"Per la morte di Maria" - Pierre de Ronsard, Parafrasi e commento

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view post Posted on 8/8/2014, 18:16     +6   +1   -1
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"Per la morte di Maria"
Pierre de Ronsard


da Le second livre des Amours II


Comme on voit sur la branche au mois de may la rose,
en sa belle jeunesse, en sa premiere fleur,
rendre le ciel jaloux de sa vive couleur,
quand l’Aube de ses pleurs au poinct du jour l’arrose;
la grace dans sa feuille, et l’amour se repose,
embasmant les jardins et les arbres d’odeur;
mais batue ou de pluye, ou d’excessive ardeur,
languissante elle meurt, feuille à feuille déclose.
Ainsi en ta premiere et jeune nouveauté,
quand la Terre et le Ciel honoroient ta beauté,
la Parque t’a tuee, et cendre tu reposes.
Pour obseques reçoy mes larmes et mes pleurs,
ce vase plein de laict, ce panier plein de fleur,
afin que vif et mort ton corps ne soit que roses.

1574-1578




Libri




Come quando di maggio sopra il ramo la rosa
nella sua bella età, nel suo primo splendore
ingelosisce i cieli del suo vivo colore
se l’alba dei suoi pianti con l’Oriente la sposa,
nei suoi petali grazia ed amor si riposa
cospargendo i giardini e gli alberi d’odore;
ma affranta dalla pioggia o da eccessivo ardore
languendo si ripiega, foglia a foglia corrosa.
Così nella tua prima giovanile freschezza,
terra e cielo esultando di quella tua bellezza,
la Parca ti recise, cenere ti depose.
Fa che queste mie lacrime, questo pianto ti onori,
questo vaso di latte, questa cesta di fiori;
e il tuo corpo non sia, vivo o morto, che rose.

(traduzione di Mario Luzi)




Libri





A metà Cinquecento il sonetto era ancora poco acclimatato in Francia, e l’alessandrino non aveva ancora la flessibilità che ne farà più tardi il re dei metri. E’ proprio con Ronsard, e col gruppo di sette giovani poeti che lui stesso chiamerà Pléiade come la costellazione, che queste forme si perfezionano. Petrarca è stato tradotto da poco e viene saccheggiato a man bassa; gli italiani si sommano ai classici greci e latini per portare la poesia francese nella pienezza dell’umanesimo rinascimentale. Questo sonetto “per la morte di Maria” deve a tali fattori il suo armonioso equilibrio: le due quartine dedicate al primo termine di paragone e la prima terzina al secondo, con parallelismi lessicali come rime sotterranee (“première”, “jeune”, “ciel”); i vv. 2,5,7,9 e 13 nettamente bipartiti; le rime delle terzine che due volte su tre riprendono quelle delle quartine, l’ultimo verso che si aggancia al primo per una chiusura a rondò. Ronsard si intendeva di musica, e si vede.

Il tema non è certo nuovo, il paragone tra la ragazza e la rosa ha una storia secolare: da Ausonio a Poliziano, da Jean de Meung all’Ariosto. Di solito era fatto per invitare a godere della giovinezza fin che si è in tempo, qui per conferire delicatezza a una giovane vita troncata. Ai vv.7-8 è probabile un ricordo di Virgilio, di Eurialo morente come un papavero gravato da troppa pioggia; la rugiada del v.4 allude alla favola ovidiana dell’Aurora che piange la morte del figlio Memnone; le rose sulla tomba stanno già in un’ode di Anacreonte. Ma Luzi, poeta dall’orecchio intonatissimo e buon francesista, ha intuito che qui l’essenziale non sta nei libri più o meno digeriti, sta nel ritmo; così, nella sua traduzione bella e infedele, ha ricreato l’alessandrino con un agile doppio settenario e ha mantenuto con un miracolo le rime, a costo di qualche approssimazione semantica (al v.2 l’Oriente non c’entra proprio, il “point du jour” non è dove sorge il sole, letteralmente il verso suona “quando l’Alba sul far del giorno la innaffia col suo pianto”; “corrosa” è meno preciso di “déclose” – sfogliata, sfiorita -, mentre “esultando” intensifica l’”honoraient” del v.10; “obsèques” è semplicemente “esequie” ma l’idea di omaggio è suggerita dalla vicinanza mentale con “obséquieux”, ossequioso). Luzi ha restituito il più: cioè la leggerezza, la tristezza lavorata come un ricamo, il trionfo della bellezza sulla morte.

