Posts written by Milea

view post Posted: 2/11/2023, 13:11     +14Raffaello Sernesi - La punta del Romito vista da Castiglioncello - I Macchiaioli

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Raffaello Sernesi (Firenze, 1838 , Bolzano, 1866)
La punta del Romito vista da Castiglioncello
1864 circa
olio su tela -18 x 67 cm.
Istituto Matteucci, Viareggio


Nato a Firenze in una numerosa e modesta famiglia artigiana (il padre è scrivano di San Frediano) da ragazzino è apprendista presso un incisore di medaglie e successivamente frequenta i corsi all’Accademia di Belle Arti di Firenze fino al 1859, quando abbandona gli studi per problemi economici. Quello stesso anno tenta di arruolarsi come volontario per la seconda guerra d’ indipendenza, ma la madre glielo impedisce.
Nel 1860 è fra i primi a comprendere il valore della sperimentazione macchiaiola e a condividerne il percorso formale, come ben dimostra il dipinto “Cupolino alle Cascine”,che rappresenta il momento immediatamente precedente al raggiungimento del purismo più assoluto dei “Tetti al sole”. Il taglio obliquo del primo piano, le macchie di ombra e quelle di luce che si posano anche sulla sommità della cupola e del muro, i tocchi di pennello che creano la vegetazione, rappresentano i vocaboli principali di questa fase della sperimentazione di Sernesi.

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Raffaello Sernesi
Cupolino alle Cascine. Paesaggio
1860 circa
olio su cartoncino - 12,3 x 19 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma


Nell’aria limpida di un primo mattino, la luce del sole lambisce il viale e gli alberi che lo costeggiano, proiettando tremule ombre sul terreno. Grazie alla sensibilità dell’artista, la maniera intensamente macchiata elaborata dai macchiaioli durante l’estate del 1860, si ingentilisce e diviene elemento strutturale e atmosferico nel felice rapporto fra la via assolata e il fresco ombroso degli alberi, il verde dei quali si trasforma in un pacato fluire dei colpi di pennello, nel biancore a fiocchi delle nuvole, che corrono nel cielo color cobalto.

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Alla promotrice fiorentina del 1861 Raffaello Sernesi espone “Settembre” , una delle sue primissime opere frutto dell’esperienza della macchia, il cui bozzetto è identificabile con un dipinto appartenuto a Diego Martelli, oggi noto come “Ladruncolo di fichi” . Il quadro, di impronta signoriniana, raffigura due ragazzini di campagna mentre rubano dei fichi da un orto. Il meditato rapporto fra le partiture di colore (il bianco calce dei muri, la porta rossa dell’orto, l’azzurro intenso del cielo) esaltate dalle ombre nette nella luce mediterranea, crea le dimensioni prospettiche e spaziali e al contempo suggerisce la sensazione di giocosità trepida e festosa dei ladruncoli nella giornata di fine estate.



Raffaello Sernesi
Ladruncoli di fichi
1861 circa
olio su cartone - 18,2 x13,5 cm.
Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti, Firenze



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Nel 1863 è forse per la prima volta ospite di Diego Martelli a Castiglioncello, dove esegue incantevoli vedute del litorale toscano, come nella tela in esame, e delle case contadine che appartengono all’amico mecenate.


Il punto di vista ribassato e il taglio allungato del supporto impongono la visione ravvicinata del terreno arido, dove l’erba e i radi cespugli crescono a stento fra le rocce bianche. Nell’ariosa limpidezza dell’atmosfera, la luminosità gessosa degli scogli diventa l’elemento che determina la sonorità della gamma cromatica del dipinto, impostata sui meditati rapporti dei verdi e degli azzurri. Il quadro, probabilmente uno dei quattro raffiguranti paesaggi di Castiglioncello esposto alla Promotrice fiorentina del 1864, è tratto da studi eseguiti quell’estate sulla Costa degli Etruschi, a casa di Diego Martelli, di altissima qualità per le annotazioni liriche dell’atmosfera, per il tono solenne ed evocativo di quei paesaggi incontaminati.


Per le celebrazioni del quinto centenario dantesco, nel 1865, esegue una medaglia a conferma di come abbia proseguito ad esercitarsi nell’arte appresa da giovinetto.



Raffaello Sernesi
Ritratto di Dante Alighieri, corona di alloro
1865
medaglia in bronzo - 54 mm.
Villa del Poggio Imperiale, Educandato della S.ma Annunziata, Firenze


L’anno seguente, mentre lavora a un dipinto raffigurante un duello, decide di partire volontario per la terza guerra d’indipendenza. Ferito a una gamba, si oppone all’amputazione; morirà di cancrena all’ospedale civile di Bolzano. Durante il ricovero scrive lettere ad amici e familiari, indicative del suo carattere gentile e affettuoso. (M.@rt)



view post Posted: 2/11/2023, 10:25     +8IL CANE NEL DIPINTO - L'AMICO PIÙ RITRATTO - ARTISTICA



Vitale D’Ancona, detto Vito (Pesaro,1825 - Firenze,1884)
Cane
1874
Olio su tela
60 x 46,5 cm
Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna


