“Ce ne andavamo…” - Mário de Andrade, Parafrasi e commento

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view post Posted on 14/11/2014, 16:53     +3   +1   -1
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“Ce ne andavamo…”
Mário de Andrade


da Poemas da amiga, in Remate de males



Nós iamos calados pela rua
e o calor dos rosais nos salientava tanto
que um desejo de exemplo me inspirava,
e você me aceitou por entre os santos.

Erguer do chão um tôco de cigarro,
fuma-lo sem saber por que boca passou,
a terra me erriς ava a lingua e uma saliva sêca
poisando nos meus labios molhados renasceu.

Todos os boitatás queimavam minha boca
mas quando recomecei a olhar, ô minha doce amiga,
os operarios passavam-se todos para o meu lado,
todos com flores roubadas na abertura da camisa...

O sol no poente, de novo auroral e nativo,
fazia em caminho contrário um dia novo;
e as noites ficaram luminosamente diurnas,
e os dias massacrados se esconderam no covão duma noite sem fin.


1929-1930



Libri



Ce ne andavamo zitti per la via
e il calore dei roseti ci esaltava tanto
che un desiderio d'esempio mi ispirava
e tu mi accettasti tra i santi.

Raccattare dal suolo un mozzicone,
fumarlo senza sapere per che bocca passò,
la terra mi allappava la lingua e una saliva secca
posando sulle mie labbra umide rinacque.

Tutti i boitatás mi bruciavano la bocca
ma quando ripresi a guardare, o dolce amica,
gli operai passavano tutti dalla mia parte
tutti con fiori rubati nello scollo della camicia...

Il sole al tramonto, di nuovo aurorale e nativo,
faceva in senso inverso un nuovo giorno;
le notti diventarono luminosamente diurne,
e i giorni massacrati si nascosero nel cavo di una notte senza fine.




Libri




Nazionalismo terzomondista. "Boitatás" (qui al v.9) è parola composta: da "boi" che in lingua tupí significa "serpente" (o da "mboi", cosa) più "tatá" che significa "fuoco"; quindi "cose (o serpenti) di fuoco". L'origine è probabilmente nel fosforo bianco che si liberava dalla putrefazione delle ossa dei grandi animali e che, essendo infiammabile, serpeggiava come lingue di fuoco nella foresta. In brasiliano moderno i "boitatás" sono i fuochi fatui, ma anche serpenti favolosi che sputano fiamme contro chi osa danneggiare le foreste. Nel verso successivo l'invocazione "o mia dolce amica" è un riferimento alle "cantigas de amigo" della tradizione galego-portoghese del XII e XIII secolo. In due versi consecutivi si passa da un termine indigeno a una citazione colta: come non ricordare che Oswald de Andrade (amico di Mário, suo coetaneo e paulistano come lui) nel "manifesto antropofago" aveva sostenuto la necessità di fagocitare e digerire il meglio della letteratura europea contaminandolo con la forza selvaggia della tradizione indigena ("tupí or nottupí") ?

Il gruppo dei giovani modernisti, negli anni Venti, aveva rivendicato la "differenza" nazionale e promosso anche in poesia una lingua parlata che non nascondesse le peculiarità del portoghese brasileiro; qui, per esempio, il "você" col verbo alla seconda persona e non alla terza come usualmente in Portogallo, e l'uso del gerundio al v.8, o l'assenza dell'articolo ("queimavamminhaboca") al v.10. Il nazionalismo inMário de Andrade fa però tutt'uno col socialismo progressista e terzomondista; questa poesia si chiarisce se rapportata al confuso momento della politica brasiliana: il segretario del Partito repubblicano paulista, JúlioPrestes, riformista e modernizzatore, era stato eletto alla presidenza della Repubblica ma non entrò in carica perché nel 1930 ci fu il colpo di stato di Getulio Vargas - ambiguamente rivoluzionario all'inizio, decisamente dittatoriale pochi anni dopo. In una poesia del 1932 Mário de Andrade scriverà "ho puntato su JúlioPrestes/ e invece è uscito Getulio". Tra il '29 e il '30 ancora gli intellettuali progressisti potevano sognare che gli operai passassero "tutti dalla loro parte" in un'euforia romantica e anarchica, tutti con fiori rubati nello scollo della camicia.

La speranza rivoluzionaria acquista il fascino di un evento cosmologico (come nelle cosmogonie degli indios): il sole risorge al tramonto e percorre il cielo in senso inverso, le notti diventano luminosamente diurne mentre i giorni "massacrati" dallo sfruttamento sono ricacciati nel fondo buio dell'oblio storico (la metrica, che comincia con endecasillabi e settenari, trova un ultimo verso lunghissimo per sigillare il seppellimento).