Ma a Ronsard importa davvero che questa ragazza sia defunta?
Domanda lecita, soprattutto se andiamo a vedere quando e per chi è stato scritto il testo. Il Secondo libro degli Amori è dedicato a una Maria semplice campagnola dell’Anjou; è diviso alla maniera petrarchesca tra rime in vita e in morte.
Ma le rime in vita sono degli anni ’50 e ’60, quelle in morte degli anni ’70, escono nel 1578 – la giovane campagnola avrebbe ormai più di trent’anni: dunque tutt’altro, per l’epoca, che “nel suo primo fiore”. I filologi hanno dimostrato che il nostro sonetto è stato scritto per un’altra Maria, cioè Maria di Clèves – moglie del principe di Condé, amante del re Enrico III, morta di parto a ventun anni nel 1574: Ronsard ha prestato alla piccola campagnola la fine della principessa. Una poesia cortigiana è stata fatta passare dal suo autore per una poesia di dolore autentico, sulla base di una coincidenza onomastica (“Marie” è anagramma di “aimer”, cioè amare, come ricorda Ronsard in un altro sonetto).

Più che scandalizzarsi, conviene allora capire da dove viene l’autenticità (innegabile) della musica. Il tema vero, credo, è quello della caducità: della natura prima ancora che degli esseri umani – la vera vittima qui non è la ragazza, è la rosa. Alla rosa sono dedicati otto versi e la sua morte si distende per due; la morte della donna è liquidata nel solo v.11, e piuttosto seccamente. L’amante addolorato è la stilizzazione di un bassorilievo antico, l’omaggio è pagano; perché il corpo, roseo come l’Alba, conosca la ciclicità dei ritmi naturali e torni a essere rose, senza che l’alternativa tra vita e morte faccia differenza. Non c’è accenno all’aldilà ma nemmeno lo strazio di una perdita irrimediabile: la caducità è qualcosa che si sconta e si riscatta su questa terra. Ronsard non ha mai fatto mistero della propria volubilità in amore; avere una coscienza nuova della dignità di poeta significava anche sapere che l’amore costruito letterariamente è l’unico che dura. Ma si ammalò presto, a meno di quarant’anni già si lamentava che la sua primavera fosse stata troppo corta; con umorismo amaro parla dei capelli già grigi, della cattiva digestione, dell’insonnia.

Si innamora ancora, di donne diverse che idealizza in poesia; ma sempre con un’angoscia segreta che bisogna esorcizzare. Alla fine degli anni ’70 il clima in Francia è cambiato, le guerre di religione la stanno sconvolgendo, il sogno umanistico è svanito – anche lui si sente un sorpassato: a languire non sono più soltanto una donna, o una rosa – è tutta intera una missione culturale. La grazia leggera e musicale di questo sonetto è direttamente proporzionale al desiderio di rimuovere il negativo, personale e storico. Per la pioggia o il troppo caldo tutto decade, solo la forma salva. Fonte


Ascolta la poesia






Edited by Milea - 4/7/2021, 22:08
 
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view post Posted on 8/8/2014, 18:25     +3   +1   -1
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Pierre de Ronsard
e l'insostenibile leggerezza della vita



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Per celebrare il quarto centenario della morte di Pierre de Ronsard, la Bibliothèque Nationale ha allestito un' esposizione esemplare che durerà fino al 15 settembre (un' altra più modesta, dedicata anch' essa al "poeta della natura", resterà aperta fino all' 8 settembre al "Serre d' Auteuil"). La prima mostra, seguendo il filo conduttore della biografia di Ronsard e presentandone manoscritti preziosi ed edizioni originali, rievoca gli ambienti e i personaggi diversi che il poeta conobbe, i suoi incontri con la "grande storia" e, parallelamente, i temi della sua opera.