La data 1874 indica che il quadro è stato eseguito dal pittore al suo ritorno a Firenze dopo il lungo soggiorno parigino. Vi si rintraccia il gusto per i tessuti preziosi che fanno da sfondo a numerosi ritratti femminili, come pure un tono di intimità familiare dettato dall’espressione vivace e realistica del cagnolino. Le dimensioni della tela sembrano indicare un’intonazione in qualche modo ufficiale e del resto l’animale posa di profilo su un cuscino elegante, al pari di una persona importante. Tuttavia l’immagine che ne deriva è comunque piena di tenerezza, con la semplicità del cagnolino tanto più evidente quanto più sofisticato appare lo sfondo della seta color avorio, che D’Ancona riesce a tradurre con una pittura di alta qualità. (M.@rt)


Edited by Lottovolante - 3/11/2023, 22:35
view post Posted: 31/10/2023, 21:33     +16Telemaco Signorini - Tra gli ulivi a Settignano - I Macchiaioli

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Telemaco Signorini (Firenze, 1835 - 1901)
Tra gli ulivi a Settignano
1885
olio su tela - 35 x 63 cm.
Collezione privata


A Settignano, un piccolo e grazioso paese di campagna nei pressi di Firenze, Telemaco Signorini eseguì molti dipinti: angolature di strade o vedute rurali che condensano sulla tela l’emozione del pittore di fronte alla bellezza ancora intatta di quei luoghi, posti al limitare di una città che la modernizzazione andava allora profondamente mutando. Divenuta capitale del Regno d’Italia per la cui formazione i giovani come Signorini si erano battuti con entusiasmo, essa stava perdendo in quegli anni il proprio assetto antico e caratteristico per conformarsi alle esigenze del nuovo ruolo assunto e l’artista ne documentava alcuni luoghi destinati a scomparire (come il “Mercato Vecchio”) o i numerosi scorci dei vicoli circostanti l’antico ghetto ebraico, sempre di quel decennio, attraverso una pittura descrittiva e minuta, frammentata in pennellate rapide, quasi nell’ansia di fermare l’attimo di una realtà che si percepiva ormai incerta, alla quale corrispondeva la crisi generali dei valori del pensiero positivo, valori già ritenuti assoluti, che Signorini aveva posto a fondamento della propria ricerca di artista oltre che di uomo, traducendoli in una riflessione sul significato della forma pittorica.

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Telemaco Signorini
Mercato Vecchio a Firenze
1882 -1883
olio su tela - 39 x 65,5 cm.
Collezione privata

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Telemaco Signorini
Il ghetto di Firenze
1882
olio su tela - 95x65 cm.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma


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Ne era derivata una esecuzione rigorosa, per contrasti di luce e d’ombra, una metodologia analogica non più sostenibile in un mondo le cui certezze si stavano sgretolando sotto gli occhi di chi ne aveva fatto un tempo la propria bandiera. Lontani ormai gli anni delle polemiche, l’artista fiorentino si era ormai abbandonato al fluttuare labile della pennellata, sfrangiando impressionisticamente la “macchia” secondo il suggerimento dei francesi (del romantico Camille Corot, o di Claude Monet fra i contemporanei, con i quali Signorini ha certamente avuto modo di confrontarsi nei numerosi soggiorni parigini dagli anni settanta in poi), quasi ad assecondare gli impulsi contrastanti di un animo irrequieto.


A tal fine egli aveva prediletto intimistiche suggestioni di paese e località solitari, spesso inquadrati da tagli inconsueti, diagonali o ripidi, che accentuavano il sentimento di instabilità dell’insieme; oppure ricorrendo a variabili luminose, che alteravano la quiete apparente di una giornata di sole. Nella tela “Tra gli ulivi a Settignano” per esempio, il ciglio del viottolo di campagna sbilancia la tela fra il bruno frastagliato della terra in primo piano e il grigioverde delle chiome degli ulivi, che si dissolve nella valle sottostante in una moltitudine di ritocchi, mentre la presenza umana, due piccole figure fra i tronchi contorti delle vecchie piante, decentrata e confusa, quasi si annulla. (M.@rt)




view post Posted: 31/10/2023, 16:46     +10Telemaco Signorini - Processione a Settignano - I Macchiaioli

Telemaco-signorini-processione-a-settignano-P

Telemaco Signorini (Firenze, 1835 - 1901)
Processione a Settignano
1880 circa
Firmato in basso a sinistra: “T.Signorini”
olio su tela - 40 x 27 cm.
Collezione privata (Montecatini Terme)


In una stradina tipica dell’universo suburbano di Firenze, stretta e accompagnata da alti muri eretti a gelosa salvaguardia della proprietà, una processione di uomini, donne e bambini si avvia festosa spargendo fiori al loro passaggio. E’ una giornata di sole e i colori vivaci degli abiti festivi e dei petali dei fiori brillano, enfatizzati dalla pennellata vibrante del pittore, che si compiace nella descrizione del più minuto dettaglio. Settignano è un luogo idilliaco per Signorini, dove la frenesia della sottostante Firenze è un lontano ricordo; vi si arriva attraverso una strada costeggiata da bassi muretti che delimitano poderi, uliveti, campi coltivati e antiche ville con giardini all’italiana. Il quadro appartiene molto probabilmente alla produzione dell’artista fiorentino nei primissimi anni ottanta, quando egli si recava di frequente a dipingere sulle colline di Settignano, dove ancora poteva trovare la quiete contemplativa che la città, divenuta capitale del Regno d’Italia per il breve periodo di sei anni (dal 3 febbraio 1865 al 3 febbraio 1871) aveva perduto.



