Andrea Mantegna, Camera degli Sposi, Mantova, Palazzo Ducale

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view post Posted on 12/12/2011, 21:20     +3   +1   -1
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Mantegna-Camera-degli-SposiP

Andrea Mantegna
Camera degli Sposi, 1467 - 1474
Mantova, Palazzo Ducale, affresco parete nord
datato sullo sgancio di destra della finestra “1465. D.16. JUNIO”



I lavori di decorazione di questa stanza che occupa il piano nobile della torre settentrionale del castello di San Giorgio, già inglobato nel Palazzo Ducale, iniziarono subito dopo la conclusione dei dipinti di Mantegna nella “chapeleta del Castello”, alla quale la Camera Picta è collegata come continuità di un programma iconografico volto alla celebrazione dei Gonzaga.

La Camera è un ambiente cubico ricoperto da una volta ribassata a padiglione, scompartita da vele e lacunari con una finta apertura a oculo centrale sostenuta da paraste e lesene che creano una finta loggia, chiusa da tendaggi arabescati sulle pareti est e sud, aperta verso un paesaggio sulla parete ovest e all’interno di una corte sulla parete nord. L’unitarietà della decorazione sottolinea il carattere particolare di questo ambiente, destinato ad archivio privato del signore e adibito a luogo di rappresentanza.


Mantegna-Camera-degli-SposiD



Ludovico è rappresentato con la famiglia in un luogo porticato, chiuso da una balaustra decorate a tondi marmorei, al di là della quale figura uno spazio alberato. Sotto la seggiola, Mantegna ha raffigurato il cane del marchese, Rubino. Protagonista insieme a Ludovico è la moglie Barbara seduta al centro e circondata dai figli: Francesco, Gianfrancesco, Rodolfo, Sigismondo, Barbara e Paola.
La corte si colloca sul basamento rialzato della Camera in corrispondenza del camino; la scelta della tecnica a secco diversifica la rappresentazione e l’effetto coloristico. Pittorico in una resa più preziosa, rispetto alla decorazione a fresco del resto della Camera. (M.@rt)






Edited by Milea - 11/9/2021, 15:19
 
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view post Posted on 12/12/2011, 22:30     +1   -1
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MantegnaCamera






Mantegna-SposoP






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Mantegna--camera-sposi-partic





Edited by Milea - 11/9/2021, 15:22
 
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view post Posted on 12/12/2011, 23:39     +1   -1
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Camera_SoffittoP

Andrea Mantegna
Oculo del soffitto della Camera degli Sposi, 1467 - 1474
affresco
Mantova, Palazzo Ducale





Putto_mantegna

La copertura a calotte ribassata con oculo centrale rimanda alla tipologia degli edifici classici romani, dalla Domus neroniana al Pantheon. Tanto la collocazione dei busti dei primi otto imperatori romani nei medaglioni all’interno dei lacunari sulla volta, quanto le scene mitologiche nelle dodici vele stanno a rivendicare una vetusta quanto ideale discendenza della casata Gonzaga.

La scelta dei miti di Orfeo, Ercole e Arione, infatti, era consona a un’esigenza di affermazione del principio di continuità della stirpe e della signoria attraverso il significato d’immortalità che accomuna questi tre miti.

Incorniciato da una ghirlanda di fiori e frutti ornata da nastri, al centro della calotta figura l’oculo dipinto che si apre illusionisticamente sul cielo soprastante e alla cui balaustra si affacciano figure ridenti e putti classici. Oltre ai putti alati sono raffigurate cinque figure femminili.

Una di esse, a giudicare dall’elaborata acconciatura, doveva essere una donna d’alto rango; accanto a essa con un copricapo a strisce avvolto attorno alla testa, la schiava mora, una delle tante che si trovavano raffigurate nei palazzi e nelle ville rinascimentali italiane.

Al di là della tinozza rustica che contiene un albero di limoni, appaiono tre domestiche, una delle quali si appresta a riassettare i capelli, motivo che aggiunge un vivace tocco familiare alla composizione.