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La vita di Pierre de Ronsard attraversa fasi estremamente contraddittorie. Suo padre Loys, signore de la Possonière e "matre d' htel" dei giovani figli di Francesco I (che accompagnò durante la loro cattività in Spagna dopo la sconfitta di Pavia), ambiva per il suo sestogenito una carriera a Corte. Così, appena dodicenne, Pierre entra come paggio al servizio del Delfino, che però muore di emottisi pochi giorni dopo. Ronsard passa allora al servizio della sorella del Delfino, Madeleine, e la segue in Scozia, dove la ragazza sposerà il re Giacomo V. Ma il destino si ripete: la regina muore poco dopo di tubercolosi. Tre anni più tardi, Pierre accompagnerà in Germania l' ambasciatore di Francia a Venezia, Lazare de Baf. A sua volta si ammala gravemente (sarà poi affetto da semisordità per tutta la vita).

Allora il padre, considerandolo non più atto alla vita di Corte, lo indirizza verso la carriera ecclesiastica; e a diciannove anni Pierre riceve la tonsura, senza peraltro avere la minima vocazione religiosa. La sua qualità di chierico gli varrà soltanto incarichi onorifici - come quello di cappellano del re -, laute prebende legate al possesso di varie canoniche, curie e priorati, e per finire l' onore di essere sepolto nella chiesa si Saint-Cosme, dove trascorre con il titolo di priore gli ultimi anni della sua vecchiaia. Ma torniamo indietro, per ritrovare il chierico ventenne, che prosegue i propri studi e comincia a scrivere i suoi primi versi. La malattia di Pierre è stata forse provvidenziale, consentendogli di trovare la sua vera vocazione di poeta, e anzitutto di poeta d' amore: Ronsard sarà ricordato attraverso i secoli come il poeta che ha cantato Cassandra, Marie, Hèlène: tre nomi che potrebbero riassumere la sua opera.

Ben poco si conosce della biografia di queste Muse e dei rapporti che esse ebbero realmente con il poeta. Della prima sappiamo che si chiamava Cassandra Salviati, che era la figlia di un ricco banchiere fiorentino stabilitosi nella Loira al Castello di Talcy, e che nel 1546 si sposò con Jean Peignè, signore di Pray. L' anno prima, quando la ragazza aveva appena quattordici anni, Ronsard, allora ventunenne, la incontrò per la prima volta a un ballo dato a Blois da Francesco I e fu abbagliato dalla bellezza di lei. Poi ebbe l' occasione di vederla qualche altra volta; comunque, ammesso che il poeta ne sia stato veramente innamorato, il loro amore rimase platonico. A Cassandra, Ronsard dedicò nel 1552 e 1553 due raccolte di poemi, di cui il primo, intitolato Les amours de Pierre de Ronsard Vendmois, reca in frontespizio i ritratti a mezzo busto del poeta barbuto e coronato d' alloro e della sua ispiratrice, riccioluta e ingemmata, che mette in mostra due bei seni tondi.

Claude Binet, contemporaneo e primo biografo di Ronsard, dubita della sincerità della sua passione: il poeta gli avrebbe confidato di aver voluto "celebrare Cassandra come Petrarca aveva fatto per la sua Laura, essendo innamorato soltanto del suo bel nome...". E infatti in questi suoi versi giovanili l' imitazione del Petrarca è vistosissima. Come Laura, Cassandra possiede tutte le bellezze, tutti i talenti e tutte le virtù; anzitutto il pudore, che le vieta di prestare ascolto al suo spasimante. Perciò il meschino ora tace, ora supplica, ora è di ghiaccio, ora è in fiamme, "cento volte muore e cento volte rinasce". Secondo i canoni della retorica manierista, Ronsard abusa delle metafore, delle iperboli, delle allegorie mitologiche, ispirandosi per queste ultime alla pittura e alle incisioni caratteristiche dell' Ecole dei Fontainebleau, per lo più ricalcate sulle opere di artisti italiani - come il Primaticcio, Rosso Fiorentino, Luca Penni - chiamati alla Corte di Francia da Francesco I e dai suoi successori. I suoi modelli sono la casta Diana che trasforma Atteone in cervo perchè il giovane ha osato contemplarla nuda, e una schiera di ninfe e di amadriadi dal collo di cigno, le reni opulente, le lunghe gambe affusolate: "allumeuses" provocanti nella loro nudità, ma dallo sguardo gelido e distante.