Telemaco Signorini
Mattina di settembre a Settignano
1891
olio su tela - 58 x 65 cm.
Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, Firenze


In corso di profonda trasformazione, infatti, Firenze andava mutando in quegli anni la sua fisionomia ottocentesca per adeguarsi al nuovo ruolo nazionale e Signorini era il testimone malinconico di tale cambiamento, che documentava con “verve” giornalistica in scorci e vedute delle antiche vie e dei luoghi amati del centro storico, sulla falsariga dei “parigini” Giuseppe de Nittis e di Giovanni Boldini. Ben consapevole che profonde trasformazioni sociali e urbanistiche stanno sconvolgendo il quieto vivere dell’uomo di fine Ottocento, ancora per lo più intento al lavoro dei campi e in stretto rapporto con la natura, l’artista percepisce Settignano come l’ultima roccaforte di un mondo idilliaco che sta scomparendo. A questo spirito, garbatamente documentario destinato in gran parte a compiacere un pubblico di stranieri, appartiene anche la tela “Processione a Settignano”. Ma il sentimento nostalgico per una vita semplice, lenta e sognante che pervade le immagini di Signorini, a differenza di quelle dei suoi due colleghi, spesso avvolto di una luminosità cenerina in cui la documentazione del “vero” assume quasi il sapore di una denuncia, lascia qui il posto a una felicità istintiva della descrizione, che si compiace nel cogliere l’essenza dell’attimo atmosferico e nel gioco palpitante della luce tra le fronde e sulla varia umanità che popola il quadro, trova effetti di impressionistica leggerezza. (M.@rt)




view post Posted: 31/10/2023, 14:18     +10Michele Tedesco - Una ricreazione alle Cascine di Firenze - I Macchiaioli



Michele Tedesco (Moliterno, 1834 - Napoli 1917)
Una ricreazione alle Cascine di Firenze
1863
olio su tela - 63 x 148 cm.
Siglato e datato in basso a sinistra: M.T. 1863
Galleria d’Arte Moderna, Bologna



Michele Tedesco (1834-1917)
Autoritratto
1903
olio su tela
Collezione privata



Michele Tedesco nasce in Basilicata a Moliterno, in provincia di Potenza e studia sotto la guida di Domenico Morelli all’Istituto d’arte di Napoli; nel 1860 sI arruola nella Guardia Nazionale e combatte al seguito di Garibaldi. Fino al 1874 vive a Firenze, condividendo la ricerca figurativa dei Macchiaioli fin dal suo nascere. Amico di Giuseppe Abbati e di Diego Martelli, presso il quale soggiorna a Castiglioncello nell’estate del 1861, insieme a Telemaco Signorini. Il viaggio è documentato da uno studio composto per risentite macchie di colore e raffigura una sosta degli amici sotto le mura di Volterra.

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Michele Tedesco
Sosta sotto le mura (In Volterra)
1861 circa
olio su tavola -46 x 33 cm.
Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze


Nella luce intensa di una giornata estiva i quattro amici si riposano nel triangolo d’ombra proiettato sul terreno dalle mura della città antica; una composizione azzardata nel taglio verticale e nella forte e contrastata scansione cromatica, condotta per macchie compatte di colore, su cui i bianchi hanno un potente risalto corposo. In quadro, un tempo appartenuto a Diego Martelli, raffigura secondo la tradizione la sosta a Volterra di Abbati, Signorini, Tedesco e lo stesso Martelli, durante il primo viaggio a Castiglioncello nell’estate del 1861, per accompagnare Diego nelle terre ereditate dal padre.

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In sintonia con la poetica di Piagentina, l’artista lucano dipinge scene di vita domestica che hanno come protagoniste figure femminili, stilisticamente vicine alla maniera di Odoardo Borrani, colte nell’intimità. Nel 1863 il carattere sentimentale della tela “Una ricreazione alle Cascine di Firenze“ indica la conoscenza dei dipinti vittoriani, forse ammirati a Firenze nelle case dei tanti residenti inglesi, o più probabilmente a lui noti attraverso le illustrazioni di riviste.


La tela raffigura una scena di amabile familiarità fra donne e bambini durante la festa del Grillo, che a Firenze si tiene tutt’ora il giorno dell’Ascensione, nel grande parco lungo l’Arno. La giornata sembra essere giunta al suo termine: le bimbe si acquietano stanche sognando il canto degli insetti prigionieri nelle loro gabbiette di giunco e le due signore in piedi suggeriscono il trascorrere dell’ora. la luce pacata e l’affabilità descrittiva, unite all’atmosfera di dolce sospensione che aleggia nella scena, conferisce al quadro il pathos di un dipinto inglese di epoca vittoriana.

