| Federico Garcia Lorca Il mistero della morte
La sera del 16 luglio 1936 Federico Garcia Lorca salì sul vagone letto dell'espresso di Andalusia che lo avrebbe portato da Madrid alla sua Granada. Aveva deciso di raggiungere i genitori, la sorella Concha, moglie del sindaco socialista della città, e i tre nipotini. Voleva festeggiare con loro l'onomastico e poi trascorrere l'estate lontano dalla capitale dove la pressione politica dei nazionalisti e dei cattolici contro il governo del Fronte popolare (aveva vinto le elezioni tre mesi prima) si era fatta insostenibile. 18 luglio, san Federico, il giorno del golpe del generale Franco. Alle 5 e 15 le stazioni radio delle Canarie e del Marocco spagnolo lanciavano l'appello alla Spagna nazionalista e cattolica a ribellarsi alla Repubblica. Alle 21, radio Siviglia, in mano ai rivoltosi, annunciava che l'insurrezione della Falange stava trionfando dappertutto e che le colonne nazionaliste, sbarcate dal Marocco, avanzavano su Granada, Cordoba, Toledo puntando sulla capitale.
Era giunta l'ora della resa dei conti con la "canaglia marxista". Granada, città ricca di storia, di opere d' arte e di molteplici attività economiche e culturali, fu tra i primi avamposti della Spagna democratica a sperimentare la violenza del golpe. Il 20 luglio le bande armate falangiste entrarono in città. I primi a cadere sotto i loro colpi furono gli operai (Granada aveva circa 150.000 abitanti). Cinquemila persone furono immediatamente fucilate e iniziò la caccia ai sostenitori del governo. Militi della Falange giunsero sotto la casa di Garcia Lorca urlando minacce e lanciando contro il poeta triviali allusioni alla sua omosessualità. Il cognato fu tra i primi ad essere arrestato. Il crollo dell'Andalusia face pensare che l'alzamiento di Franco avrebbe provocato entro breve tempo la caduta della Repubblica. Non sarà così e la guerra civile durerà tre anni. Ma le motivazioni ideologiche che porteranno alla vittoria dei nazionalisti rimasero sempre quelle sperimentate anche a Granada per legittimare politicamente e "culturalmente" la brutalità e la ferocia della repressione contro i "rossi"; un inferno nel quale fu bruciato il più grande poeta della Spagna.
Eppure, il governo repubblicano non poteva certo definirsi rivoluzionario o "rosso". In varie occasioni, negli anni precedenti, aveva avuto (ad esempio durante la presidenza del liberale Garcia Lerroux) l'appoggio di ceti moderati, di cattolici liberali e perfino di sacerdoti. Certo, le elezioni di aprile avevano spostato più a sinistra l'asse della coalizione di centro-sinistra, e fu questo spostamento a spingere i fautori del colpo di Stato ad agire prima che fosse troppo tardi. Anche su istigazione italiana e tedesca (questo non va mai dimenticato), e cioè di Mussolini e di Hitler, si fece più intensa e odiosa la propaganda della destra spagnola.
Ma per capire meglio anche il clima che venne creato nei primi mesi del 1936 e per spiegare alcuni aspetti ancora oggi misteriosi dell'assassinio di Federico Garcia Lorca, non si deve sottovalutare l'apporto della propaganda religiosa e in particolare l'intervento di papa Pio XI che, mentre l'Andalusia era in fiamme, parlò "dell'odio veramente satanico" che i repubblicani al potere in Spagna nutrivano verso Dio. Da questo intreccio perverso Federico Garcia Lorca credette di potere restar fuori. Non essendo iscritto a nessun partito pensò, ingenuamente, che la sua ben nota collocazione a sinistra potesse essere vista soltanto come una scelta culturale. In verità, anche a sinistra era considerato soltanto un compagno di strada, come se la sua statura di poeta lo ponesse al di sopra delle contese politiche. Ma Garcia Lorca aveva da tempo fatto conoscere le sue idee con scritti, conferenze, pubbliche dichiarazioni, interviste ai giornali e alla radio. L'avvento in Spagna di una repubblica democratica e progressista fu finalmente, per Federico, il segnale della liberazione dall'egemonia di una borghesia nazionale proterva e reazionaria, la cui forza sociale era fondata sulla miseria e l'oppressione delle classi meno abbienti.
