Tintoretto, La presentazione di Maria al Tempio, Venezia, chiesa della Madonna dell'Orto (1552-56)

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tintoretto_apertura
Tintoretto, La presentazione di Maria al Tempio
olio su tela, 429x480 cm (1552-56)
Venezia, chiesa della Madonna dell'Orto




Il nostro viaggio è iniziato con una porta: la soglia del Parnaso di Paul Klee. Finisce con una scala. La scala dai gradini luccicanti d’oro che molti anni fa Jacomo Robusti detto Tintoretto mi ha invitato a salire – con umiltà ma senza paura, come la piccola protagonista della sua tela.
Dalla Pasqua del 1556, la tela è appesa nella chiesa della Madonna dell’Orto, a Venezia. A qualche metro dal suolo, emana una luce propria nella penombra della navata. In origine era divisa in due parti, identiche, che foderavano gli sportelli dell’organo. Nel XVI secolo la Madonna dell’Orto era la chiesa di un monastero di monaci intellettuali e musicisti. I notabili ci si sposavano e ci si facevano seppellire; gli altri ci ascoltavano i predicatori e i concerti. Ma quando le ante si schiudevano e l’organo suonava, il dipinto non si vedeva più. “Suonava” nel silenzio: aveva la stessa funzione mistica della musica.

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La presentazione di Maria al tempio è stata la mia porta d’ingresso nel Museo del Mondo.
L’emozione indelebile di quella visione ha alimentato la mia sete d’arte e di artisti, e una ricerca potenzialmente infinita. Da allora, frequento la bottega di Tintoretto (così soprannominato per il mestiere del padre e l’esigua statura). Aveva un “terribile cervello”, ovvero una mente geniale, un carattere ispido come i ricci della sua barba, e non accettava in bottega garzoni cui dover insegnare i rudimenti della pittura. Solo lavoranti già capaci di fargli da assistenti. Fece un’eccezione per la figlia e i figli, ma questa è un’altra storia - e l’ho raccontata altrove. I genitori si ereditano, i maestri si cercano e poi si scelgono – e così Tintoretto è diventato il mio.

Fu incaricato di dipingere La presentazione di Maria nel 1548
, per 5 scudi, 1 botte di vino e 2 stare di farina: aveva 29 anni, talento prepotente e sconfinata ambizione. Con la volontà feroce degli autodidatti, aveva assimilato la maniera di Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Giulio Romano, ma non aveva ancora elaborato una propria lingua e liberato la sua originalità. Però nello stesso 1548 si affermò come il pittore più promettente della nuova generazione, e ignorò la commissione. Nel 1551 ridiscusse il contratto, come farebbe un calciatore nel frattempo richiesto da squadre più blasonate, e riuscì a strappare un aumento. Tintoretto, di inesauribile immaginazione ed energia, seminò fino alla morte centinaia di quadri negli edifici pubblici di Venezia:La Presentazione di Maria fu l’unico che riscosse entusiasmo unanime. Perfino i suoi detrattori, che lo biasimavano come sbrigativo mestierante, ammirarono la raffinata armonia della composizione, la plasticità delle figure, il gioco del chiaroscuro, la qualità del disegno e del colore.

Illustra un episodio dei Vangeli apocrifi e della Legenda Aurea.
Anna e Gioacchino hanno consacrato a Dio la loro tardiva figlia Maria: verso i 5 anni la conducono al Tempio di Gerusalemme, dove sarà educata con altre vergini. Tinto-retto omette i genitori e fa della bambina il fulcro dell’immagine. Sintetizza la città nella folla e riduce l’architettura dell’edificio all’imponente scala di 15 gradini, vista con prospettiva dal basso – la stessa dello spettatore. Costringendolo a muovere gli occhi per seguire la bambina, mette in movimento la scala stessa, e lo coinvolge nella scena. L’oro sparso sui gradini barbaglia una luce calda e avvolgente di prodigio. La figuretta esile di Maria si staglia in controluce. Allo spettacolo assistono storpi e mendicanti (risucchiati nell’ombra ma resi in scorci virtuosistici), scribi, signori e soprattutto donne. Una processione di velate coi ceri avanza dal fondo; le altre (con le figlie tra le braccia o al seno) formano una specie di coro, sul proscenio. Una sinfonia femminile di donne di ogni età – lattanti, bimbe, adolescenti, madri, anziane – come se il quadro fosse una meditazione sul loro ruolo, e destino. Scelta singolare per il telero della chiesa di un monastero maschile. Ancora più singolare la figura al centro dell’immagine – la bionda di spalle, col piede sollevato. Un piede scalzo in una chiesa, cinquant’anni prima di Caravaggio.