Ma torniamo ai boitatás: perché i fuochi fatui tupí gli bruciano la bocca proprio dopo che ha fumato il mozzicone raccattato da terra ? L'idea di ravvivare con la propria saliva la saliva secca di uno sconosciuto appartiene a uno slancio anti-borghese di umiltà e solidarietà, contro i pregiudizi di proprietà e privacy ma vicino invece al comunismo primitivo e spontaneo degli indigeni("tutti sono buoni là dove il bianco non penetrò mai/.../ tutto sarà in comune e noi faticheremo come gli altri e per tutti"). Il fuoco del mozzicone e del boitatá riprende e intensifica il "calore" dei roseti che già lo aveva esaltato durante la passeggiata e lo aveva spinto all'emulazione (emulazione di santi laici, come Gandhi e Lenin che aveva ricordato in un testo del '28). Ad "accettarlo" tra i santi è la dolce amica a cui le poesie del ciclo sono dedicate; l'atteggiamento della donna sembra di delicata ironia, come chi maternamente sorrida dell'esaltazione ma la intenda e in qualche misura la appoggi - anche lei complice dell'utopia di rinnovamento ("nuovo" ripetuto ai vv.13-14) non solo politico ma anche spirituale.

Le "cantigas de amigo" medievali erano poesie d'amore infelice e di lontananza, poste in bocca a ragazze abbandonate; qui De Andrade ribalta lo schema, è lui che ha sofferto perché lei non ha corrisposto al suo amore. Nelle altre poesie del ciclo è chiaro come l'amore ci sia stato, non privo di accenni francamente carnali ("ieri eri così bella/ che il mio corpo arrivò"); ma qualcosa non ha funzionato ed è stata la donna a volerlo trasformare in amicizia. Ungaretti (che ha conosciuto De Andrade durante il soggiorno brasiliano diventandone amico) sottolinea la "melodiosa malinconia" che caratterizza qui il tema tragico "dell'incompiutezza d'ogni appagamento carnale". La bocca qui non serve per i baci ma per sentirsi fraterni ad altre sconosciute bocche; il sesso deluso si sublima in speranza universale - in una fratellanza in cui la "sorellanza" ("non crediatela mia amante, è mia sorella !") della donna amata è un'armonica in più. Il breve ciclo di dodici testi si chiude con un appellativo ("Sinhá") che è un ultimo tratto di sincretismo culturale: è la "Signora" della tradizione cortese ma anche il nome affettuoso che gli schiavi davano alle giovani padrone. La passeggiata silenziosa e un po' triste si è ampliata musicalmente aprendosi a un sogno condiviso; viceversa, la fantasticheria ingenuamente rivoluzionaria si impasta con le contraddizioni dell'ombra. Fonte

Ascolta la poesia






Edited by Milea - 4/7/2021, 21:58
 
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view post Posted on 14/11/2014, 17:02     +1   +1   -1
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Mario De Andrade
e la San Paolo del modernismo




mario_ape


(...) Ma la chicca editoriale più ghiotta della stagione è forse l'ultima (Mario de Andrade, Primo maggio seguito da Il pozzo, Edizioni del Vascello, a cura di Andrea Ciacchi, lire 16.000). Del leader del Modernismo di San Paolo negli anni Venti, sodale dell'Ungaretti della prima trasferta brasiliana, durante gli anni bui del dolore, poeta whitmaniano dell'Io sono Trecento (antologia poetica, Einaudi), ma soprattutto autore di un rabelesiano Macunaima, (Adelphi), che per primo ha proposto alla nostra divertita riflessione il problema del Brasile multirazziale, non solo bianco/negro, ma indio, italiano, russo, polacco, mediorientale; di Mario (come i brasiliani chiamano alla loro maniera antonomastica il poeta musicologo, etnologo e romanziere, per distinguerlo dagli altri trecento Andrade in quello che un altro illustre, come Carlos Drummond de Andrade, chiamava "il paese degli Andrade"), ci è proposto ora un genere peculiarissimo: l'apologo. Ironia e disincanto.

I due racconti, anch' essi intrisi di socialità anni Trenta, ma conditi con tipica ironia e disincanto modernisti, sono offerti con testo a fronte in una edizione annotata e curatissima. Per frequentatori complessati di letterature marginali, abituati da sempre a veder confuso il portoghese con lo spagnolo, a leggere note strampalate che chiosano testi tradotti ad orecchio e riportati con grafie approssimative, edizioni come queste, a parte la novità dei contenuti, sono un segnale che qualcosa anche qui è finalmente cambiato: e ancora una volta ad opera dei piccoli. Fonte


 
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