Questa netta "coscienza di classe" Federico, che pure era figlio di un proprietario terriero, l'aveva sentita rafforzarsi da tempo dentro di sé. Si era precisata durane il suo soggiorno a New York. Alla città dedicò versi indimenticabili. Ma lì aveva personalmente assistito al primo trauma della crisi economica capitalistica scoppiata nel 1929: panico e angoscia di uomini e donne improvvisamente impoveriti; suicidi di banchieri (di uno di questi che vide schiantarsi sul selciato a poca distanza da lui notò solo, con distacco, le mani grossolane), la ridicola orgia di ricchezze era finita nel nulla. Con questo carico di energie interiori, Garcia Lorca non avrebbe potuto non essere dalla parte dei "rossi" nella sua amata e cantata Spagna.
Era anche questa energia civile a renderlo amabile e a suscitare l'ammirazione dei suoi amici. Dirà di lui Luis Bunuel: "Di tutte le persone che ho conosciuto, Federico sta al primo posto. Non parlo del suo teatro, né della sua poesia, parlo di lui. Il capolavoro era lui. Aveva la passione, la gioia, la giovinezza. Era come una fiamma". "Garcia Lorca era un giovanotto brillante, elegante, con una presenza magnetica, incredibilmente attraente", così lo ha descritto recentemente Dan Franck, un indagatore dell'effervecenza artistica dell'Europa tra le due guerre. Federico affascinava quanti lo ascoltavano declamare i suoi versi accompagnandosi, benissimo, al pianoforte o alla chitarra. Certe volte, quando parlava, recitava, "i lineamenti di Federico", scriverà Salvador Dalì, "solitamente non belli, si aureolavano all'improvviso di una bellezza sconosciuta". Era turbato soltanto dall'idea della morte; ma riusciva a mimare, come se rendesse animati certi suoi versi, anche gli ultimi istanti di una vita che si spegne. E a Granada, nei giorni delle violenze dei falangisti e di quanti si atteggiavano a restauratori dell'ordine e della religione, ebbe la percezione di un imminente pericolo mortale. Il 22 luglio, verso sera, vide due individui che si aggiravano davanti al giardino della sua casa. Il giorno dopo gli fu consegnata una lettera anonima dove veniva definito "parassita immondo e pericoloso".
Per tutto il pomeriggio fu visto da una sua cugina profondamente assorto, "seduto accanto alla finestra, immobile e pallido. Non parlava e sembrava attendere qualcosa che noi speravamo non accadesse mai, il cui pensiero però ci prendeva la gola". Il 23 luglio i due figuri ricomparvero: entrarono nella casa vicina alla villa dei Lorca e cominciarono a chiedere i documenti degli abitanti, poi passarono alla villa. Federico cercò di protestare ma fu schiaffeggiato e apostrofato: "Ti conviene star buono. Ti conosciamo, Federico Garcia Lorca!".
Erano in molti, a Granada e in tutta la Spagna, a non aver dimenticato quella che, nel mistero che ancora avvolge l'assassinio di Garcia Lorca, penso sia stata la causa ideologica più profonda e culturalmente più grave: l'aver egli giudicato con disprezzo la Reconquista, la caduta della Granada araba nel 1492 nelle mani di due sovrani fanatici, Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia, e la successiva espulsione degli ebrei, la distruzione di una civiltà impareggiabile e la creazione di "una terra desolata popolata dalla più squallida borghesia". Parole di fuoco. Federico aveva avuto il coraggio di contestare uno dei fondamenti storici ideali della Spagna; anzi, il fondamento di quella Tradizione di grandezza e identità nel cui nome era avvenuto l'alzamiento di Franco ed era stato lanciato l'anatema del pontefice di Roma nei confronti dell'Anticristo, del governo repubblicano e del capo dello Stato, Manuel Azana, eletto democraticamente nel 1936. Per comprendere meglio quale sia stata la pericolosità del giudizio storico, peraltro impeccabile, di Garcia Lorca si pensi che uno degli ultimi atti del pontificato di Wojtila è stato di proporre la beatificazione di Isabella (ma finora l'operazione non è riuscita). è la conferma che questa pagina della storia di Spagna può ancora dividere gli spagnoli. Intanto, a Granada il cerchio cominciava a stringersi intorno al poeta. Altri elementi si aggiungevano alle minacce personali che Federico riceveva.