In due odi di queste prime raccolte (in particolare nella celebre "Mignonne, allons voir si la rose...") Ronsard tradisce tuttavia l' epicureismo che gli è congeniale e comincia a liberarsi dall' influenza petrarchesca. Dirà poi beffardamente che, quando ascoltava "le lamentose voci del Fiorentino", non poteva "contenere il riso". Affiora così la sua ambizione di distinguersi dal gregge degli imitatori degli italiani per diventare "il più grande poeta francese", coltivando non il genere aulico, ma "le beau style bas". Tuttavia sono proprio i sonetti manieristici dedicati a Cassandra che gli conquistano i favori della Corte. Molti di essi saranno messi in musica, contribuendo così alla sua popolarità. Nel Livre des Meslanges e nell' Abbrègè de l' art poètique, Ronsard aveva espresso il sogno - conforme alle idee dei neoplatonici - di risuscitare l' antica unione fra musica e poesia: sogno che si realizzò forse al di là delle sue stesse aspettative, poichè ben trecentocinquanta dei suoi poemi vennero trasformati in cantate, madrigali, sonate, ad opera di una quarantina di compositori. I primi furono suoi contemporanei, nomi oggi oscuri; ma nei secoli XIX e XX, il loro esempio fu seguito da compositori illustri come Wagner, Bizet, Gounod, Saint-Sans, fino a Honegger, Poulenc, Milhaud.

Nel 1555 compare nell' itinerario del poeta un' altra donna, di cui conosciamo solo il nome di battesimo: Marie. Era una giovane contadina dell' Anjou e aveva quindici anni quando Ronsard la conobbe; morì tragicamente circa tre anni dopo. Le odi riunite sotto il titolo Continuation des amours fanno supporre - benchè alcuni critici lo contestino - che fra i due sia esistita una relazione al tempo stesso sentimentale, carnale e giocosa. Il poeta, che "ha dimenticato l' arte di petrarcheggiare", si rivolge a Marie, il cui anagramma è "Aimer", dicendole senza perifrasi: "Amatemi dunque Marie / Fate per me ciò che il vostro nome promette (...) Cogliamo i piaceri della vita / Aggrappati l' una al collo dell' altro...". Con Marie irrompe nella poesia di Ronsard un mondo bucolico, nel quale echeggiano reminiscenze dei lirici greci e latini. Il ritratto della ragazza, a differenza di quello di Cassandra, ha già connotazioni naturalistiche: per descriverne le grazie, il poeta non ricorre più ad allegorie mitologiche, ma a metafore ispirate ai fiori, ai frutti, agli uccelli; le guance di Marie sono vermiglie come "una rosa di maggio", i suoi capelli capricciosamente inanellati sono "color della castagna".

Ronsard inventa teneri diminutivi, inconsueti nella lingua francese, per celebrare la sua "piccola brunetta". La chiama "la mia dolce primavera, il mio dolce fiore novello, il mio dolce piacere, la mia dolce colombella, il mio passerotto, la mia gentile tortorella"; ma anche "la mia dolce ribelle" e "il mio dolce inganno". Infatti Marie, un po' civetta, talvolta lo trascura "e se ne va a caccia / Per accalappiare un altro, come già aveva preso me". Tuttavia l' amante perdona queste scappatelle. Il tono dei loro dialoghi è quello del "badinage", che già anticipa Marivaux. In quegli anni la vena di Ronsard sa esprimersi anche su un registro comico o francamente libertino, come nel Livret des folastries, pubblicato in forma anonima: è una raccolta di "capricci", di cui si può trovar riscontro, sul piano delle arti plastiche, nei "grotteschi" messi in voga dagli italiani.

