| Pierre de Ronsard e l'insostenibile leggerezza della vita
Per celebrare il quarto centenario della morte di Pierre de Ronsard, la Bibliothèque Nationale ha allestito un' esposizione esemplare che durerà fino al 15 settembre (un' altra più modesta, dedicata anch' essa al "poeta della natura", resterà aperta fino all' 8 settembre al "Serre d' Auteuil"). La prima mostra, seguendo il filo conduttore della biografia di Ronsard e presentandone manoscritti preziosi ed edizioni originali, rievoca gli ambienti e i personaggi diversi che il poeta conobbe, i suoi incontri con la "grande storia" e, parallelamente, i temi della sua opera.
La vita di Pierre de Ronsard attraversa fasi estremamente contraddittorie. Suo padre Loys, signore de la Possonière e "matre d' htel" dei giovani figli di Francesco I (che accompagnò durante la loro cattività in Spagna dopo la sconfitta di Pavia), ambiva per il suo sestogenito una carriera a Corte. Così, appena dodicenne, Pierre entra come paggio al servizio del Delfino, che però muore di emottisi pochi giorni dopo. Ronsard passa allora al servizio della sorella del Delfino, Madeleine, e la segue in Scozia, dove la ragazza sposerà il re Giacomo V. Ma il destino si ripete: la regina muore poco dopo di tubercolosi. Tre anni più tardi, Pierre accompagnerà in Germania l' ambasciatore di Francia a Venezia, Lazare de Baf. A sua volta si ammala gravemente (sarà poi affetto da semisordità per tutta la vita).
Allora il padre, considerandolo non più atto alla vita di Corte, lo indirizza verso la carriera ecclesiastica; e a diciannove anni Pierre riceve la tonsura, senza peraltro avere la minima vocazione religiosa. La sua qualità di chierico gli varrà soltanto incarichi onorifici - come quello di cappellano del re -, laute prebende legate al possesso di varie canoniche, curie e priorati, e per finire l' onore di essere sepolto nella chiesa si Saint-Cosme, dove trascorre con il titolo di priore gli ultimi anni della sua vecchiaia. Ma torniamo indietro, per ritrovare il chierico ventenne, che prosegue i propri studi e comincia a scrivere i suoi primi versi. La malattia di Pierre è stata forse provvidenziale, consentendogli di trovare la sua vera vocazione di poeta, e anzitutto di poeta d' amore: Ronsard sarà ricordato attraverso i secoli come il poeta che ha cantato Cassandra, Marie, Hèlène: tre nomi che potrebbero riassumere la sua opera.
Ben poco si conosce della biografia di queste Muse e dei rapporti che esse ebbero realmente con il poeta. Della prima sappiamo che si chiamava Cassandra Salviati, che era la figlia di un ricco banchiere fiorentino stabilitosi nella Loira al Castello di Talcy, e che nel 1546 si sposò con Jean Peignè, signore di Pray. L' anno prima, quando la ragazza aveva appena quattordici anni, Ronsard, allora ventunenne, la incontrò per la prima volta a un ballo dato a Blois da Francesco I e fu abbagliato dalla bellezza di lei. Poi ebbe l' occasione di vederla qualche altra volta; comunque, ammesso che il poeta ne sia stato veramente innamorato, il loro amore rimase platonico. A Cassandra, Ronsard dedicò nel 1552 e 1553 due raccolte di poemi, di cui il primo, intitolato Les amours de Pierre de Ronsard Vendmois, reca in frontespizio i ritratti a mezzo busto del poeta barbuto e coronato d' alloro e della sua ispiratrice, riccioluta e ingemmata, che mette in mostra due bei seni tondi.
