in rovina
(A Landscape with a Woman driving Sheep through a Ruined Archway)
1667
Olio su tela
35.8 × 43.5 cm
Londra, National Gallery


Jan Wijnants si è specializzato nella pittura di paesaggi che evocano la campagna intorno ad Haarlem, dove viveva e lavorava. Si trattava di un'area caratterizzata da antiche dune di sabbia ricoperte da boschi di arbusti e da pascoli aperti, intersecati da tortuose carrarecce.


Era anche disseminata di pittoresche rovine. Molti edifici erano stati distrutti dalle forze di occupazione spagnole al momento dell'assedio di Haarlem, quasi un secolo prima, e non erano mai stati ricostruiti. Queste rovine compaiono solo occasionalmente nell'opera di Wijnants, anche se questo arco lo impressionò molto. Wijnants realizzò almeno altri tre quadri con figure e animali che passano attraverso l'arco o in primo piano.


Di queste opere, questo dipinto si concentra sulle rovine più da vicino e con l'effetto più drammatico. Wijnants ha usato il muro per creare una lunga linea di demarcazione diagonale che va dal primo piano al centro del dipinto. Questa linea è enfatizzata dai tre alberi e da tre segni architettonici: i due portali e, nel bosco più lontano, la lontana guglia di una chiesa. La diagonale enfatizza anche il contrasto tra luce e buio nella composizione. Gran parte del primo piano e del muro sono in ombra profonda, mentre un cielo luminoso dietro occupa la maggior parte del resto del dipinto.


Wijnants prediligeva la rappresentazione di cieli caldi e luminosi, più evocativi del clima mediterraneo rispetto all'atmosfera più fredda e grigia della piovosa costa del Mare del Nord. In questo fu influenzato dagli artisti olandesi conosciuti come gli Italianati, che avevano viaggiato e lavorato in Italia e avevano reso popolare una visione romantica e idealizzata del paesaggio, soffusa della luce dorata del sole del sud.





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La luce bassa penetra attraverso l'arco in rovina, immergendo le pecore e la loro pastorella in un bagliore estivo e proiettando lunghe ombre nella pozza di sole al centro dell'immagine. Il contrasto tra la luce forte e l'ombra profonda è tale che, in un primo momento, potremmo non notare il secondo pastore che si è dileguato nell'ombra per recuperare un paio di randagi con il suo bastone. Questa atmosfera di pace e di quiete alla fine della giornata non è stata creata solo da Wijnants. Le figure e gli animali che sono parte integrante degli effetti di luce raffigurati sono stati aggiunti alla scena dal suo frequente collaboratore Adriaen van de Velde. Era prassi comune che un pittore specializzato aggiungesse figure a un paesaggio di un altro artista, ma in questo caso le figure sono insolitamente importanti per la scena complessiva e sono state aggiunte con particolare sensibilità. (Mar L8v)




view post Posted: 11/12/2023, 21:25     +9Ninfa alla sorgente - A Nymph by a Stream (1869-1870) - Renoir




Pierre-Auguste Renoir
Ninfa alla sorgente
A Nymph by a Stream
1869-1870
Olio su tela
66.7 × 122.9 cm
Londra, National Gallery


Questo è uno dei primi nudi dipinti da Pierre-Auguste Renoir. L'artista ha adottato un approccio artistico tradizionale, ritraendo la donna in un ambiente naturale, sdraiata accanto a un ruscello, come se fosse una naiade (ninfa delle acque) del mondo della mitologia greca. Tali ninfe o spiriti erano associati alle forze della natura stessa. I ruscelli e soprattutto le sorgenti erano considerati una fonte simbolica di vita e Renoir doveva essere consapevole che il tema era stato recentemente esplorato da altri importanti artisti dell'epoca, tra cui Ingres e Courbet.





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La figura sembra essere sdraiata su una riva erbosa fiorita accanto al ruscello, appoggiata con il gomito nel ruscello e lasciando che l'acqua scorra tra le dita. Ma le pennellate di Renoir sono così fluide che non possiamo essere del tutto sicuri di dove finisca la riva e inizi l'acqua. Il titolo, forse originale, può anche essere tradotto come "Ninfa alla sorgente". Quindi forse la donna è effettivamente sdraiata nell'acqua e non accanto ad essa, e i piccoli fiori bianchi sono quelli, ad esempio, del crescione piuttosto che di un prato in riva al fiume. Il modo in cui Renoir ha sfocato i contorni della figura e il modo in cui i suoi capelli con ghirlande sembrano fluire sullo sfondo contribuiscono a dare la sensazione che la donna si stia fondendo con l'ambiente circostante. Tuttavia, Renoir crea un forte contrasto tra i verdi profondi e ombrosi della vegetazione e dell'acqua e la carne bianca e luminosa della donna, modellata con sottili sfumature di rosa e grigio.


Questo quadro è anche, in un certo senso, un ritratto. Invece di idealizzare i tratti della ninfa come avrebbero fatto i pittori contemporanei più accademici come Ingres, Renoir la rende riconoscibile. Si tratta di Lise Tréhot, l'amante dell'artista e la modella di quasi tutte le sue opere durante le prime fasi della sua carriera, tra il 1866 e il 1872, dopo le quali i due sembrano aver interrotto ogni contatto. La donna compare in più di venti dipinti. Poiché diede alla luce una figlia, Jeanne, nel luglio 1870, è possibile che fosse incinta quando fu realizzato questo quadro. Jeanne fu data in adozione e Renoir non riconobbe mai pubblicamente di essere il padre, anche se, dal momento che sostenne segretamente Jeanne finanziariamente per tutta la vita, sembra lecito supporre che lo fosse.


Lise posò anche per quella che si presume essere un'opera di accompagnamento a questo dipinto, L'"Odalisca" (National Gallery of Art, Washington D.C.), in cui è raffigurata in una posa simile ma vestita con un ricco costume orientale (vicino all'Oriente) come se fosse in un harem. I due dipinti hanno quasi esattamente le stesse dimensioni, con la posizione della figura invertita, il che fa pensare che siano stati realizzati per essere appesi l'uno accanto all'altro.




Pierre-Auguste Renoir
Odalisca
(Odalisque)
1870
Olio su tela
69,2 x 122,6 cm
Washington, National Gallery of Art




L'idea di dipingere due volte la stessa modella - vestita in un quadro e svestita nell'altro, con tutti i fremiti che ciò comporta - non era nuova. La formazione artistica tradizionale richiedeva lo studio dei nudi per capire come ritrarre una figura completamente vestita. E l'idea di un doppio ritratto di questo tipo era stata espressa in modo più famoso da Goya nei suoi due ritratti del 1800 circa che raffiguravano una maja vestita e una nuda (termine difficile da tradurre, ma che indica una giovane donna esuberante della classe operaia). Anch'essa è ritratta a figura intera e, come la ninfa di Renoir, fissa l'occhio dello spettatore con uno sguardo diretto. (Mar L8v)



view post Posted: 10/12/2023, 21:21     +10THE VESTAL VIRGIN TUCCIA - Giovanni Battista Moroni - ARTISTICA


"Fra l'altre la vestal vergine pia
che baldanzosamente corse al Tibro,
e per purgarsi d'ogni fama ria
portò del fiume al tempio acqua col cribro"

(Francesco Petrarca, I Trionfi, Il trionfo della pudicizia)





Giovanni Battista Moroni
La Vergine Vestale Tuccia
(The Vestal Virgin Tuccia)
1555 circa
Olio su tela
152.5 × 86.9 cm
Londra, National Gallery


Questo quadro è insolito tra i dipinti profani di Giovanni Battista Moroni: gli altri sopravvissuti sono tutti ritratti. È l'unico dipinto allegorico a figura singola che si conosca ed è probabile che risalga al 1560 circa. La donna potrebbe essere una personificazione della Castità, ma rappresenta anche la sacerdotessa romana di Vesta, Tuccia.