Marie sarà rapita dalla Parca implacabile all' amore del poeta, ciò che gli ispira le accorate odi Sur la mort de Marie. E arriviamo così al 1560, che segna una nuova svolta nella storia di Ronsard. Sotto la protezione di Caterina de' Medici, che vuole far rivivere i fasti del regno di Francesco I, Pierre diventa poeta di Corte. Contribuisce all' organizzazione e alla celebrazione di feste galanti (Elègies, mascarades et bergeries), scrive numerosi inni e epitaffi di circostanza per l' incoronazione di nuovi re, per nozze e funerali principeschi, e così pure poemi a sfondo morale o politico, come il Discours sur les misères de ce temps o la Remontrance au peuple de France, in attesa dell' ambiziosa Franciade, in quattro volumi, che non avrà successo. (La mostra della Bibliothèque nationale documenta molto bene la vita e i costumi alla Corte dei Valois attraverso una serie di ritratti di Francesco I e dei suoi successori, delicati disegni acquarellati di Clouet e dei suoi imitatori, guazzi, miniature, dipinti, arazzi e acqueforti, che evocano i balli, le mascherate, i tornei, le partite di caccia, la frivolità femminile con il tema ricorrente della donna al bagno o alla toilette, ma anche tragici episodi delle guerre di religione, come i massacri di Vassy o di Tours).

Tuttavia è nel genere elegiaco che Ronsard continua ad eccellere, con Le second livre des amour o i sonetti di Amours diverses, in cui il poeta francese torna a ispirarsi al Petrarca, piegandosi alla moda sempre imperante a Corte. Un posto preminente spetta ai Sonnets pour Hèlène, composti verosimilmente a partire dal 1571, ma pubblicati in volume solo nel 1584, alla vigilia della morte. Qui incontriamo Hèlène de Sourgères, l' ultima Musa di Ronsard, ormai canuto, sordo come una campana e sofferente di gotta. Damigella d' onore della regina, Hèlène è una giovane virtuosa, di cui il poeta fa la conoscenza al Louvre, che allora era uno dei palazzi reali. In un primo tempo Ronsard si atteggia a rispettoso adoratore, che vuole intrattenere con la fanciulla solo un rapporto di onesta amicizia. Ne esalta la bellezza di Venere "dal seno d' alabastro", ma soprattutto le qualità intellettuali e morali, che lo distolgono dalla tentazione della carne per fargli "contemplare il vero bene".

Il "Dèmon du midi" ha poi avuto il sopravvento e il vecchio poeta ha azzardato un gesto audace, provocando la ripulsa della damigella? Questi sonetti lo lascerebbero supporre, a meno che si tratti di pura finzione poetica. Comunque ce ne sono alcuni in cui la passione di Ronsard si esprime in modo grottesco: ad esempio, si scalda in seno un' arancia e un limone sottratti alla sua bella, e quando i due frutti sono quasi cotti dall' ardore della sua fiamma, lui li raffredda bagnandoli di lacrime... Lascia anche esplodere il suo rancore, quando chiede ad Amore di vendicarlo "cospargendo di spessa neve" le chiome della giovane crudele e trasformandola anzitempo in una vecchietta rattrappita. Di Hèlène, Ronsard ci ha lasciato però un ritratto stupendo, in cui la descrive pensierosa, il volto lievemente reclino, assorta in se stessa, ma pronta a scoraggiare l' intruso con un semplice aggrottar di ciglia. Alcune odi per Marie, alcuni sonetti per Hèlène sono di una modernità stupefacente: sembra di ascoltare Verlaine o addirittura Apollinaire.

Si capisce perciò l' entusiasmo dei romantici, che a tre secoli di distanza riscoprirono questo poeta. Ronsard sopravviverà per i suoi canzonieri d' amore, mentre le sue opere encomiastiche di poeta di Corte resteranno, con ogni probabilità dimenticate per sempre. Fonte




Edited by Milea - 8/8/2014, 19:28
 
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