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Julia Hoffmann Tedesco (Wurzburg 1843 - Monaco di Baviera 1936)
L’angelo custode (The guardian angel)
firmato e datato “1912(?)” in basso a sinistra
olio su tela - 58 x 44 cm.
Collezione privata



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Nel 1873 Michele Tedesco sposa la pittrice tedesca Julia Hoffmann, conosciuta qualche tempo addietro in Baviera nel corso di uno dei suoi frequenti viaggi, e lascia definitivamente Firenze, prima per Roma, quindi per Napoli, dove dipinge opere di grande potenza emotiva e stilistica, nelle quali le sue esperienze figurative si fondono alle suggestioni della scuola monacense ispirategli dalla moglie. Nel 1892 ottiene l’incarico di professore di figura all’Istituto d’arte di Napoli, che ricoprirà fino alla morte. La sua produzione negli anni napoletani è cospicua e varia; poche però sono a tutt’oggi le opere note o identificate. (M.@rt)


view post Posted: 30/10/2023, 15:31     +8Silvestro Lega - Alla villa di Poggio Piano - I Macchiaioli

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Silvestro Lega (Modigliana, Forlì, 1826 - Firenze, 1895)
Alla villa di Poggio Piano
1888-1889 circa
olio su tavola -34 x 60,5 cm.
Collezione privata


Nella seconda metà degli anni Ottanta, Silvestro Lega conobbe Angiolino Tommasi, fratello di Ludovico e cugino di Adolfo Tommasi, che cominciò ad ospitarlo per lunghi periodi nella propria villa di Poggio Piano, nella campagna livornese. In quegli anni il pittore fiorentino realizza raffigurazioni di momenti occasionali e piacevoli delle giornate trascorse con i padroni di casa fra il riposo e i passatempi che la vita in villa offriva. Immagini affabili e garbatamente mondane, basate sui valori cromatici dei toni caldi, improvvisamente evidenziati dalla sonorità smagliante dei bianchi e condotte a pennellate rapide e consistenti, tale da suggerire l’ariosità e la luce dell’atmosfera estiva.


Appartengono a quegli anni numerosi ritratti dei suoi ospiti come il “Ritratto di Ludovico Tommasi” e il “Ritratto di Eleonora Tommasi”. Nel ritratto ovale, proiettato sul verde di una folta siepe di arbusti, Ludovico rivela i turbamenti e le perplessità dell’età giovanile. L’espressione leggermente imbronciata e lo sguardo tra il severo e lo stupito, , il giovane indirizza lo sguardo in un punto esterno al campo visivo, quasi a ribadirne la sua scontrosità. Nato nel 1866, l’ultimo dei fratelli Tommasi sarebbe divenuto a sua volta pittore, dopo aver frequentato il Conservatorio. Il suo esordio risale al 1884 quando, appena ventenne, partecipa alla mostra della Promotrice fiorentina con uno “Studio dal vero”.



Silvestro Lega
Ritratto di Lodovico Tommasi
1885 circa
olio su cartone - 37,5 x 29,5 cm.
Galleria d'Arte Moderna, Palazzo Pitti, Firenze



Nel corso della sua lunga carriera, muore infatti nel 1941, evolve costantemente il suo stile adeguandosi alle espressioni più aggiornate, fino a che, dopo la prima guerra mondiale, la sua pittura si fa severa e monumentale, secondo un’interpretazione del classicismo che rimanda idealmente ai grandi esempi di Caravaggio e di Diego Velázquez . A casa Tommasi, nell’affettuoso, quotidiano rapporto con il suo allievo Angiolino, e soprattutto con il cugino di questi, Adolfo, sensibilissimo pittore di soggetti campestri, Lega ritrova la serenità e lo stimolo per lavorare, volgendo la propria ricerca verso una resa più materica della pennellata intrisa di colore. La stesura si fa mossa e s’imbeve di luce; ne è un esempio, soffuso di trepida partecipazione al sentimento della giovane donna, l’immagine di Eleonora Tommasi che, sullo sfondo ombroso di una fitta siepe, si avvicina al volto il mazzolino di fiori e socchiude gli occhi per apprezzarne più a fondo il profumo.
(M.@rt)



Silvestro Lega
Ritratto di Eleonora Tommasi
1884 - 1885 circa
olio su tela - 48 x 40 cm.
Istituto Matteucci Viareggio




view post Posted: 30/10/2023, 13:43     +10Stanislao Pointeau - I renaioli dell’Arno - I Macchiaioli

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Stanislao Pointeau
I renaioli dell’Arno
1861
olio su tela - 100 x 189 cm.
Collezione privata


Avviato alla pittura dai francesi Auguste Gendron e Auguste Lecomte de Roujon, amici di famiglia, inizia fin da giovanissimo a disegnare dal vero nella campagna mugellana; immagini nitide, sorrette da severe inquadrature prospettiche, estranee ad ogni implicazione narrativa. Dal 1855 frequenta gli artisti del Caffè Michelangiolo.