La parte restante della balaustra è occupata dal gruppo di dei putti alati che giocano. Tre stanno all’interno, sulla cornice, e sono raffigurati per intero, due frontalmente e uno da dietro, in pose volutamente contrapposte l’una all’altra.
Degli altri putti, alcuni sporgono il capo attraverso gli ovali della balaustra, rafforzando l’illusione del libero movimento nello spazio; altri giocano con il pavone, con ogni probabilità ritratto dal vero. (M.@rt)


Andrea_Mantegna_soffitto







Edited by Milea - 11/9/2021, 15:26
 
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view post Posted on 13/12/2011, 15:18     +1   -1
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Incontro_Camera-degli-SposiP

Andrea Mantegna
Camera degli Sposi, 1467 – 1474
Incontro tra Ludovico e Francesco Gonzaga
Mantova, Palazzo Ducale, affresco parete ovest



La scena della parete occidentale della Camera Picta è volta alla glorificazione della nomina di Francesco Gonzaga a cardinale, evento fondamentale per la signoria dei Gonzaga. Al di là dei tre semipilastri affrescati in prossimità dei peducci della volta, la scena è ambientata in aperta campagna. Sullo sfondo è rappresentata una veduta ideale di Roma, in cui si riconoscono alcuni celeberrimi monumenti dell’Urbe, fra cui il Colosseo, la piramide di Cestio, il teatro di Marcello, il ponte Nomentano, le Mura aureliane.


Camera-degli-Sposi-PaesaggioP




La scelta di inserire una veduta della città eterna è probabilmente simbolica, a rimarcare il forte legame tra la dinastia e Roma, avvalorato dalla nomina cardinalizia, e forse anche una citazione beneaugurante per il cardinale quale possibile futuro papa. A destra della scena, presso una grotta, alcuni cavatori sono al lavoro nello scolpire blocchi e colonne.


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A sinistra figura il marchese Ludovico Gonzaga, che indossa una corta sopravveste militare grigia sopra una giubba rinforzata ed è armato di una daga e una spada tempestata di gemme; egli solleva la mano destra e si rivolge al cardinale Francesco, suo figlio. Il gesto rispecchia il discorso che il marchese pronunciò a Bozzolo il 1° gennaio 1462, accogliendo il figlio per la prima volta dopo la sua elezione.


incontro



Accanto a loro si individuano gli eredi della famiglia: Federico, futuro marchese di Mantova e Francesco II, che sposerà Isabella d’Este, insieme all’imperatore Federico III e al re Cristiano di Danimarca, marito della sorella della marchesa Barbara di Brandeburgo. Il ragazzo al centro è l'ultimo figlio maschio del marchese, Ludovico; tiene per mano il fratello cardinale e il nipote, futuro cardinale, rappresentando il ramo della famiglia destinato alla carriera ecclesiastica.


Camera-degli-Sposi-D



A sinistra dell’affresco, sopra la porta, geni alati sostengono la cartella con la scritta dedicatoria: "ILL. LODOVICO II M.M. / PRINCIPI OPTIMO AC / FIDE INVICTISSIMO / ET ILL. BARBARAE EJUS / CONIUGI MVLIERVM GLOR. / INCOMPARABILI / SVVS ANDREAS MANTINIA / PATAVVS OPVS HOC TENVE / AD EORV DECVS ABSOLVIT / ANNO MCCCCLXXIIII". (All’ illustrissimo Ludovico, secondo marchese di Mantova, principe ottimo e di fede ineguagliata, e all’illustre Barbara, sua consorte, incomparabile gloria delle donne; il loro Andrea Mantegna, padovano, compì la presente modesta opera in onore loro l’anno 1474”.)


Camera_picta_CartelloP




Oltre alla firma "pubblica" dell'artista, che si dichiara "padovano", vi si legge la data 1474, generalmente indicata come quella della fine dei lavori. (M.@rt)





Edited by Milea - 11/9/2021, 15:31
 
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Rubino! Dov’è Rubino?”
“Ma signor marchese, era nel giardino pensile poco fa!”
“No, io non l’ho visto correre nel giardino della Cavallerizza!”
“Macché, sarà andato come al solito nell’appartamento dei nani!”
“Basta che non sia uscito dal palazzo, a inseguire qualche beccaccia tra i canneti…”

“Insomma, senza Rubino non mi metto nemmeno seduto! Andate a cercarlo!”
“Abbiate pazienza, signor marchese, lo troveremo,”

Zu, Ludwig, calmati,” interviene la marchesa, già seduta sul suo scranno” fedrai ke Rubino starà arrifando! Ma adesso inkominciamo, tuti te stanno aspetando, i colori di herr Manteghna si sekkano!”