I pittori ideavano i propri quadri rielaborando quelli con lo stesso soggetto che avevano visto dal vero o su riproduzioni a stampa. Tintoretto tenne presente quelli di Tiziano e di Daniele da Volterra, allievo di Michelangelo. Ma la monumentale donna con la spalla nuda è una sua invenzione. La donna e la figlia accanto a lei – con gli abiti e l’acconciatura delle veneziane del ’500 – sono dipinte con tale tenerezza e verosimiglianza che subito si generò la leggenda che rappresentassero l’amante del pittore e la sua diletta figlia. Tintoretto aveva davvero avuto una bambina, in quegli anni: Marietta – la piccola Maria. È un’ipotesi possibile, perfino probabile. Ma ciò che conta è che Tintoretto offrì a loro il ruolo- chiave del quadro: non al sacerdote né ai santi genitori né alle vergini ebree né ai committenti né a se stesso. Mediatrici fra gli spettatori e la storia sacra, testimoni e guide sono una donna qualunque e sua figlia. In pittura e nella vita, Tintoretto era un temerario, e un uomo libero.

Maria sale, con grazia, verso il sacerdote barbuto che l’aspetta in cima alla scala.
Il suo ingresso nel Tempio permette l’inizio della salvezza dell’umanità. Maria è unica, irripetibile. Infatti è sola, ritagliata contro un cielo di nuvole. Ma la donna la indica a esempio alla figlia – perché anche lei accetti il suo destino e lo compia. Così il quadro, al di là del significato teologico, che Tintoretto tradusse con esemplare fedeltà, finisce per diventare altro. Un’epifania malinconica del mestiere di genitore, e di maestro. Che può solo accompagnare con amore il figlio (la figlia) ai piedi della scala, in cima alla quale lo (la) attende il futuro. L’età adulta, il compimento di una vocazione, la felicità o il dolore. La scala è ripida, nessuno può aiutarci ad affrontarla. Tocca a noi trovare il coraggio di avviarci lassù – qualunque cosa ci attenda. Melania Mazzucco






Edited by Milea - 4/8/2021, 21:25
 
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view post Posted on 27/12/2013, 17:49     +3   +1   -1
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Tintoretto, armonia e
chiaroscuro: il maestro della luce




La-deposizione
La deposizione



Pietro Aretino, insigne scrittore e amico di pittori, ebbe rapporti difficili con Tintoretto e scrisse della "tristizia e follia" di Jacopo Robusti (1518-1594): nato a Venezia aveva preso nome dal padre tintore, nella cui bottega imparò a maneggiare tessuti preziosi, a valutare i pigmenti dei velluti, carezzando sotto la luce la tessitura marezzata delle sete. E in quella bottega cominciò a disegnare sulle pareti col carboncino. Il padre lo mandò da Tiziano e per qualche tempo ci rimase. A soli diciotto anni fu ammesso nella Fraglia dei pittori.

tintoretto_pittore_dettaglio

Così la leggenda nasce e Tintoretto, passo dopo passo, diviene, alla morte di Tiziano nel 1567, il più celebre pittore di Venezia. Ne prese il posto con il piglio, il talento, l' anticonformismo plastico e illusionistico che ne segnarono l' opera: ebbe per committenti la chiesa, la Serenissima, il patriziato veneto, i Gonzaga, i Fugger, l' imperatore Rodolfo II e Filippo II di Spagna, ma fu anche devoto delle confraternite a cominciare da quella di San Rocco di cui fu membro, e per la quale dipinse uno spettacoloso ciclo di teleri. La mostra Tintoretto alle Scuderie del Quirinale fino al 10 giugno, (a cura di Vittorio Sgarbi, commissario Giovanni Morello, coordinamento del catalogo Skira G. C. F. Villa, testi in mostra di Melania Mazzucco, autrice di una monumentale biografia dedicata al pittore e allestimento di M. De Lucchi), offre una rassegna in cui suonano tutti i tasti di un prodigioso talento: pittura di storia e mitologica, religiosa e profana, ritratti. Fanno corona tele di Tiziano, Schiavone, Parmigianino, Sustris, El Greco, i Veronese, i Bassano e lo scultore Vittoria.