Amos Cassioli
Ritratto di Stanislao Pointeau
1859
Carboncino, carta bianca ingiallita - 49,5 x 32 cm.
Collezione privata



L’inclinazione alla pittura non lo distoglie da un’attività più redditizia come quella di commerciante di vini, che lo costringe a viaggiare per l’Italia. Dal 1856 si reca spesso a Roma cove conosce i giovani artisti senesi, che sono là per il pensionato artistico. Bello e cordiale, si presta a fare da modello agli amici. In quanto francese italianizzato fa probabilmente da tramite fra i pittori toscani e i “pensionnaires” dell’Accademia di Francia, le cui ricerche fondate sul recupero del formalismo si riveleranno tanto importanti per l’evoluzione della maniera macchiaiola. Nella tarda primavera del 1860 nel Vardarno con Signorini, Banti, Borrani e Cabianca, sperimenta un metodo innovativo di rappresentazione nell’intensità della luce del sole.

Nel 1861 partecipa alla prima Esposizione Nazionale con “Renaioli sull’Arno”. Nella tela la luminosità cristallina definisce con nitidezza le sagome degli uomini e degli animali, immobilizzandole controluce nella visione ampia e solenne del fiume. Molti disegni e schizzi testimoniano la lunga e meditata elaborazione del dipinto, che grazie al tono eletto della forma e alle dimensioni monumentali della tela, infonde all’umile soggetto una inconsueta dignità, come venne messo in risalto fin dal secolo scorso, quando il quadro fi esposto alla Prima Esposizione Nazionale, allestita a Firenze all’indomani dell’Unità di Italia.


Come altri macchiaioli, ricerca uno stile più pacato e solenne, meno spavaldamente sperimentale, come testimoniano anche gli studi di paese fatti nel 1862 a Ischia, dove lo raggiunge Raffaello Sernesi, con il quale trascorre intere giornate a dipingere. In quegli anni si reca a Castiglioncello da Diego Martelli; qui Giuseppe Abbati lo ritrae intento a dipingere e con il quale condivide alcuni tratti stilistici, quali la fluidità e la leggerezza delle pennellate.



Giuseppe Abbati
Il pittore Stanislao Pointeau
1862-1863
olio su tavola - 35,5 x 20 cm.
Viareggio, Istituto Matteucci


Nel 1865 partecipa alla mostra per le celebrazioni del centenario dantesco e in seguito si trasferisce a Pisa, dove, preso dal suo lavoro, abbandona quasi del tutto l’arte, annullando in breve tutti i contatti con il mondo artistico. Muore nel 1907, probabilmente a causa della sifilide, contratta anni addietro. (M.@rt)







view post Posted: 30/10/2023, 09:19     +10IL CANE NEL DIPINTO - L'AMICO PIÙ RITRATTO - ARTISTICA



Giacomo Antonio Melchiorre Ceruti, detto il Pitocchetto (Milano, 1698-1767)
Una giovane donna con due cani (A young lady with two dogs)
18° secolo
Olio su tela
81,3 x 61 cm.
Collezione privata


Giacomo Antonio Melchiorre Ceruti è stato un pittore italiano del tardo barocco, attivo nell'Italia settentrionale a Milano, Brescia e Venezia. Acquisì il soprannome di Pitocchetto (il piccolo mendicante) per i suoi numerosi dipinti di mendicanti e contadini vestiti di stracci. Ceruti realizzò alcune delle opere figurative più acute e naturalistiche della sua epoca, applicando lo stesso occhio acuto e attento ai suoi personaggi dell’alta borghesia come quando ritraeva la gente comune dei suoi quadri di genere o le immagini idealizzate di giovani donne.


L’opera in esame è tipica di quest’ultimo tipo, con lo sguardo accattivante ma morbido dell’elegante signorina, magistralmente eseguita mentre si stringe protettiva al suo cagnolino. Come dimostra questa immagine così caratteristica, Ceruti ritraeva le sue figure a mezzo busto in modo da evidenziare le sottigliezze del carattere psicologico della protagonista, fornendo allo stesso tempo un’idea estremamente raffinata e realistica del soggetto. Lo sfondo spoglio su cui si staglia la signora non fa che accentuare questo senso di realismo, che viene ulteriormente esaltato dalla capacità di Ceruti di rendere in modo nitido i tessuti, i panneggi e la pelle. (M.@rt)




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Fabio Cipolla (Roma 1852 - 1935)
Signora con cane
1911
Olio su tela
84,2 x 53,2 cm.
Collezione privata





Edited by Milea - 30/10/2023, 09:37
view post Posted: 28/10/2023, 21:21     +10Niccolò Cannicci - Le gramignaie al fiume - I Macchiaioli

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Niccolò Cannicci (Firenze 1846 - 1906)
Le gramignaie al fiume
1896
olio su tela - 151 x 280 cm.
Ente Cassa di Risparmio di Firenze


Niccolò Cannicci appartiene alla seconda generazione dei pittori cosiddetti Macchiaioli, artisti che fortemente subirono il fascino della pittura impressionista francese. Iniziato all’arte dal padre, frequenta l’Accademia di Belle Arti dal 1862 al 1865. Per problemi di salute lascia Firenze per San Gimignano. In campagna la sua pittura, già orientata verso i temi soffusi di lirismo evocativo, indugia con ancor più intima sensibilità sui soggetti campestri che, in sintonia con le correnti naturalistiche europee, suggeriscono la nostalgia per una quiete e una serenità antiche in contrapposizione alle novità del progresso e alla precarietà culturale che ne deriva. Nel 1875 si reca a Parigi con Giovanni Fattori e gli amici Francesco Gioli e Egisto Ferroni dove studia in modo approfondito la pittura rurale francese.