Secondo la testimonianza della bambinaia dei nipotini, degli individui erano nuovamente entrati in casa e dopo aver malmenato il poeta lo avevano lasciato gridandogli maricon, invertito. A questo punto Garcia Lorca pensò di chiedere la protezione di amici che, pur appartenendo alla destra, erano conosciuti come moderati. Tra questi vi erano Miguel e Luis Rosales. Luis, anch' egli poeta, nel 1966 raccontò che il 5 agosto ricevette una telefonata da Federico. "Mi disse che era preoccupato e mi pregò di recarmi a casa sua. Ci andai. Mi spiegò che durante la giornata si erano presentati per due volte certi tizi che lo avevano minacciato e avevano rovistato tra i suoi documenti personali". Rosales gli suggerì di cercare rifugio presso il compositore Manuel de Falla che abitava a Granada, ma Federico gli disse di avere litigato con de Falla a proposito della Oda al Sanctisimo Sacramento che egli aveva dedicato al musicista: "Si trattava di una composizione poco ortodossa che de Falla, cattolicissimo, non aveva gradito". Rosales si offrì di ospitarlo a casa propria e Federico vi si trasferì il giorno stesso. Vi resterà appena una settimana. Nel pomeriggio del 16 agosto un gruppo di falangisti si presentò dai Rosales per arrestare Garcia Lorca. L'operazione era stata preparata dal capo della Falange Ruiz Alonso che mostrò a Miguel Rosales il mandato di cattura firmato dal locale governatore civile. Alle domande di Miguel, Alonso rispose seccamente: "Ha fatto più danno lui con la penna che altri con le armi". E tagliò corto aggiungendo che Federico Garcia Lorca era un "agente russo".
Che cosa sia accaduto a Garcia Lorca tra il 16 e il 18 agosto è ancora oggi un mistero. La Spagna ufficiale ha sempre taciuto e gli storici hanno avuto a disposizione pochi documenti e contrastanti testimonianze raccolte nel corso degli anni. Nel 1961, nella prima ricostruzione storica della guerra civile spagnola di Hugh Thomas solo poche righe sono dedicate all'assassinio di Garcia Lorca: "Può darsi che a trucidarlo siano stati i falangisti; ma può anche darsi che siano state le guardie civili, le cui anime il poeta aveva un giorno paragonato al rozzo tessuto delle uniformi che indossavano. La sola cosa certa è che il grande poeta giace in una fossa comune in qualche parte sperduta della provincia di Granada". E Thomas aggiungeva in una nota: "Non si può completamente scartare l'ipotesi che l'assassinio di Garcia Lorca sia stato la vendetta di un poetastro della Falange". Ma molti sono stati i tentativi di conoscere esattamente le ultime ore di vita di Garcia Lorca. La notizia del suo arresto percorse come un brivido la terrorizzata Granada. Qualcuno cercò di intervenire direttamente presso il governatore civile José Valdés. Proprio Manuel de Falla fu tra i primi a intercedere. Fu tutto inutile. Secondo l'attendibile ricerca condotta nel 1972 da Ian Gibson, storico irlandese della letteratura spagnola, Valdés aveva dato l'ordine di fucilare Lorca la sera del 18 agosto. Pare che lo stesso Valdés avesse comunicato la decisione al suo diretto superiore, generale Gonzalo Queipo de Llano, uno del promotori del golpe del 18 luglio. Il generale suggerì sibillinamente di dare a Garcia Lorca del caffè, "molto caffè". Nella notte tra il 18 e il 19 agosto 1936, un'auto prelevò il poeta dalla sede del governatorato. Fu portato insieme ad altri tre compagni di sventura (uno era un maestro elementare) poco fuori Granada, a Fuente Grande. Un luogo di acque limpide, mosse da polle sotterranee, cantato dai poeti islamici medievali come "Ainadamar", fontana delle lacrime. I prigionieri avevano le mani legate gli uni agli altri. Pare siano stati abbattuti con un colpo alla nuca e seppelliti sul posto. Federico Garcia Lorca aveva trentotto anni. Fonte
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