“Oh, non preoccupatevi, madama Barbara: so bene quanto il marchese tenga al suo bracco! E poi non c’è fretta: questa è solo una seduta di prova, per studiare la composizione, per vedere come organizzare il gruppo.

Oggi mi limiterò a qualche disegno preliminare, uno schizzo, un bozzetto… per l’affresco vero e proprio dovremo aspettare la bella stagione, così i muri si seccano più in fretta e la pittura rimane più resistente.”

“Rubino! Finalmente! Ma dove ti eri nascosto, bello? Qua, vieni a cuccia, bravo il mio cagnone!
Mettiti sotto la mia seggiola, che adesso il carissimo signor Andrea, pittore egregio, ci fa il ritratto”.
“Siete tutti pronti?”


Scusate, signor marchese Ludovico, mi spiace disturbarvi, ma sarebbe arrivata una lettera…”
“Ma signor Raimondo, proprio adesso”?
“Pare che sia urgente: c’è il sigillo del duca di Milano.”

Uff, quel Francesco Sforza, da quando è duca si crede di essere diventato di colpo un letterato! Mi era più simpatico quando eravamo tutti e due giovani e lui era semplicemente un capitano di ventura… adesso si circonda di poeti, di musicisti, di pittori: ha tanti nemici, ma trova tempo per l’arte… Beh, comunque, da questo punto di vista qui a Mantova non abbiamo niente da invidiare alla grande Milano! Dico bene, signor Mantegna?”

Ehm, signor marchese, non dovrei essere io a dirlo, ma a parte Vincenzo Foppa, mio vecchio compagno di studi a Padova, a Milano preferiscono una pittura all’antica, tutta oro, decorazioni, insegne araldiche, lusso… per la corte degli Sforza, il massimo della raffinatezza è un gioiello, una miniatura, qui invece stiamo pensando in grande. Credo proprio che nessuno, non solo a Milano, ma nemmeno a Venezia, forse neanche a Firenze, oserebbe dipingere qualcosa di simile a quello che stiamo facendo oggi.”

Che pazienza! Riunire quasi venti persone, dal marchese alla nana, dai paggi all’umanista di corte, è stata un’impresa. Quei ragazzi, poi! Tutti fieri delle loro calzamaglie bianche e rosse, dei giubbetti trapuntati d’oro e bordati di pelliccia… un bel contrasto con il marchese Ludovico, nella sua semplice veste da camera lunga fino ai piedi.

Comunque, ce l’ho fatta: sto iniziando un’opera grandiosa, come non s’è mai vista nell’arte, il ritratto di gruppo di una corte ricca e ambiziosa. Da alcuni anni, ormai, sono il pittore ufficiale dei Gonzaga: un cortigiano riverito, un intellettuale illustre, un artista famoso. Qui a Mantova ho una bella casa, mi sono potuto permettere perfino una piccola collezione di reperti archeologici e statue classiche; ogni tanto mi firmo persino in greco antico.

E pensare che sono il figlio di un falegname di campagna: se mi vedesse ora il mio povero padre! Certo che non si può avere tutto. Mantova sarà pure l’antica città di Virgilio e la capitale di uno staterello raffinato, ma in fondo è lontana da tutto: per carità, qui sto benone e ho intenzione fi fermarmi per sempre, però quando cala la nebbia e dalle finestre non si vede altro che la foschia sui laghi del Mincio, sogno colonne di marmo, edifici baciati dal sole, statue colossali che sfidano il cielo…

I Gonzaga hanno buon gusto. Da decenni, il loro palazzo è un cantiere di lavori di arredo, di decorazione, di pittura, di intaglio, di doratura.
Non si fa in tempo a finire una sala, che già nella vicina ci sono i manovali all’opera e le impalcature montate. Ecco perché ho preferito scegliere una stanza appartata. Per la verità, non si trova nemmeno nel palazzo, ma nel vecchio e robusto castello di San Giorgio: chiaro, si è sparsa la voce. Prima che iniziassero i dipinti, nei corridoi della corte tutti la chiamavano già “Camera Picta”, la camera dipinta.