Se nei primi anni di attività predilige lavorare su tele di dimensioni modeste, col tempo preferisce il grande formato che contribuisce a rendere i soggetti umili e semplici a lui cari, fondendo agli insegnamenti accademici un tocco minuto, rapido e leggero, affine a quello di Telemaco Signorini, con effetti che sembrano tradurre nella forma il suo stato d’animo inquieto. Nel 1891 è internato all’ospedale psichiatrico di Siena, per il grave stato fisico e mentale; vi rimane due anni durante i quali ritrae a matita i malati su un taccuino, che poi donerà a Diego Martelli. Nel 1893 si stabilisce a Montemiccioli, in una campagna ancora più isolata, ma sempre in contatto con gli amici macchiaioli Signorini e Gioli.


Nella tela “Le gramignaie al fiume” Niccolò Cannicci raffigura una visione ampia e dilatata di un fiume dalle acque basse, concepita in modo tale da ravvicinare sensibilmente l’immagine delle donne, intente al lavoro umile e faticoso. Nella giornata mutevole i raggi del sole al tramonto filtrano tra le nuvole e creano sul pelo dell’acqua e sul terreno il medesimo gioco di sfumature dai toni rosacei che incrinano le superfici perlate del fiume e del cielo.


Nella pennellata che rende l’acqua increspata dal lavoro delle donne che raccolgono fasci di erbe fluviali si coglie, un’eco di quella poesia della luce che spopolava a Parigi negli ultimi decenni dell’Ottocento.
Il colore si spezza e vibra in tocchi veloci e luminosi soprattutto sullo sfondo del tramonto che scende sulla palude e sulle sue monumentali eroine. Un metodo moderno di rendere i valori luminosi della scena, aggiornato sulle tecniche divisioniste elaborate in Toscana da Plinio Nomellini e da Giuseppe Pellizza da Volpedo e ottenuto grazie alla stesura ricca di materia e formata a tocchi brevi e ravvicinati, per giustapposizione dei colori. Il tono solenne della scena contadina rivela l’interesse del pittore per i soggetti rurali della pittura francese, soprattutto di Jules Breton. (M.@rt)



view post Posted: 28/10/2023, 21:08     +13IL RICHIAMO DELLE SPIGOLATRICI - Jules Breton - ARTISTICA

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Jules Breton
Il richiamo delle spigolatrici (Le Rappel des glaneuses)
1859
olio su tela - 90 x 176 cm.
Parigi, Musée d’Orsay


Nel quadro Richiamo delle spigolatrici, Jules Breton ritrae una scena comune di vita contadina a Courrières, suo paese d’origine in Artois, regione storica della Francia settentrionale. L’artista sceglie di ritrarre le spigolatrici non al lavoro come aveva fatto due anni prima Jean-François Millet ma al momento di lasciare i campi. Molti elementi del quadro indicano che la scena si svolge alla fine della giornata: lo spicchio di luna che sorge, visibile in alto a sinistra della tela, la presenza di un sorvegliante dei campi, appoggiato ad un cippo che, con le mani attorno alla bocca, chiama a raccolta le lavoratrici e, soprattutto, il tramonto del sole, dietro gli alberi, che conferisce al quadro quella calda luce dorata tipica delle tarde ore pomeridiane.


Nonostante la presenza di alcuni dettagli realisti come le vesti logore e consunte delle donne o i piedi nudi delle donne, il pittore ha completamente idealizzato la scena. L’eleganza dei gesti, il portamento fiero ed altero delle contadine, la grande ricercatezza della composizione conferiscono all’insieme un aspetto nobile e poetico. Mettendo da parte la rappresentazione di una straziante povertà, come aveva fatto agli inizi della sua carriera e privilegiando una visione idilliaca e pittoresca del mondo del lavoro, Jules Breton conquista i favori della critica e del pubblico.