Claude Binet, contemporaneo e primo biografo di Ronsard, dubita della sincerità della sua passione: il poeta gli avrebbe confidato di aver voluto "celebrare Cassandra come Petrarca aveva fatto per la sua Laura, essendo innamorato soltanto del suo bel nome...". E infatti in questi suoi versi giovanili l' imitazione del Petrarca è vistosissima. Come Laura, Cassandra possiede tutte le bellezze, tutti i talenti e tutte le virtù; anzitutto il pudore, che le vieta di prestare ascolto al suo spasimante. Perciò il meschino ora tace, ora supplica, ora è di ghiaccio, ora è in fiamme, "cento volte muore e cento volte rinasce". Secondo i canoni della retorica manierista, Ronsard abusa delle metafore, delle iperboli, delle allegorie mitologiche, ispirandosi per queste ultime alla pittura e alle incisioni caratteristiche dell' Ecole dei Fontainebleau, per lo più ricalcate sulle opere di artisti italiani - come il Primaticcio, Rosso Fiorentino, Luca Penni - chiamati alla Corte di Francia da Francesco I e dai suoi successori. I suoi modelli sono la casta Diana che trasforma Atteone in cervo perchè il giovane ha osato contemplarla nuda, e una schiera di ninfe e di amadriadi dal collo di cigno, le reni opulente, le lunghe gambe affusolate: "allumeuses" provocanti nella loro nudità, ma dallo sguardo gelido e distante.
In due odi di queste prime raccolte (in particolare nella celebre "Mignonne, allons voir si la rose...") Ronsard tradisce tuttavia l' epicureismo che gli è congeniale e comincia a liberarsi dall' influenza petrarchesca. Dirà poi beffardamente che, quando ascoltava "le lamentose voci del Fiorentino", non poteva "contenere il riso". Affiora così la sua ambizione di distinguersi dal gregge degli imitatori degli italiani per diventare "il più grande poeta francese", coltivando non il genere aulico, ma "le beau style bas". Tuttavia sono proprio i sonetti manieristici dedicati a Cassandra che gli conquistano i favori della Corte. Molti di essi saranno messi in musica, contribuendo così alla sua popolarità. Nel Livre des Meslanges e nell' Abbrègè de l' art poètique, Ronsard aveva espresso il sogno - conforme alle idee dei neoplatonici - di risuscitare l' antica unione fra musica e poesia: sogno che si realizzò forse al di là delle sue stesse aspettative, poichè ben trecentocinquanta dei suoi poemi vennero trasformati in cantate, madrigali, sonate, ad opera di una quarantina di compositori. I primi furono suoi contemporanei, nomi oggi oscuri; ma nei secoli XIX e XX, il loro esempio fu seguito da compositori illustri come Wagner, Bizet, Gounod, Saint-Sans, fino a Honegger, Poulenc, Milhaud.
Nel 1555 compare nell' itinerario del poeta un' altra donna, di cui conosciamo solo il nome di battesimo: Marie. Era una giovane contadina dell' Anjou e aveva quindici anni quando Ronsard la conobbe; morì tragicamente circa tre anni dopo. Le odi riunite sotto il titolo Continuation des amours fanno supporre - benchè alcuni critici lo contestino - che fra i due sia esistita una relazione al tempo stesso sentimentale, carnale e giocosa. Il poeta, che "ha dimenticato l' arte di petrarcheggiare", si rivolge a Marie, il cui anagramma è "Aimer", dicendole senza perifrasi: "Amatemi dunque Marie / Fate per me ciò che il vostro nome promette (...) Cogliamo i piaceri della vita / Aggrappati l' una al collo dell' altro...". Con Marie irrompe nella poesia di Ronsard un mondo bucolico, nel quale echeggiano reminiscenze dei lirici greci e latini. Il ritratto della ragazza, a differenza di quello di Cassandra, ha già connotazioni naturalistiche: per descriverne le grazie, il poeta non ricorre più ad allegorie mitologiche, ma a metafore ispirate ai fiori, ai frutti, agli uccelli; le guance di Marie sono vermiglie come "una rosa di maggio", i suoi capelli capricciosamente inanellati sono "color della castagna".
Ronsard inventa teneri diminutivi, inconsueti nella lingua francese, per celebrare la sua "piccola brunetta". La chiama "la mia dolce primavera, il mio dolce fiore novello, il mio dolce piacere, la mia dolce colombella, il mio passerotto, la mia gentile tortorella"; ma anche "la mia dolce ribelle" e "il mio dolce inganno". Infatti Marie, un po' civetta, talvolta lo trascura "e se ne va a caccia / Per accalappiare un altro, come già aveva preso me". Tuttavia l' amante perdona queste scappatelle. Il tono dei loro dialoghi è quello del "badinage", che già anticipa Marivaux. In quegli anni la vena di Ronsard sa esprimersi anche su un registro comico o francamente libertino, come nel Livret des folastries, pubblicato in forma anonima: è una raccolta di "capricci", di cui si può trovar riscontro, sul piano delle arti plastiche, nei "grotteschi" messi in voga dagli italiani.