Secondo la leggenda, quando la Vestale Tuccia fu accusata di aver infranto i suoi voti, dimostrò la sua castità trasportando l'acqua del Tevere in un setaccio. Moroni mostra il setaccio come un colabrodo, e la linea dell'acqua è visibile qui appena sopra i fori. Il dipinto reca l'iscrizione: CASTITAS / INFAMIAE NUBE / OBSCURATA / EMERGIT ("La castità emerge dalle nubi oscure dell'infamia"). Questi versi sono tratti dal "Dictorum et Factorum" dell'autore romano Valerio Massimo, un libro di gesta e detti memorabili che fu frequentemente ristampato durante il Rinascimento ed era disponibile in traduzione dal latino.


La storia è citata anche da altri autori antichi. Sant'Agostino, nel suo libro "Città di Dio", cita il setaccio di Tuccia come qualcosa di contrario alle "leggi della natura" che era accettato dai pagani, sebbene i loro filosofi sostenessero l'immortalità dell'anima. Questo passaggio è stato talvolta interpretato erroneamente per suggerire che il miracolo di Tuccia prefigurasse quelli cristiani. Tuccia è stata spesso inclusa in serie di dipinti di donne virtuose realizzati tra il XV e il XVII secolo. Un altro esempio è la tavola di Mantegna "La Vergine Vestale Tuccia con un setaccio", probabilmente proveniente da un mobile, che fa parte di un gruppo di "Due donne esemplari dell'antichità", l'altra rappresenta Sofonisba. Il dipinto di Moroni potrebbe essere stato realizzato come parte di una serie simile, forse per un edificio civico o giudiziario, o forse per un convento.




Andrea Mantegna
Tuccia
La Vergine Vestale Tuccia con un setaccio
(The Vestal Virgin Tuccia with a sieve)
1495-1506
Tempera all'uovo su tavola di pioppo
72.5 × 23 cm
Londra, National Gallery



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Giovanni Battista Moroni
Abatessa Lucrezia Agliardi Vertova
(Abbess Lucrezia Agliardi Vertova)



I seni scoperti della Tuccia di Moroni lasciano perplessi, poiché le Vestali sono di solito rappresentate completamente vestite e velate come le monache pagane. Potrebbe rappresentare sia la Castità che la Verità nuda. Anche la pietra su cui è dipinta l'iscrizione lascia perplessi. La cornice è uno sviluppo di una forma presente nell'architettura classica. Moroni ha utilizzato una tavoletta di forma simile nel suo "Abatessa Lucrezia Agliardi Vertova" del 1557 (Metropolitan Museum of Art, New York). L'inserto in marmo giallo venato è un elemento presente nell'architettura nord-italiana del XVI secolo.





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La posa di Tuccia è una riproduzione speculare di quella di Cristo nella Pala d'altare della Trinità che Moroni dipinse per la chiesa parrocchiale di S. Giuliano in Albino nel 1555-1556. È possibile che abbia riutilizzato lo stesso disegno a grandezza naturale, o cartone animato, al contrario. Anche la posa della testa e del busto è molto simile a quella della Vestale Tuccia di Moretto del 1540 circa (Palazzo Taverna, Roma). Moroni imita spesso le composizioni del suo maestro Moretto o elementi delle sue opere.





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L'ambientazione, il modo di dipingere e la colorazione, se non il soggetto, sono tipici di Moroni. I fori dello scolapasta sono dipinti con macchie di pittura chiara su scura, e altrove con macchie di pittura scura con accanto macchie chiare. In uno o due punti l'artista ha graffiato la pittura umida. Sebbene la mano destra di Tuccia e il colino siano dipinti in modo eccellente, il suo panneggio non è molto dettagliato. (Mar L8v)





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view post Posted: 9/12/2023, 21:35     +11APOLLON - Adam Camerarius - ARTISTICA




Adam Camerarius
Apollo
(Apollon)
1640 circa
Olio su tela
118 x 93,3 cm
Reims, Museum of Fine Arts


Poco si sa della vita e dell'opera di Adam Camerarius. Nato a Groninga, nei Paesi Bassi, si trasferì ad Amsterdam, dove frequentò Govaert Flinck, prima di tornare nella città natale nel 1659 e affermarsi come pittore, soprattutto di ritratti. Gli sono attribuite una trentina di opere, realizzate a partire dagli anni '40 del XVI secolo e costituite in gran parte da ritratti individuali e di famiglia.


Il Rijksmuseum di Amsterdam conserva anche un grande dipinto religioso, "Cristo e il centurione". Chiaramente influenzato dall'opera del più anziano Jacob Backer, sviluppò un tocco molto personale nella resa dei materiali e dei colori, caratterizzato in particolare da un ampio trattamento dei panneggi senza alcun tentativo di realismo.


Apollo è qui raffigurato coronato di alloro e accompagnato dal suo strumento emblematico, la lira. La maestosità del dio è sottolineata dall'ampia toga color porpora con ricche rifiniture dorate, mentre il suo profilo sereno, fortemente ombreggiato, si staglia su un'aureola poco illuminata. La libertà dei capelli, con ampie ciocche che scorrono intorno e persino davanti al viso, contribuisce a ravvivare la monumentalità di questo ritratto.





Adam Camerarius
Cristo e il centurione
(Christ and the Centurion)
1644-1665
Olio su tela
172.5 x 226.5 cm
Amsterdam, Rijksmuseum



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Adam Camerarius
Ritratto di donna come Diana
(Portrait of a woman as Diana)
1644-1659
Olio su tela
111 x 91.7 cm
Groningen, Groninger Museum



Questo dipinto è la controparte di un ritratto di Diana acquisito dal Musée de Groningen nel 2004. Queste due opere formano certamente un ritratto allegorico di un fratello e di una sorella, che riflette il gusto dell'alta società per le rappresentazioni tratte dalle fonti della mitologia antica, come nel ritratto di Louise-Henriette di Orange-Nassau, figlia dello stathouder d'Olanda, ritratta come Diana da Willem van Honthorst nel 1643. (Mar L8v)



view post Posted: 7/12/2023, 21:28     +12L'ADORAZIONE DEI PASTORI - Le Nain - ARTISTICA


E voi, prigionieri, ecco terminata
questa favola di Natale
che è stata scritta per voi.

