Personaggio (Personnage), Joan Mirò, 1970

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view post Posted on 10/9/2023, 15:30     +11   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Personaggio-P

Joan Miró
Personaggio (Personnage)
1970
Bronzo a cera persa, osso, acciaio, sabbie di fonderia, legno
122 x 46 x 27 cm.
Parigi, Centre Pompidou


La scultura è composta da un assemblaggio di elementi eterogenei: oggetti trovati (un osso e un grande chiodo) e frammenti di bronzo (la sfera, che costituisce la testa, sarebbe un residuo di sabbie di fonderia); il tutto è sostenuto da un pezzo di legno che funge da piedistallo. Vi si distingue una piccola figura antropomorfa con due gambe, tra le quali si intravede una specie di stella-sesso, costituita dalla limatura di bronzo rimasta dalla pulitura della scultura dopo la colata. Il collo è ornato da un monile (l’osso) e la testa rotonda da una sorta di acconciatura, trattenuta da un grande fermaglio.

Dal 1946 Joan Miró lavora con la fonderia Gimeno di Barcellona e nel corso delle sue passeggiate e delle sue sessioni di lavoro raccoglie ogni tipo di oggetto, che conserva per poi abbinarlo con altri: materiali elementari, ma anche resti di antiche sculture, che assembla secondo il proprio estro. “Utilizzo soltanto gli oggetti che trovo: li raduno nel mio atelier, che è molto grande, li dispongo in cerchio per terra e scelgo l’uno o l’altro. Ne assemblo diversi e a volte riutilizzo elementi di altre sculture […]. Le sculture non le realizzo dai disegni, ma direttamente dagli oggetti. […] Non le disegno mai prima, assemblo semplicemente gli oggetti”.



Il suo gusto lo spinge verso l’oggetto più umile, più disprezzato, l’oggetto “di scarto”, come scriverà Jacques Dupin, poeta francese, critico d'arte e co-fondatore della rivista L’éphemère. Quello che Mirò ricerca è l’oggetto grezzo, autentico nella sua plasticità ed esente da qualsiasi intento culturale secondario. L’artista gli riconosce un valore intrinseco, fuori dalle categorie della “bellezza” convenzionale; sceglie l’essenzialità e la semplicità dell’elemento naturale, ma anche l’evidenza funzionale dell’utensile, operaio o rurale. La sua scelta implica anche una liberazione dello spirito, l’emergere dell’irrazionale e dell’immaginazione, lo choc istintivo dell’incontro. Mirò spiega così il modo in cui procede per comporre i suoi assemblaggi: “Per fare sculture, uso come punto di partenza gli oggetti che colleziono […]. Uso le cose trovate per un caso divino […] così come uso un segno schematico disegnato per caso sulla carta o un incidente sulla tela, anche questo verificatosi per caso: l’unica cosa che conta nell’arte è questa scintilla magica. Unisco la realtà e il mistero in uno spazio dall’atmosfera molto leggere di cui sono debitore al Dadaismo. Mi ispiro al gioco, ai giochi, agli automi. Più tardi l’approfondimento del meraviglioso ha apportato nel mio spirito il concetto di fantastico. Allora non subivo più il sogno, lo realizzavo dipingendo”.


L’osso, il legno e il bronzo assemblati in “Personaggio” mescolano in una stessa opera i diversi regni animale, vegetale e minerale, dando vita ad una scultura concepita come rito animista. Anche certe forme naturali attirano l’attenzione di Mirò per via delle loro affinità formali con il suo personale repertorio di segni: aggiunge alla piccola figura una nota di malizia, affibbiandole un osso trasformato in monile. Come Paul Klee, che ammirava da tempo, l’artista rivendica una certa ingenuità quasi infantile, ancorché non priva di aspetti grotteschi o crudeli. Svelando il mistero che si cela in qualsiasi cosa, anche la più insignificante, Mirò cambia la nostra percezione del mondo e ci invita a guardarlo con occhi sempre nuovi.(M.@rt)

Personaggio-lato




 
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