«Il disegno di Michelangelo e il colorito di Tiziano», scrisse Carlo Ridolfi suo primo biografo, e, nella sua icasticità, l' immagine è felice: perché a Tintoretto riuscì di coniugare le scuola tosco-romana con quella veneziana. Il Miracolo dello schiavo (1547-8) che ci accoglie al primo piano, con le sue monumentali dimensioni, 4 metri per oltre 5, squaderna teatralità e drammaticità: il telero è il primo che dipinse per la Scuola Grande di San Marco. Il santo, circonfuso di luce, piomba dal cielo sullo schiavo destinato al martirio, circondato dai carnefici e da una folla di astanti in abiti sfarzosi o nudi. Le brusche torsioni dei corpi, gli avvitamenti e gli scorci sono come amalgamati nella scena in unità plastica, dove la luce gioca un ruolo essenziale nel modellare la scena, e in cui la "maniera" convive con un accentuato michelangiolismo ben evidente nel nudo in primo piano sulla destra.

"La prestezza del fatto", cioè la velocità del suo pennello, stigmatizzata da Aretino, qui diventa qualità stilistica. In Susanna e i vecchioni (1555 c.) l' eco tizianesco rintocca, l' artificio dello specchio dilata lo spazio, mentre la luce carezza le morbide forme della bionda fanciulla immersa in un paesaggio incantato: la storia, tratta dall' Antico Testamento, assume sapore profano per l' insistita sensualità della scena disseminata di mirabili dettagli in primo piano: altro che "prestezza del fatto". Un tono felicemente favolistico ha la Creazione degli animali (15503). Assai più numerose le storie della vita di Cristo: Jacopo, concluso il Concilio di Trento, riuscì a mediare nel suo programma iconografico tra Riforma e Controriforma, fu accorto e non incappò nell' Inquisizione, che non risparmiò invece colleghi come Paolo Veronese. In San Giorgio e il drago (1553-5) il paesaggio assume un rilievo particolare, così in Santa Maria egiziaca e Santa Maria leggente (1582-83), tele verticali. Jacopo compone avvalendosi di maquette da scena teatrale, con le figure modellate in cera o creta. In studio si serve di modelli maschili e femminili e li mette in posa, poi li veste perché assumano le forme desiderate che gli consentano d' approdare al suo "realismo" plastico.


La-crocifissione
La crocifissione



A volte viene di pensare quanto Delacroix abbia attinto a lui e Jean-Paul Sartre, la cui monografia sul nostro è stata edita da Marinotti, l' aveva intuito. L' influenza che Jacopo Sansovino scultore e architetto eserciterà sulle sue composizioni, è evidente nel Trafugamento del corpo di San Marco (1562-6) in cui la scena architettonica ha una valenza essenziale, e contiene il gruppo che regge il corpo inanimato del santo, ma vigoroso nelle membra michelangiolesche. A Sansovino rese omaggio nel ritratto (1565) che qui si vede. Altre volte attinge liberamente e senza inibizioni alle incisioni del trattato di Serlio, testo che faceva parte della sua biblioteca. L' Ultima cena proveniente dalla chiesa di San Polo (15745) restaurata, e la successiva di un decennio, di San Trovaso, sono un momento altamente significativo della mostra, per la straordinaria dinamicità delle composizioni e per il diretto confronto. È assente, hélas, quella di San Giorgio Maggiore: così come bello sarebbe stato avere accanto all' Annunciazione (1558) di Tiziano, così composta, quella di Tintoretto così drammatica, in cui l' angelo irrompe con una schiera di angeli su Maria ed essa ne è spaventata. Tintoretto dipinse direttamente sulla tela, di qui molti pentimenti, e usa un' imprimitura scura che diviene parte della cromia della tele. Fu sommo ritrattista: malgrado il grande veggente Roberto Longhi lo sbeffeggi - anche Omero sonnecchia - i suoi autoritratti da giovane (1547) e da vecchio (1587), quello a figura intera del Venier, quelli di tre quarti di numerosi membri del patriziato veneto lo confermano. A chi gli chiedeva quali fossero i più bei colori disse: «Il bianco e il nero, perché l' uno dava forza alle figure profondando le ombre, l' altro il rilievo» (Ridolfi). Un risposta alla Malevic. Fonte


Susanna-e-i-vecchioni
Susanna e i vecchioni



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La nascita di San Giovanni Battista



Le-nozze-di-Cana

Le nozze di Cana


Gesu-Cristo-in-casa-di-Marta-e-Maria
Gesù Cristo in casa di Marta e Maria







Edited by Milea - 4/8/2021, 21:23
 
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