Non siete felici e forse c'è più di uno
che ha sentito nella sua bocca questo
gusto di fiele, un sapore acre e salato,
di cui parlo.

Ma credo che anche per voi,
in questo giorno di Natale ed in tutti
i giorni che seguiranno
ci sarà ancora della gioia!

Jean-Paul Sartre
(Bariona o il gioco del dolore e della speranza.
Racconto di Natale per cristiani e non credenti)





Le Nain
L'adorazione dei pastori
(The Adoration of the Shepherds)
1640 circa
Olio su tela
109.2 × 138.7 cm
Londra, National Gallery


Un gruppo si riunisce attorno a una mangiatoia per adorare il Cristo appena nato. A destra, la Vergine Maria e Giuseppe guardano con riverenza il bambino, insieme a due piccoli angeli. A sinistra ci sono due ragazzi e un vecchio scalzo: sono i pastori di cui parla il Vangelo di Luca (2, 8-20). Il ragazzo con il cappello e uno degli angeli sembrano aver visto o sentito qualcuno o qualcosa, forse l'arrivo dei Re Magi.





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La scena si svolge tra le rovine di un edificio classico piuttosto che nella stalla descritta nella Bibbia. Tali rovine sono state spesso utilizzate nelle rappresentazioni della Natività per simboleggiare il declino del vecchio mondo pagano con l'ascesa del cristianesimo. Il marmo scheggiato delle colonne e i rampicanti che crescono sulla pietra accentuano il senso di abbandono dell'edificio. L'arco protegge le figure e al contempo conduce lo sguardo verso un edificio lontano e un paesaggio rurale delicatamente dipinto.





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L'artista ha utilizzato una tavolozza sontuosa, contrapponendo il rosso deciso dell'abito della Vergine alle delicate tonalità rosa e verdi delle vesti degli angeli. L'ambiente umile è amplificato dal terreno nudo e dalle tonalità chiare e terrose delle rovine. Le forti ombre in primo piano attirano l'attenzione dell'osservatore sulla luce brillante e radiosa che cade su Cristo Bambino, così come sulla sua delicata aureola. Ulteriori contrasti si trovano tra la bella Vergine idealizzata e il pastore più naturalistico, i cui abiti a brandelli e i piedi sporchi e rugosi ci ricordano la sua povertà.





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Questo naturalismo divenne estremamente popolare all'inizio del XVII secolo grazie alle opere di Caravaggio; l'idea di silhouettare l'asino contro il muro a destra potrebbe avere origine nell'opera di Orazio Gentileschi, un seguace di Caravaggio che lavorava a Parigi. Una grande correzione è visibile appena sopra le ali dell'angelo lilla, dove in una versione precedente della composizione era stata dipinta la testa della Vergine.


Un dipinto di queste dimensioni sarebbe stato realizzato per la devozione privata nella casa di qualcuno, non per una chiesa. Unisce una raffinata eleganza a dettagli naturalistici attentamente osservati: si confronti, ad esempio, la bella Vergine idealizzata con i vestiti a brandelli e i piedi sporchi e rugosi del pastore più anziano. Sebbene non si sappia con certezza chi dei tre fratelli Le Nain - Antoine, Louis e Mathieu - abbia dipinto il quadro, la complessità del soggetto e la scala della composizione lo rendono uno dei più grandi realizzati da loro. (Mar L8v)



view post Posted: 6/12/2023, 21:31     +10GALATEA (Galatée) - Gustave Moreau - ARTISTICA




Gustave Moreau
Galatea
(Galatée)
1896 circa
Inchiostro, tempera, guazzo e acquerello su cartone
37.9 x 27 cm
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza


Nel corso della sua carriera artistica, Gustave Moreau dipinse diverse versioni di Polifemo e Galatea, uno dei miti preferiti dai simbolisti. La scena ricrea il tema della bella e della bestia, simbolo della donna come incarnazione della bellezza irraggiungibile dall'uomo. La versione conservata al Museo Thyssen-Bornemisza è stata messa in relazione con un dipinto a olio esposto al Salon del 1880, anche se la posa di Galatea è molto diversa e la data di esecuzione è successiva.


Moreau, che aveva una chiara predilezione per i temi mitologici e per la ricreazione di atmosfere esotiche ed eccessive, raffigura qui una variegata composizione di flora marina su cui spicca la figura nuda della nereide dai lunghi capelli biondi, semiaddormentata su un arazzo di alghe, che Geneviève Lacambre ha messo in relazione con le ultime pagine del romanzo di Gustave Flaubert "La tentazione di Sant'Antonio", di cui Moreau possedeva l'edizione del 1878.


L'enorme e muscolosa figura del ciclope Polifemo, che si confonde con le rocce della grotta, tiene in mano un flauto di Pan e una pelle di ariete, attributi del pastore Acis, che ha appena ucciso per gelosia. Il mostro, con il suo volto a tre occhi, guarda la giovane donna con un gesto di profonda malinconia. La scena si ricollega anche al tema della "Fata con i grifoni", che per Moreau incarna "la bellezza suprema e regale in quella grotta scoscesa e inaccessibile, sorvegliata dai grifoni che la tengono al riparo dai temibili attacchi del popolo".


Nel catalogo della collezione di Carmen e David Lloyd Kreeger, a cui l'opera appartenne tra il 1965 e il 1977, Charles W. Millard ha commentato che "la ricchezza di colore e la consistenza spessa tipica della sua pittura ci permettono di capire perché Huysmans lo scelse più di ogni altro artista per essere ammirato da Des Esseintes in À Rebours", ovvero che il decadentismo del duca Jean de Floressas trova il suo miglior corrispondente pittorico nella pittura di Gustave Moreau. (Mar L8v)



view post Posted: 5/12/2023, 22:07     +11A SCENE ON THE ICE NEAR A TOWN - Hendrick Avercamp - ARTISTICA




Hendrick Avercamp
Una scena sul ghiaccio vicino a una città
(A Scene on the Ice near a Town)
1615
Olio su tavola
58 × 89.8 cm
Londra, National Gallery


Nel diciassettesimo secolo la "Piccola Era Glaciale" si stabilì sul Nord Europa. I fiumi e i canali in Olanda si ghiacciarono e la gente si avvicinò al ghiaccio per lavoro, per svago e per incidenti. Anche Hendrik Avercamp, che aveva appena iniziato la sua attività di artista, vi si dedicò. Il lavoro della sua vita divenne la rappresentazione di scene invernali piene di incidenti.


Queste sono le persone che conosceva; era cresciuto in mezzo a loro. Sotto la luce grigia di una giornata invernale, ma riscaldata dal rosa tenue di una nuvola che si insinuava su un lato del vasto cielo, continuavano la loro vita quasi immutata - facevano affari, spettegolavano, si occupavano dei bambini, si divertivano - ma accelerando sui pattini.


