IL TRIONFO DI ZEFIRO E FLORA - Giambattista Tiepolo, 1732, Museo del Settecento Veneziano, Ca’ Rezzonico, Venezia

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Milea
view post Posted on 3/2/2024, 18:24 by: Milea     +13   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 - Madrid 1770)
Il trionfo di Zefiro e Flora
1732 ca.
olio su tela ovale - 395 x 225 cm.
Museo del Settecento Veneziano, Ca’ Rezzonico (Sala Longhi), Venezia


Questa tela, giunta alla collocazione attuale nel 1936 proveniente da Palazzo Pesaro, in origine faceva parte della decorazione ben più ampia, in tela e ad affresco, del primo piano di Ca’ Pesaro, eseguita da diversi pittori veneziani nel 1732 in occasione del matrimonio fra Antonio Pesaro e Caterina Sagredo. Gli sposi appartenevano a due fra le più importanti e ricche famiglie della città che, nel secolo precedente, avevano dato, ciascuna, un doge alla Serenissima. Il matrimonio fu sfortunatissimo: Antonio infatti morì di lì a poco, lasciando la consorte vedova e senza figli. Essendo Tiepolo impegnato a Milano tra il 1730 e il 1730 a Milano, dove lavorò alla decorazione dei palazzi di due nobili famiglie locali, gli Archinto e i Dugnani, pare del tutto probabile che egli abbia eseguito questo soffitto immediatamente dopo aver il rientro a Venezia, nei primi mesi dello stesso 1732.


La grande tela da soffitto mostra Flora, l’antica divinità della primavera, abbracciata a Zefiro, il caldo vento di ponente che fa rinascere la natura dopo i rigori dell’inverno. Come ovvio, data la particolare occasione dell’esecuzione del dipinto, esso ha un preciso significato beneaugurante nei confronti dei nobili sposi: la compresenza di Zefiro, uno dei venti della mitologia pagana, e di Flora, dea dei fiori, allude infatti alla rinascita della terra, alla primavera e quindi alla fecondità.


L’esecuzione dell’opera viene a cadere in un momento particolare della carriera di Tiepolo, quando muta sostanzialmente il proprio modo di dipingere. L’intonazione notturna e il violento contrasto di luce dei dipinti giovanili sono sostituiti da colori caldi e ombre colorate. Una tersa luminosità conferisce alle figure uno spessore di verità: nonostante l’anatomia idealizzata, esse si presentano in tutta la loro terrena bellezza. Secondo un espediente che egli è caro, Tiepolo contrappone alla candida nudità del personaggio femminile la pelle scurita dal sole del protagonista maschile, cui assegna ali trasparenti di libellula, che sembrano frinire davanti all’osservatore.


Nella realizzazione di quest’opera Giambattista Tiepolo pare essersi ispirato soprattutto ai modelli di Sebastiano Ricci, issando le due giovani divinità su una nuvola scura che si staglia contro il cielo e utilizzando un’intensa illuminazione, che proviene da sinistra e che provoca uno splendido effetto di luci e ombre, contribuendo a evidenziare ogni elemento della scena, dalle ali di libellula di Zefiro e dei numerosi amorini volanti che gli stanno accanto, che si fanno quasi trasparenti, fino all’eccezionale particolare della corona di fiori che la stessa divinità tiene in mano, eseguita in punta di pennello.



Pur apparentemente così aerea e spontanea, la scena risulta costruita con grande sapienza: l’equilibrio dei due corpi fluttuanti nel cielo è dato dal gioco delle braccia che si alzano e si allargano e dalle gambe divaricate nello scorcio del sotto in su.



Dopo essersi largamente ispirato al linguaggio enfatico della pittura barocca, l’ancora giovane Tiepolo celebra in questo ovale da soffitto il tema della fecondità primaverile attraverso la gaia e terrena carnalità dei personaggi raffigurati. (M.@rt)




 
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