Presentata al Salon del 1859, l’opera ottiene un enorme successo suscitando perfino l’attenzione dell’imperatrice Eugenia, che fa inserire la tela sulla lista civile di Napoleone III. Inizialmente esposto al castello di Saint-Cloud il quadro, nel 1862, grazie ad una donazione dell’imperatore, entra a far parte delle collezioni del museo del Luxembourg che, all’epoca, esponeva le opere degli artisti ancora in vita. (M.@rt)




view post Posted: 28/10/2023, 20:14     +14IL FIENO (IL FIENAIOLO) - Plinio Nomellini - I Macchiaioli

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Plinio Nomellini (Livorno, 6 agosto 1866 - Firenze, 8 agosto 1943)
Il fieno (Il fienaiolo)
1888
olio su tela - 178,5 x 150,5 cm.
Museo civico Giovanni Fattori, Livorno


Plinio Nomellini nasce da una famiglia borghese, il padre è funzionario di Dogana, a Livorno, dove inizia a formarsi con il pittore Natale Betti; dal 1885 è all’Accademia di Belle Arti di Firenze, allievo di Giovanni Fattori. Inizia ad esporre nel 1886 all’esposizione annuale della Società Promotrice di Belle Arti di Firenze. Il primo successo arriva due anni dopo con la tela “Il fieno”, dipinta dal pittore livornese a ventidue anni, che segna un momento decisivo nel suo percorso: inizia infatti con quest’opera il superamento degli insegnamenti del suo maestro Giovanni Fattori e del colore dato per “macchie”, aprendo la strada all’uso di colori puri stesi per filamenti accostati (che porterà di lì a poco Nomellini e altri artisti alla corrente del “Divisionismo”) e a una nuova attenzione per la luce. Il dipinto viene presentato con grande successo all’esposizione della Società Promotrice di Belle Arti di Firenze del 1888, tanto da essere scelto per l’Esposizione Universale di Parigi nel 1889.


In un campo di erba secca, sotto un sole cocente, avanza un giovane contadino col viso in ombra protetto da un cappello di paglia, un fascio di fieno nella gerla sulle spalle e un falcetto appeso al collo. Alle sue spalle, macchia scura sullo sfondo, è un altro contadino impegnato a domare un cavallo imbizzarrito. L’orizzonte alto e inclinato, ripreso da Fattori, separa una lingua di terra bruna dal cielo grigio-azzurro. La composizione è inondata di luce, vera protagonista del dipinto, mentre il colore si sfilaccia in lunghe e sottili pennellate. Il dipinto è rimasto a lungo di proprietà della famiglia Nomellini, fino a quando i figli del pittore, Vittorio e Alceste, lo donano nel 1949 al Comune di Livorno per il Museo civico insieme all’”Autoritratto” e a venti disegni dell’artista. L’opera viene subito esposta nella sede in Villa Fabbricotti, inaugurata il 4 giugno 1950. (M.@rt)



Plinio Nomellini
1915
Autoritratto
olio su tela - 45 × 65 cm.
Museo civico Giovanni Fattori, Livorno







Edited by Milea - 16/12/2023, 14:59
view post Posted: 27/10/2023, 19:41     +14Adolfo Tommasi - Idillio - I Macchiaioli

Adolfo-Tommasi-IdillioP

Adolfo Tommasi (Livorno, 1851 – Firenze, 1933)
Idillio
1884
olio su tela - 64 x 101 cm.
Ente Cassa di Risparmio di Firenze


Adolfo Tommasi, dopo gli studi con Carlo Markò figlio che lo avvia alla pittura di paesaggio, esordisce nel 1876. A quel tempo l’amicizia con Silvestro Lega, assiduo frequentatore della sua famiglia, lo avvicina al gruppo dei Macchiaioli e determina una svolta decisiva della sua maniera artistica. Medita con coerenza le manifestazioni letterarie del naturalismo, prime fra tutte quelle di Émile Zola in sintonia con le quali esegue opere basilari del suo percorso figurativo. In sintonia anche con la poetica di Francesco Gioli, si dedica a scene di vita contemporanea percorse da una garbata frivolezza: ne è un esempio “Idillio”, in cui la pittura “a macchia” della prima formazione si unisce a tocchi vibranti e veloci di eco impressionista.



Nella tela “Idillio” due giovani conversano amabilmente, separati da un’incannucciata che limita il campo coltivato. L’incontro dei due amanti è immerso nei caldi colori della campagna; alla stesura piatta del crema della giacca del giovane si contrappone il bianco vibrante del vestito della ragazza. La staccionata interrotta attraverso la quale si parlano i due giovani divide la scena, creando un’atmosfera graziosamente furtiva. Il senso di trepidazione del loro animo è suggerito dal tocco leggero e nervoso della pennellata che descrive in punta di pennello le piante selvatiche, le spighe mature e le foglioline di alberi e cespugli che rompono la visione del cielo pallido e velato di nuvole leggere.