Sulla destra, un enorme edificio a forma di caserma, reso meno proibitivo da allegri mattoni rossi sfumati dal rosa della nuvola, è forse una birreria. Di fronte, dove la luce sulla neve è più intensa, un vecchio siede su una sedia di legno, con una coperta sulle ginocchia. Si dice che personifichi l'inverno, spesso rappresentato come una persona anziana, rugosa e fragile. L'uomo appoggiato alla vasca di pietra all'esterno dell'edificio sembra non soffrire il freddo, a differenza della giovane donna rannicchiata nella barca incastrata nel ghiaccio vicino a noi, con le mani sotto il grembiule nero per tenerle al caldo. In un angolo, una giovane coppia alla moda sfoggia i suoi nuovi abiti, decisamente eleganti nonostante la brezza gelida che le increspa la fascia.


La vista si apre dietro la dependance alla fine del ponte, con altri episodi che catturano l'occhio curioso. In lontananza, alcuni uomini giocano a kolf, il precursore del golf. Poco più vicino, una madre si china su una piccola slitta di legno per rimboccare le coperte ai suoi bambini. Ma il marito, che tiene le redini della slitta, ha gli occhi altrove. Una giovane donna è caduta. Ha perso il cappello e le gonne sono scompigliate. Un uomo ammantato con un berretto a punta la indica con un salto di gioia mentre le guarda le sottane.


Non tutti sono così frivoli. A sinistra, delle donne signorili passano davanti all'incidente su una slitta trainata da cavalli con un piccolo cavallo bianco sul retro come stemma. Vicino alla dependance, un uomo si affretta a tornare a casa, con la sua lunga canna da pesca su una spalla, facendo penzolare un misero pescato. Dietro di lui un buco quadrato nel ghiaccio tagliato per la pesca. Passa accanto a un gruppo di persone intelligenti che spettegolano, la donna con le mani nel manicotto, il viso coperto da una maschera per coprire la carnagione dal freddo.



Poco più in là sventola orgogliosa una bandiera rossa, bianca e blu. È la bandiera della Repubblica olandese, appena liberata da anni di dominio spagnolo. Avercamp, come molti artisti dell'epoca, si era imposto di rivolgersi ai nuovi cittadini indipendenti che avrebbero acquistato le sue opere. I suoi quadri sarebbero stati appesi nelle loro case per intrattenere e divertire, ma anche per essere considerati con orgoglio patriottico. (Mar L8v)





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view post Posted: 4/12/2023, 22:00     +10RICHELIEU - LA POTENZA DEL CARDINALE FAVORITO - PERSONAGGI


"Datemi sei righe scritte dal più onesto degli uomini,
e vi troverò qualcosa sufficiente a farlo impiccare."

(Cardinale Richelieu)



CARDINALE RICHELEU
IL POTERE DI UN FAVORITO




"Non ho altri nemici che quelli dello stato".

Con queste parole Richelieu giustificò l'implacabile repressione delle rivolte e delle
congiure avvenuta nel corso del suo governo per difendere l'autorità della corona.






Philippe de Champaigne
Triplice ritratto del Cardinale Richelieu
(Triple portrait of Cardinal de Richelieu)
1642 circa
Olio su tela
58,7 x 72,8 cm
Londra, National Gallery


"Io non intraprendo nulla finché abbia considerato se ció sia bene, ma, presa una determinazione, vado direttamente al mio fine; distruggo ed atterro tutto quanto frappone ostacoli al mio cammino, coprendo in seguito ogni cosa col mio mantello rosso", diceva di sé il cardinale Richelieu. D'altro canto il rosso non faceva riferimento solo al suo abito color porpora tipico dei cardinali, ma anche alla sua fama di governante implacabile, che non mostrò la minima esitazione quando affogò nel sangue ribellioni e cospirazioni. Alexandre Dumas, nel suo libro "I tre moschettieri", lo presenta come un personaggio superbo e vendicativo, sempre occupato a macchinare su come difendersi da nemici reali o immaginari, e padrone assoluto della volontà del suo sovrano, Luigi XIII.



Philippe de Champaigne
Il cardinale Richelieu
(The Cardinal of Richelieu)
1633-1640
Olio su tela
260 x 178 cm
Londra, National Gallery





Stemma del Cardinale Richelieu

Candorem purpura servat et dirigit et firmat
Expertus fidelem jupiter
Naturalmente sarebbe profondamente ingiusto ridurre la figura di Richelieu a questa immagine. Nemmeno i suoi più acerrimi nemici avrebbero potuto negarne l'intelligenza né le capacità politiche. Uno dei suoi avversari nel 1635, dopo un'udienza con il cardinale, affermava: "Bisogna riconoscere la verità: quest'uomo possiede delle grandi qualità, un aspetto distinto e proprio di un gran signore, una facilità d'espressione meravigliosa, una mente agile e acuta, una condotta nobile, un'abilità straordinaria per trattare le sue faccende, e una certa grazia in tutto ciò che fa o dice che ipnotizza tutti". La sua fede era sincera ed esigente, non una semplice copertura dietro cui celare la sua ambizione. Durante gli anni del suo governo, dal 1624 al 1642, riuscì a portare avanti una grande riforma politica che rivoluzionò il Paese sotto molteplici aspetti: riforme giuridiche e amministrative, decisive per la centralizzazione dello stato; sviluppo delle relazioni commerciali con l'estero; appoggio alla cultura francese, che scaturì nella fondazione dell'Académie française – istituzione tuttora esistente che veglia sulla lingua e sulla cultura francese – nel 1635.



Philippe de Champaigne
Ritratto di Richelieu
(Portrait of Richelieu)
1642
Olio su tela
58 x 46 cm
Strasburgo, Musée des Beaux-Arts


D'altra parte la sua fama di durezza e persino di crudeltà non è stata un'invenzione degli autori romantici. Prigioni, esilii, esecuzioni pubbliche, rivolte represse duramente marcarono gli anni del suo governo. Per il cardinale tutto ciò aveva una giustificazione: imporre l'autorità suprema del monarca in tutto il Paese, rendere il re di Francia un vero sovrano, al quale tutti i suoi sudditi dovevano una cieca obbedienza. Molti, a quel tempo, desideravano una politica di questo tipo per porre fine a decenni di guerre civili e rivolte e per restituire alla monarchia il suo prestigio internazionale. Ma i metodi di Richelieu crearono un risentimento profondo nel popolo e molti iniziarono a pensare che ciò che realmente cercava il primo ministro era di aumentare il suo potere dispotico e soddisfare un'ambizione smisurata per il comando.



Philippe de Champaigne
Ritratto del Cardinale Richelieu
(Portrait of Cardinal Richelieu)
1639 circa
Olio su tela
222 x 155 cm
Parigi, Musée du Louvre


Ascesa a corte

Richelieu proveniva da una famiglia della piccola nobiltà di Poitou, i Duplessuis. Suo padre aveva iniziato a prosperare grazie al favore dei re, ma morì prematuramente lasciando sua moglie in una situazione non facile. Armand non avrebbe mai dimenticato le difficoltà vissute nella sua infanzia. La sua volontà di emergere ed arrivare alla corte fu per lui una forma di dare alla suafamiglia il prestigio e la ricchezza che credeva gli corrispondesse, alla pari con case nobili tra le più importanti del regno. Ricchezze, titoli e accordi matrimoniali contribuirono a raggiungere quest'obiettivo, coronato nel 1631 con l'ottenimento del titolo di "duque-par", il più alto a cui pteva aspirare. Evidentemente molti non gli perdonarono quest'ascesa meteorica e non smisero mai di ricordargli le sue umili origini.