Marie sarà rapita dalla Parca implacabile all' amore del poeta, ciò che gli ispira le accorate odi Sur la mort de Marie. E arriviamo così al 1560, che segna una nuova svolta nella storia di Ronsard. Sotto la protezione di Caterina de' Medici, che vuole far rivivere i fasti del regno di Francesco I, Pierre diventa poeta di Corte. Contribuisce all' organizzazione e alla celebrazione di feste galanti (Elègies, mascarades et bergeries), scrive numerosi inni e epitaffi di circostanza per l' incoronazione di nuovi re, per nozze e funerali principeschi, e così pure poemi a sfondo morale o politico, come il Discours sur les misères de ce temps o la Remontrance au peuple de France, in attesa dell' ambiziosa Franciade, in quattro volumi, che non avrà successo. (La mostra della Bibliothèque nationale documenta molto bene la vita e i costumi alla Corte dei Valois attraverso una serie di ritratti di Francesco I e dei suoi successori, delicati disegni acquarellati di Clouet e dei suoi imitatori, guazzi, miniature, dipinti, arazzi e acqueforti, che evocano i balli, le mascherate, i tornei, le partite di caccia, la frivolità femminile con il tema ricorrente della donna al bagno o alla toilette, ma anche tragici episodi delle guerre di religione, come i massacri di Vassy o di Tours).
Tuttavia è nel genere elegiaco che Ronsard continua ad eccellere, con Le second livre des amour o i sonetti di Amours diverses, in cui il poeta francese torna a ispirarsi al Petrarca, piegandosi alla moda sempre imperante a Corte. Un posto preminente spetta ai Sonnets pour Hèlène, composti verosimilmente a partire dal 1571, ma pubblicati in volume solo nel 1584, alla vigilia della morte. Qui incontriamo Hèlène de Sourgères, l' ultima Musa di Ronsard, ormai canuto, sordo come una campana e sofferente di gotta. Damigella d' onore della regina, Hèlène è una giovane virtuosa, di cui il poeta fa la conoscenza al Louvre, che allora era uno dei palazzi reali. In un primo tempo Ronsard si atteggia a rispettoso adoratore, che vuole intrattenere con la fanciulla solo un rapporto di onesta amicizia. Ne esalta la bellezza di Venere "dal seno d' alabastro", ma soprattutto le qualità intellettuali e morali, che lo distolgono dalla tentazione della carne per fargli "contemplare il vero bene".
Il "Dèmon du midi" ha poi avuto il sopravvento e il vecchio poeta ha azzardato un gesto audace, provocando la ripulsa della damigella? Questi sonetti lo lascerebbero supporre, a meno che si tratti di pura finzione poetica. Comunque ce ne sono alcuni in cui la passione di Ronsard si esprime in modo grottesco: ad esempio, si scalda in seno un' arancia e un limone sottratti alla sua bella, e quando i due frutti sono quasi cotti dall' ardore della sua fiamma, lui li raffredda bagnandoli di lacrime... Lascia anche esplodere il suo rancore, quando chiede ad Amore di vendicarlo "cospargendo di spessa neve" le chiome della giovane crudele e trasformandola anzitempo in una vecchietta rattrappita. Di Hèlène, Ronsard ci ha lasciato però un ritratto stupendo, in cui la descrive pensierosa, il volto lievemente reclino, assorta in se stessa, ma pronta a scoraggiare l' intruso con un semplice aggrottar di ciglia. Alcune odi per Marie, alcuni sonetti per Hèlène sono di una modernità stupefacente: sembra di ascoltare Verlaine o addirittura Apollinaire.
Si capisce perciò l' entusiasmo dei romantici, che a tre secoli di distanza riscoprirono questo poeta. Ronsard sopravviverà per i suoi canzonieri d' amore, mentre le sue opere encomiastiche di poeta di Corte resteranno, con ogni probabilità dimenticate per sempre. Fonte
Edited by Milea - 8/8/2014, 19:28
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