L’inquadratura che dilata il primo piano della scena ambientata lungo un sentiero di campagna, soffermandosi sul terreno scabro e sassoso e l’erba incolta, accentua il carattere di immediata naturalezza dell’immagine, ribadito dalla diagonalità della composizione. I suoi quadri si distinguono per la gamma di toni delicati, rialzata da abili effetti di controluce; con gli anni l’insistita attenzione agli effetti luministici e atmosferici lo porterà ad assumere uno stile genericamente impressionista. (M.@rt)




view post Posted: 27/10/2023, 16:38     +11Silvestro Lega - L’educazione al lavoro - I Macchiaioli

LEGA-educazione-al-lavoroP

Silvestro Lega (Modigliana, Forlì, 1826 - Firenze, 1895)
L’educazione al lavoro
1863
olio su tela - 91,5 x 67 cm.
Collezione privata


La tela è una delle prime opere dipinte a Piagentina, dove il pittore visse anni sereni con la compagna Virginia Batelli, quasi certamente la donna qui raffigurata. Alla purezza del disegno, si coniuga la semplicità della composizione che trae origine dalle austere geometrie costruttive dei quattrocentisti toscani. Un soggetto pervaso di sentimento per la semplicità e la quiete di un mondo femminile capace di tramandare nei secoli abitudini e gesti quotidiani; nella stanza severa, arredata con decorosa modestia, una giovane donna vestita di bianco dipana una matassa con l’aiuto di una bambina che, seduta su uno sgabellino ai suoi piedi, la guarda silenziosa e compunta.


La luminosità chiara della giornata senza sole, entra dalla finestra aperta sulla campagna e definisce, in un prezioso effetto di controluce, le fisionomie e i gesti delle protagoniste, infondendo al loro muto colloquio il tono sospeso di una poesia evocativa. Il nitore del disegno di matrice purista si coniuga all’eletta semplicità della composizione, memore delle severe geometrie costruttive della pittura dei quattrocentisti toscani, a conferma di quella volontà dei Macchiaioli, che Lega aveva fatto propria, di applicare anche ai linguaggi e ai valori della tradizione pittorica il rigido metodo dell’analisi positiva con cui essi indagano la realtà.


La luce limpida descrive con analitica lentezza lo stipite modesto e gli oggetti sulla tavola: un calamaio, dei libri accostati con libertà al cuscinetto da lavoro, la panierina del cucito evocativi dell’educazione coltivata dalla donna e più genericamente della semplicità e della quiete di un mondo femminile in grado di tramandare abitudini quotidiane, ritenute immutabili nel tempo. Ma, al contrario, quel mondo stava cambiando rapidamente incalzato dal progresso, incurante dei valori e della storia e Lega, che ne presagiva la fine, intesse un sentore di rimpianto, di malinconica sospensione alle scene d’interno dipinte a Piagentina, di una serenità domestica apparentemente intramontabile. Il rigore della forma ha come nobile riferimento la monumentalità austera della pittura di Piero della Francesca, da cui dipende anche il profilo di luce che delinea i volti e i gesti delle figure.


Fu dopo la prima esposizione italiana, allestita a Firenze nel 1861, che Lega “ritiratosi in campagna si dette anima e corpo allo studio diretto del vero e a cercare se stesso nella natura […], non provando altra emozione che dipingendo scene d’intimità familiare e di vita campagnola, nella pace solenne dei vespri d’estate sulle rive dell’Arno e particolarmente dell’Affrico dove abitava”. (Telemaco Signorini. Il dipinto fu presentato quell’anno alla mostra della Società Promotrice di Firenze e l’anno seguente a quella di Genova. Rintracciata in epoca recente, la tela è stata pubblicata per la prima volta nel 1984. (M.@rt)





Edited by Milea - 31/10/2023, 12:03
view post Posted: 27/10/2023, 15:47     +9Francesco Gioli - Ritratto di Diego Martelli - I Macchiaioli

Gioli-Ritratto-di-Diego-MartelliP

Francesco Gioli (San Frediano a Settimo di Cascina, Pisa 1846 - Firenze 1922)
Ritratto di Diego Martelli
1888
olio su tela - 122 x 85 cm.
Galleria d’Arte Moderna Palazzo Pitti, Firenze


Diego Martelli è qui raffigurato dall'amico Francesco Gioli, all’età di quarantasei anni, in un elegante interno borghese attorniato dai suoi libri e dalle sue carte, intento a fumarsi un sigaro. Il ritratto rivela anche la conoscenza della pittura francese, che Francesco Gioli ebbe modo di ammirare nei suoi numerosi viaggi a Parigi. “Non avendoti più visto martedì per venire da me a posare ed avendo domandato alla signora Ernesta quando tornavi in qua e non sapendo essa nulla di preciso, mi rivolgo a te pregandoti di volermi dire quanto pressa a poco potresti disporre di qualche giorno. Devo muovermi per qualche giorno ho da fare cose ma però posporrei a tutto questo il tuo ritratto perché sento che in questo momento ne ho proprio voglia” : così il pittore scriveva all’amico nel marzo del 1887, e l’entusiasmo creativo che traspare dalla missiva si riflette appieno nell’immagine colma di vita del ritratto.


Il realismo della resa, accentuato dal timbro cromatico, mette in risalto l’indole cordiale e la concezione intellettuale di Diego Martelli, che fin dalla giovinezza abbraccia il più spavaldo positivismo; non a caso il pittore lo ritrae in piedi fra le sue carte e con il sigaro acceso, quasi a suggerirne il piglio combattivo e intransigente. Per espressa volontà di Diego Martelli il ritratto fu destinato alla Congregazione di Carità del Comune di Firenze, dove fu esposto. (M.@rt)



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