Henri-Paul Motte
Richelieu sul muro di cinta di La Rochelle
(Richelieu on the Sea Wall of La Rochelle)
1881
Olio su tela
112 x 190.5 cm
La Rochelle, Musée des Beaux-Arts


Ricoprire una carica religiosa fu un importantissimo aiuto che gli spianò la strada. Con la fine delle guerre di religione del XVI secolo in Francia si stava imponendo la Controriforma, uno sforzo per rilanciare il cattolicesimo. La reggenza di Maria de' Medici dopo l'assassino di Enrico IV nel 1610 e fino al raggiungimento della maggiore età del figlio Luigi XIII favorì decisamente questa politica. Nominato vescovo ad appena vent'anni, Richelieu si guadagnò la fama di ecclesiastico rigoroso, dedito ai suoi fedeli fino al punto di arrivare a vivere qualche anno nella piccola diocesi di Luçon. Ma non perse mai di vista i suoi obiettivi di arrivare a corte e l'occasione gli si presentò nel 1615, quando pronunciò il doscorso di Chiusura degli Stati Generali. La sua chiarezza di idee, l'energia e il portamento fecero un'ottima impressione. Poco dopo la reggente gli offrì una carica a corte. In questa fase Richelieu appariva como un uomo fedele alla reggente: perfettamente integrato nel partito appoggiava la politica di Maria volta a rinforzare le alleanze con la Spagna e con il Papato. Dall'altra parte c'era la fazione che si stringeva intorno a Luigi XIII, che si era dichiarato maggiorenne nel 1615 e che nutriva una profonda invidia per Richelieu. Questi fu nominato ministro nel 1617 (anche se ricopriva una mera funzione consultiva) e due anni più tardi cadde in disgrazia insieme alla sua protettrice. Da quest'esperienza Richelieu apprese la pericolosità di una lotta tra due fazioni e quanto fosse precario il favore reale.



Claude Deruet
Ritratto equestre di Luigi XIII in armatura
(Equestrian portrait of Louis XIII in armour)
1630
Olio su tela
108 x 96 cm
Château de Versailles


Il tradimento

Quando il re e la regina madre si riconciliarono, Richelieu potè fare ritorno alla corte. Nel 1622 fu nominato cardinale e due anni più tardi entrò di nuovo nel governo come ministro effettivo. Poco a poco potè conquistare la fiducia di re Luigi XIII, che comprese che il cardinale era l'unico che poteva garantirgli ciò che veramente importava: la gloria di ristabilire la monarchia francese come potenza egemonica in Europa. La consacrazione della sua autorità arrivò nel 1630, in un episodio molto noto della storia francese la giornata degli ingannati. La regina madre, vedendo che il suo antico servitore era sempre più indipendente, decise di fare un ultimo sforzo per recuperare la fiducia del re suo figlio. La mattina del 10 novembre ebbe un colloquio nel palazzo di Lussemburgo con Luigi XVII, durante il quale chiese la destituzione di Richelieu. Il cardinale, introdottosi nel palazzo attraverso un passaggio segreto, fece irruzione nel bel mezzo del colloquio e, comprendendo il pericolo che correva, non esitò a umiliarsi chiedendo perdono alla regina e assicurandole la sua fedeltà. Il re, in una posizione scomoda, abbandonò la sala mentre la regina copriva di insulti il cardinale. Richelieu credette di aver perso il potere e stava preparando la sua uscita di scena. Ma poche ore più tardi ricevette un invito del re a visitarlo a Versailles (che allora era un semplice padiglione di caccia). Lì, Luigi XVII gli reiterò la sua fiducia e ordinò a sua madre di ritirarsi dalla corte. Maria de' Medici aveva perso definitivamente la battaglia: un anno dopo sarebbe partita per l'estero e non avrebbe più rivisto suo figlio, ma non smise mai di denunciare l'ingratitudine del suo antico protetto.



Peter Paul Rubens
Maria de Medici, Regina di Francia
(Marie de Medici, Queen of France)
1622
Olio su tela
130 x 112 cm
Madrid, Museo del Prado


Ma la rivalità di Maria de' Medici non fu l'unica che il cardinale dovette affrontare. C'era anche il fratello minore di Luigi XIII, Gastón, che sentiva di essere stato privato dal primo ministro della posizione di prestigio che, secondo lui, gli corrispondeva di diritto. Molti aristocratici, "principi di sangue" e grandi signori erano d'accordo con Gastón, abituati com'erano a circolare liberamente a corte, a comportarsi loro stessi come sovrani e a cospirare e ribellarsi quando gli faceva comodo. Ma questa condotta secolare sarebbe stata messa in discussione dal ministro, deciso a mettevi fine. Per Richelieu la mancanza di disciplina e i continui intrighi dei nobili contro la monarchia erano la vera causa dell'indebolimento della corona, dentro e fuori le frontiere francesi. Bisognava porre fine a questa situazione ricorrendo a tutti i mezzi necessari. Il primo ministro riuscì a guadagnarsi la fiducia di alcune delle famiglie più in vista del Paese, come i Condé. Ma di fronte agli altri decise di applicare una politica di repressione e mano ferma.



Anthony van Dyck
Ritratto di Gastone di Francia
(Portrait of Gaston de France)
1632-1634
Olio su tela
193 x 119 cm
Château de Chantilly


I nobili al patibolo

In occasione dell'affaire Chalais – un intrigo per imporre il matrimonio a Gastón d'Orleáns nel 1626 – Richelieu ebbe la possibilità di dimostrare per la prima volta come sarebbero andate le cose a corte da quel momento in avanti. Una volta scoperto il piano Richelieu, invece di soffocare la questione, architettò un castigo esemplare: l'esecuzione pubblica di un gentiluomo di famiglia illustre, il conte di Chalais, e l'arresto per altri implicati nella vicenda. Alcuni di loro morirono in carcere. Da quel momento i giudici nominati dal cardinale iniziarono ad appellarsi senza alcun criterio al delitto di "lesa maestà". Di conseguenza, qualsiasi insurrezione contro l'autorità del re si considerava come un'attacco personale a Luigi XIII e veniva punito con la pena capitale. Un anno dopo un altro nobile illustre, François de Montmorency-Bouteville, fu condannato a morte a Parigi per essersi battuto in duello in pieno giorno, sfidando l'espresso e recentissimo divieto del re.