Ho viaggiato parecchio e ho visto gli affreschi ufficiali delle corti signorili di mezza Italia: sono di solito dipinti da guardare da vicino, con figurette che sembrano carte da gioco ritagliate e appiccicate ai muri. No, non è questo il mio stile: a me piacciono le scene grandi e solenni, le prospettive profonde, le figure ampie e sicure.

Il marchese Ludovico è un mecenate di larghe vedute, anche se dice sempre di essere a corto di quattrini e farmi pagare è ogni volta una battaglia. Gli ho parlato del mio progetto e mi ha dato carta bianca.



Con la mia arte ho pensato di trasformare una stanza solida e squadrata, nel cuore di un castello di mattoni, in un padiglione favoloso, un loggiato aperto fatto di pilastrini, drappeggi dorati e damascati, angioletti in volo sorretti da ali di farfalla. Nella volta, al centro del soffitto, dipingerò una finestra circolare, una grande apertura a balconata, affacciata sul cielo.

Tutto finto, tutto realizzato solo con la pittura: userò una tecnica nuova, la prospettiva. E’ il modo per rappresentare oggetti, edifici, persone, in profondità, dando l’idea del volume, della terza dimensione, utilizzando le regole della geometria. La usava già il vecchio Giotto, negli affreschi che ammiravo da ragazzo, a Padova; e poi l’hanno perfezionata i pittori toscani; ma nel mondo delle corti signorili è ancora una novità.



Io voglio portare la prospettiva moderna nel cuore dei palazzi dei duchi e dei marchesi. Lo sento: sarà un capolavoro, una meraviglia!

Il ritratto del marchese, della marchesa, dei loro figli, dei paggi e dei cortigiani occuperà tutta la parete del caminetto. Anzi, userò il camino come una specie di podio rialzato, per raggiungere il quale i paggi dovranno salire i gradini di una scala.

Di solito i ritratti dei signori sono di profilo: lui e lei, uno di fronte all’altra, immobili, congelati davanti a un fondo nero, rigidi e impassibili, come su una medaglia.
D’accordo sarà una tradizione e in fondo anche a me hanno chiesto qualche volta di dipingere figure di profilo, ma i marchesi Ludovico e Barbara (lei è una nobile tedesca venuta dal Brandeburgo, nipote nientemeno che dell’imperatore Sigismondo) saranno invece comodamente seduti di fronte, circondati dalla famiglia.

Chi entrerà nella Camera picta crederà di essere al cospetto della corte e, grazie all’illusione delle tende e dei paesaggi, dimenticherà di trovarsi all’interno di un massiccio edificio. Sarà una novità assoluta, ma ho bisogno della collaborazione dei signori, dei paggi e dei famigli.

Questa mattina, finalmente, sono riuscito a radunare tutti quanti. Ho piazzato due seggioloni, per il marchese e la marchesa e ho lasciato che si disponessero come volevano. Naturalmente i bambini più piccoli si sono raccolti intorno alla mamma.

La piccola Paola (poverina, com’è magrolina e bruttina, con quel mento aguzzo, la fronte bombata e il naso appuntito!) avrebbe voluto persino essere presa in braccio e ha offerto alla marchesa una mela, una primizia del frutteto del palazzo.

Gianfranco, pingue e ingombrante, si è messo accanto al seggio del marchese (che intanto stava girando nelle stanze vicine alla ricerca di Rubino) e Rodolfo invece si è piazzato dietro lo schienale della marchesa; tra i due ha trovato posto l’insegnante di lettere classiche, Vittorino da Feltre, severamente vestito di nero, con gli occhi bassi e i capelli grigi.

La nana, piccolissima, ha dovuto mettersi in primo piano. Se ci fate caso, lei e Rubino sono gli unici due personaggi che hanno guardato verso di me mentre schizzavo il ritratto!

Dietro la nana, ecco l’adolescente Barbarina, la più bella delle marchesine, che infatti girano gli occhi verso i paggi che si pavoneggiano, mentre l’anziana balia, dietro di lei, accenna un sospiro: il tempo dei giochi è finito.








Stefano Zuffi

Il mondo dipinto
Ventidue capolavori di grandi maestri
raccontano la loro storia

Ed. FeltrinelliKIDS


 
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