Daniel Dumonstier
Ritratto di Enrico II di Montmorency
(Portrait d'Henri II de Montmorency)
1625-1630
Olio su tela
59 x 52.5 cm
Parigi, Musée Carnavalet


Il culmine dello scontro di Richelieu con le sfere più in vista dell'aristocrazia arrivò però nel 1632 con l'esecuzione del duca di Montmorency. Membro di una delle famiglie più in vista di Francia e governatore di Languedoc, Enrico di Montmorency si fece coinvolgere in un progetto di insurrezione contro Richelieu guidato dal fratello del re, Gastón. La rivolta, finanziata dagli spagnoli, non trovò appoggi in territorio francese e Montmorency fu catturato dalle truppe del re. Le grandi famiglie del regno supplicarono clemenza ma il Luigi XIII e Richelieu furono implacabili e Montmorency fu decapitato a Tolosa. La sua esecuzione fu accompagnata da una persecuzione generale contro la nobiltà cospiratrice. La Bastiglia si riempì di prigionieri illustri, che d'altra parte furono trattati abbastanza bene. Altri nobili scelsero di emigrare nei Paesi vicini, soprattutto in Flandes e in Inghilterra. Quelli che rimasero nel Paese si lamentavano del clima di paura imperante che faceva in modo che "quasi non si parlava delle proprie miserie nemmeno in casa, con la propria famiglia". In ogni dove risuonavano solo gli elogi ufficiali alla politica del cardinale, che per mantenere questo status quo poteva su una rete di spie e di professionisti negli interrogatori, come il temutissimo Laffemas. Eppure le congiure e gli intrighi non cessarono mai del tutto, anche se verso la fine del mandato di Richelieu i più attivi non erano principi e nobili, ma i gentiluomini che vivevano a Parigi. Ispirati dalla storia classica, sognavano di porre fine alla tirannia di Richelieu assassinandolo come Giulio Cesare. Nel 1636 cercarono di sequestrare e assassinare il cardinale ad Amiens, ma l'attentato fu sventato all'ultimo minuto.



Le Nain
Famiglia contadina in un interno
(Peasant Family in an Interior)
1625-1648
Olio su tela
113 x 159 cm
Parigi, Musée du Louvre

L'aumento delle tasse durante il governo di Richelieu mise in ginocchio migliaia di famiglie contadine


Nel 1641 una nuova cospirazione dei nobili, appoggiata di nuovo dalla Spagna, quasi ebbe successo. La morte accidentale del leader della congiura, il conte de Soissons, salvò Richelieu in extremis. L'anno dopo, poche settimane prima della sua morte, il cardinale smantellò l'ultimo intrigo contro du lui, questa volta tramata da un giovane nobile, il marchese di Cinq-Mars, che aveva cercato di soppiantare Richelieu come uomo di fiducia di re Luigi XIII. Cinq-Mars e uno dei suoi complici, François de Thou, pagarono questo affronto con la vita. Nel 1630 un Richelieu ormai anziano affermava: "Non ho altri nemici che quelli dello stato". Secondo lui, coloro che lo odiavano e cospiravano contro di lui attentavano alla monarchia e contro gli interessi dello stato. In certo modo la storia gli diede ragione: la sua politica repressiva preparò il terreno per il trionfo dell'assolutismo di Luigi XIV, il figlio di Luigi XIII, e inclinò la bilancia internazionale in favore della Francia, a discapito di una Spagna indebolita. Ma tutto ciò ebbe un prezzo: quello di un'antica tradizione di libertà e di indipendenza sacrificata sull'altare dell'impero e della ragione di stato.


"Ho la consolazione di lasciare il vostro regno nel livello più alto di gloria e di reputazione."

In una lettera scritta a Luigi XIII qualche giorno prima di morire

(Cardinale Richelieu)




(Mar L8v)






Gian Lorenzo Bernini
Busto del Cardinale Richelieu
(Bust of Cardinal Richelieu)
1640 circa
Marmo bianco
82 × 65 × 33 cm
Parigi, Musée du Louvre


view post Posted: 3/12/2023, 21:11     +12IL DUCA D'ORLEANS MOSTRA LA SUA AMANTE - Eugène Delacroix - ARTISTICA


Nell'uomo l’amore si complica con l’egoismo,
nella donna con la civetteria.
Così, talvolta, l’amore degli uomini è codardo,
quello delle donne infedele.

(Victor Hugo, Oceano, XIX sec.)





Eugène Delacroix
Il Duca d'Orleans mostra la sua amante
(The Duke of Orleans showing his Lover)
1825-1826
Olio su tela
35 x 25.5 cm
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza


Questo dipinto di tema letterario, firmato dall'artista, è stato datato intorno al 1825-1826, dopo il ritorno del pittore dall'Inghilterra, dove aveva soggiornato dal maggio all'agosto 1825. L'opera è nota dal 1832, quando fu esposta al Musée Colbert con il titolo Un giovane signore mostra al suo cortigiano il corpo della sua amante. Qualche anno dopo, nel 1864, all'asta di Frédéric Villot, nella cui collezione era inserita, fu conosciuta come "Il duca di Borgogna mostra l'amante al duca d'Orléans". Altre epigrafi con cui la tela fu pubblicata, e che servono come riferimento per evidenziare la difficoltà di identificazione del soggetto, furono "Il duca di Borgogna mostra l'amante" e "Il duca di Orléans mostra l'amante al duca di Borgogna". La corretta identificazione del soggetto è stata risolta nel 1965, quando il poeta Louis Aragon ha rivelato il soggetto letterario che potrebbe aver ispirato Eugène Delacroix.





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Si tratta di un episodio riportato nell'"Histoire des ducs de Bourgogne" di Barante, ristampata nel 1824. Vi si racconta che il duca d'Orléans, quando era l'amante di Mariette d'Enghien, moglie del suo ex ciambellano Aubert le Flamenc, la mostrò nuda al marito, nascondendole il volto, e lui non riuscì a riconoscerla. Oltre all'opera di Barante, è stata citata una seconda fonte che, per i suoi dettagli espliciti, potrebbe essere il testo utilizzato da Delacroix per la messa in scena della tela. Si tratta di "Les vies de dames galantes" di Brantôme, anch'esso ristampato due anni prima dell'opera di Barante, nel 1822. Nel testo, il duca d'Orléans mostra la sua amante al marito nascondendo il suo volto con un lenzuolo.


La scena è ambientata in un interno buio dove Delacroix ha collocato i tre protagonisti dell'episodio. Seduto alla testa del letto, protetto da pesanti tende, il duca d'Orléans solleva il lenzuolo per mostrare all'illustre visitatore il corpo della sua amante dalla vita in giù. Delacroix, tuttavia, ha reso lo spettatore partecipe dell'inganno del marito, poiché mostra il volto seminascosto dell'amante del duca in penombra. Il pittore ottiene dei buoni contrasti attraverso l'accostamento di colori come il rosso vivo del cuscino su cui Luigi d'Orléans poggia i piedi, il blu delle calze e l'oro dei vestiti. Questi contrasti sono molto belli nella giovane ragazza, la cui carne è studiata contro il bianco delle lenzuola. Le pennellate del pittore si notano senza difficoltà nelle zone più impastate, che corrispondono alle luci più evidenti della scena, e queste luci coincidono con uno degli elementi chiave della storia: il lenzuolo che nasconde l'identità della donna e che viene tenuto in alto dall'amante. (Mar L8v)





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view post Posted: 2/12/2023, 21:49     +13WILLIAM TURNER - IL SEGRETO DEL SUO FAMOSO GIALLO - CAFFE' LETTERARIO


WILLIAM TURNER
IL SEGRETO DEL SUO FAMOSO GIALLO




Il pittore inglese, romantico, capì la rivoluzione industriale:
la natura sovrasta gli umani, è più forte anche del condottiero
apparentemente invincibile. E così pose le basi del pensiero moderno.
Una mostra alla Reggia di Venaria ce lo ripropone.






Joseph Mallord William Turner
Apollo e Pitone
(Apollo and Python)
1811
Olio su tela
237.5 x 145.4 cm
Londra, National Gallery - Tate Britain (Opera condivisa)


Per capire William Turner (nome per esteso: Joseph Mallord William Turner, nato a Londra nel 1775 e qui morto nel 1851), potremmo partire da una vignetta satirica che risale al 1846, dunque quando l’artista era già molto conosciuto, addirittura cinque anni prima della morte. La vignetta, pubblicata sull’"Almanacco del Mese" (oggi nel Fondo J.Paul Getty) raffigura l’artista mentre dipinge intingendo una specie di scopa in un secchio con la vernice gialla, accompagnata dalla didascalia "Turner painting one of his pictures". Ecco, non ci vuole molto per capire che Turner, in vita, non sempre venne capito, spesso fu criticato e assimilato a una massa di artisti stravaganti. Allora, visto che fino al 28 gennaio, nella piemontese Reggia di Venaria, è allestita una mostra con una ricca selezione delle sue opere provenienti dalla National Gallery e dalla Tate di Londra (titolo: Turner – Paesaggi della Mitologia), vale la pena partire da questa vignetta sarcastica per capire qualcosa di più su di lui.



Joseph Mallord William Turner
Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi
(Snow Storm: Hannibal and his Army Crossing the Alps)
1810-1812
Olio su tela
144.7 x 236 cm
Londra, Tate Britain


Il giallo. Sembra un dettaglio, ma nella pittura di Turner si rivelerà fatale. Non che prima di lui il giallo non sia stato usato come colore predominante, pensiamo soltanto a Vermeer . Il problema, però, è che Turner, con una foga crescente negli anni, trasformò tutto — esseri umani, alberi, mari, cieli e montagne — in un grande vortice di giallo. Come se dentro quel colore la luce potesse nascere e morire, inglobando ogni cosa in un destino color miele intenso. È questa la grande critica che gli venne mossa dal suo tempo: Turner voleva essere prima di tutto un pittore di storia, non di paesaggi. E la pittura di storia era considerata molto «in alto» dall’Accademia, qualcosa di nobile. Ma non puoi fare allora un mare giallo o confondere Venezia con un altopiano svizzero perché tutto viene ricondotto alla stessa nuance. Prendiamo per esempio uno dei suoi quadri più famosi, risalente al 1812 (quando l’artista aveva trentasette anni), Bufera di neve: Annibale e il suo esercito attraversano le Alpi: l’esercito del condottiero cartaginese è ridotto a misere figurine che a malapena si scorgono da terra, dominate da una natura misteriosa, potente, dove il giallo, il sempiterno giallo, sconfina in una tinta più fosca.



Joseph Mallord William Turner
La baia di Baiae, con Apollo e la Sibilla
(The Bay of Baiae, with Apollo and the Sibyl)
1823
Olio su tela
145,4 x 237,5 cm
Londra, Tate Britain


Turner è stato un romantico molto particolare. Perché nella sua ostinazione a rivendicare la superiorità della natura sull’agire umano, ha saputo cogliere la velocità e l’irruenza del progresso scientifico e tecnologico. E così il suo senso del sublime si è differenziato molto dal rivale John Constable, fermo nella raffigurazione perfetta delle nuvole e delle colline. Turner si sporcava le mani e voleva sperimentare in prima persona: studiava i trattati sull’elettricità, conosceva i treni a vapore, leggeva persino le teorie del "terribile" Newton, il distruttore del mondo regolato dalle perfette leggi naturali (Goethe definiva le sue teorie "pessima metafisica"). Così in lui convivevano due personalità: il romantico che sfidava le bufere di neve e i dirupi delle Alpi pur di dipingere un particolare orrido montano e l’intellettuale capace di capire che presto la luce naturale sarebbe stata soppiantata dalla luce elettrica. Gialla, molto gialla.



Joseph Mallord William Turner
La storia di Apollo e Dafne
(Story of Apollo and Daphne)
1837
Olio su tavola
198.8 x 109.9 cm
Londra, National Gallery - Tate Britain (Opera condivisa)




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Joseph Mallord William Turner
La morte di Atteone, con una vista lontana di Montjovet, Val d'Aosta
(The Death of Actaeon, with a Distant View of Montjovet, Val d’Aosta)
1837
Olio su tela
111.1 x 149.2 cm
Londra, Tate Britain


Ora osserviamo il dipinto qui sotto, che raffigura una gloriosa nave da guerra nel suo ultimo viaggio, perché diretta verso la demolizione. Il giallo del cielo, il giallo della nave, il giallo del mare. Tutto è avvolto in una luce che da sola segna un destino. Turner usava il paesaggio e le sue gradazioni di colore per documentare fatti storici, come nel famoso dipinto Pioggia, vapore e velocità, dove per la prima volta in un dipinto compare un treno a vapore. La tecnologia entra nella pittura e travolge il disegno, la verosimiglianza, il vedutismo tipico dei pittori di paesaggio. Si capisce allora perché la Venezia di Turner assomiglia a un vortice di giallo, rosa, azzurro. Tutto sfocato, nulla di preciso, niente Canaletto, meglio allora Tintoretto. L’impressionismo sta per prendere forma, ma in Turner c’è un nodo concettuale: non riusciamo più a capire la natura, era il suo pensiero. Ci crediamo superiori, ma le leggi del mondo naturale avranno sempre la meglio. Anche su quegli uomini che la storia ci consegna come invincibili. Anche su Napoleone. E Turner fu ossessionato tutta la vita dall’immagine del generale còrso, non solo perché dedicò un dipinto alla sconfitta di Waterloo, ma anche perché ci ha lasciato un ritratto particolare del condottiero; "War. The Exile and the Rock Limpet", esposto dopo i funerali di Napoleone.



Joseph Mallord William Turner
Il Temeraire da combattimento rimorchiato fino al suo ultimo ormeggio per essere smantellato
(The Fighting Temeraire tugged to her last Berth to be broken up)
1839
Olio su tela
90.7 x 121.6 cm
Londra, National Gallery


L’Imperatore qui è visto in una prospettiva inusuale, lontano dalla gloria e solo, nell’esilio sull’Isola di Sant’Elena. L’ideale chiusura del cerchio romantico di Turner, l’uomo che ha vinto tutto viene sconfitto dal tempo, dal suo naturale fluire. Ecco perché Turner colse un aspetto particolarissimo di Venezia, il suo carattere liquido e luminoso. E con la città ebbe un legame speciale. Arrivò qui nel 1819 avendone già un’idea, perché aveva visto le incisioni delle vedute di Canaletto. Realizzò decine di opere tra olii e acquerelli, ma la reale portata che questa città aveva esercitato su di lui (come ha documentato la mostra "Turner and Venice" , al Museo Correr nel 2011) si conobbe solo dopo la sua morte: nel suo studio vennero trovati dieci taccuini in cui Turner aveva provato ad abbozzare la "sua" personale Venezia, re-inventata attraverso le suggestioni letterarie, Shakespeare e Byron prima di tutti. Una città decadente e persa nella sua luce, dove le architetture sembrano crollare da un momento all’altro, lontanissima dall’immagine della cartolina dei vedutisti. Canaletto è passato, avanza invece Claude Monet... (Mar L8v)



Joseph Mallord William Turner
War. The Exile and the Rock Limpet
1842
Olio su tela
79.4 × 79.4 cm
Londra, Tate Britain

view post Posted: 1/12/2023, 21:41     +14IL FASCINO DELLE ROVINE NEL DIPINTO - ARTISTICA




François Boucher
Paesaggio fluviale con rovine e ponte
(River Landscape with Ruin and Bridge)
1762
Olio su tela
58.5 x 72 cm
Madrid, Colección Carmen Thyssen


Probabilmente nessun altro artista francese ha plasmato lo stile Luigi XV e l'arte della metà del XVIII secolo in generale come François Boucher. Il suo virtuosismo artistico, la protezione ricevuta dalla marchesa di Pompadour e la nomina (nel 1765) a "Premier peintre du roi" sotto Luigi XVI non solo gli procurarono numerose commissioni per Versailles e altre residenze reali, ma lo resero anche uno dei pittori più richiesti dell'epoca. Oltre a realizzare importanti opere decorative per castelli e palazzi di varie città europee, Boucher eseguì numerosi cartoni e bozzetti per la fabbrica di arazzi Gobelins di Parigi e per la fabbrica di porcellane di Sèvres. Allievo di François Lemoyne, ottenne un grande successo con i suoi dipinti mitologici, in cui l'approccio allegorico passava in secondo piano rispetto all'effetto sensuale ed erotico del nudo femminile. Come molti dei suoi dipinti galanti pastorali, di genere e di boudoir, le scene mitologiche furono ampiamente diffuse attraverso le stampe.


Inoltre, nel corso della sua lunga carriera, questo artista di grande abilità commerciale continuò a dipingere paesaggi. Questi due paesaggi fluviali sono stati concepiti in coppia e probabilmente appartenevano in origine a Jean Siméon Chardin, pittore di nature morte e opere di genere. Fanno parte di una serie di paysages realizzati tra la fine degli anni 1750 e l'inizio degli anni 1760. Già a prima vista si può dire che i dipinti non sono rappresentazioni topograficamente corrette di un luogo particolare, ma paesaggi immaginari composti da elementi pittoreschi convenzionali: in uno, un tempio circolare classico, un ruscello, cespugli mossi dal vento e un albero, un vecchio ponte di pietra, alcune pecore e capre; in un altro, una torre medievale in rovina accanto a un torrente sassoso su cui sorge un ponte di pietra, un boschetto e, in ultimo, una casa colonica e dietro di essa una serie di nuvole rocciose.


Il pittore ha popolato entrambe le opere con personaggi di repertorio: un pescatore che osserva una donna che riposa con il suo asino e un'altra donna con un bambino e un cane che sguazzano nel ruscello; un pastore con un cesto di fiori che cerca di conquistare i favori di una giovane donna che riposa all'ombra, in un tipico incontro pastorale. L'impressione di una scenografia teatrale - Boucher ha lavorato a lungo come scenografo - è intensificata dall'artificiosità dei colori. Inoltre, una luce abbagliante, proveniente da sinistra come un riflettore, illumina diverse aree della composizione.


Per molto tempo, fu proprio questa rappresentazione di una natura artificiale a contribuire al successo dell'artista. Da un lato, Boucher esaspera il concetto di natura idilliaca degli abitanti delle città; dall'altro, rende più facile per lo spettatore identificare i singoli elementi architettonici nei paesaggi. Per esempio, come modello per il padiglione circolare scelse il Tempio delle Sibille di Tivoli, di cui aveva fatto uno schizzo durante un viaggio in Italia nel 1730. Questa rovina storica, inserita in un paesaggio ideale costituito da una combinazione di elementi, conferisce all'opera un ulteriore fascino. È chiaro che Boucher giocava con l'esigenza accademica dei pittori di studiare la natura, come dichiarò all'inizio del secolo il teorico dell'arte Roger de Piles: "Gli studi dei paesaggisti devono dunque consistere nel cercare nella natura i begli effetti di cui possono aver bisogno per comporre i loro quadri. Ma si tratta soprattutto di fare una buona selezione tra questi begli effetti della natura".



François Boucher
Il pittore nel suo studio
(Painter in his Studio)
Prima metà del XVIII secolo
Olio su tavola
27 x 22 cm
Parigi, Musée du Louvre


Nell'opera "Il pittore nel suo studio", Boucher esprime programmaticamente l'idea che ogni paesaggista debba rispettare le regole fondamentali della pittura di paesaggio. Se confrontiamo il dipinto sul cavalletto con lo schizzo nel taccuino accanto, è chiaro che la composizione finale è il prodotto dell'immaginazione dell'artista. Il pittore prende ciò che ha tratto dalla natura e inserisce gli oggetti nel quadro a suo piacimento. François Boucher, tanto libero quanto virtuoso nell'uso del suo repertorio di composizioni e oggetti, era in grado di realizzare paesaggi quasi seriali in stile campestre.



François Boucher
Paesaggio fluviale con tempio antico
(River Landscape with an Antique Temple)
1762
Olio su tela
58.5 x 72 cm
Madrid, Colección Carmen Thyssen


Tuttavia, a partire dagli anni Sessanta del XVII secolo, sebbene Boucher continuasse a godere del favore di collezionisti e mecenati, la sua concezione della natura e dell'arte fu messa in discussione dalla critica artistica contemporanea. Al Salon del 1761, Denis Diderot ammira ancora due suoi paesaggi, dipinti per Christian IV, duca di Zweibrücken. Era incantato dalla loro qualità artistica: "Il dipinto ha una grinta. Lo si guarda di nuovo. C'è così tanta immaginazione, effetto, magia e facilità!" Ma sentiva anche che mancavano di autenticità: "Che sovrabbondanza di cose disparate!" Quando Boucher espose alcune pastorali e un paysage al Salon del 1765, lo scetticismo di Diderot si trasformò in rifiuto: "Vi sfido a trovare in tutto il campo un filo d'erba come quello dei suoi paesaggi. E poi c'è una confusione di oggetti accatastati l'uno sull'altro, così spostati, così disparati, che invece di trovarci davanti al quadro di un uomo sano di mente, ci troviamo davanti al sogno di un pazzo [...]. Oso dire che non ha mai conosciuto la realtà; [...] oso dire che non ha mai visto per un istante la natura".



Oggi i paesaggi di Boucher sono considerati il non plus ultra del petit goût, a cui viene imputato il declino della pittura francese. I nuovi protagonisti della pittura di paesaggio furono Hubert Robert e, soprattutto, Claude-Joseph Vernet. Nelle loro opere, il paesaggio sublime sostituisce l'idillio pittoresco. (Mar L8v)





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