| Mangiare da pirla: la Milano di Enrico Bertolino Il comico meneghino Doc nel suo libro Pirla con me ironizza su stereotipi, e amare verità, dei milanesi a tavola. Ma fra sushi e happy hour ci svela i suoi luoghi del cuore. Dove mangiare brasiliano
La presentazione del libro in occasione del Garden Souk a L'Albereta Relais & Chateaux
Da Milano si può guarire, parola di Enrico Bertolino, milanese Doc e autore del libro Pirla con me. Una dichiarazione di odio per una città che vive male e di fretta, e di amore per ciò che non cambierà mai, perché scritto nel DNA dei suoi cittadini.
A Milano il motto Lavoro-Guadagno-Spendo-Pretendo – vale sempre anche a tavola. Fra sushi, kebab e trani (osterie) della Vecchia Milano che scompaiono, Bertolino prende in giro le nuove e vecchie abitudini della capitale economica d'Italia, dal pranzo in 10 minuti al rito della prenotazione. Nonostante questo, Milano ha ancora i suoi angoli magici e ristoranti dove vale la pena di andare. Come quelli che consiglia il comico a Vanity Food: brasiliani in testa. Perché è lì che lo porta il cuore.
“A Milano si mangia per non morire e se possibile lo si fa in poco tempo e senza rompere le palle a nessuno”. Testuali parole. Bei tempi quelli della schiscetta o dell'oss bùs cont el risott giald (due volte a settimana anche a luglio), oggi i milanesi si nutrono facendo tre o quattro cose contemporaneamente, mangiano panini straboccanti con in mano il Sole 24 Ore o mangiano chini su enormi insalatone dagli ingredienti sconosciuti. Sempre in meno tempo, tanto che oramai, schiavi di Tempo, Traffico e Telefono, in “molti innaffiano l'insalatona direttamente con caffè e al posto del sale usano direttamente il Dietor”.
Ma se il pranzo è solo un apostrofo indigesto, la cena un rito. Una liturgia che prevede la prenotazione, obbligatoria, un conto salatissimo e fatica, per trovare parcheggio o per stare seduti in tavoli talmente vicini da essere disposti a castello. “Bisogna sempre andare dove fingono di riconoscerti come cliente abituale e ci si deve scannare, elegantemente, per chi paga il conto. Il milanese cerca le trattorie fuori porta, quelle con davanti parcheggiati i camion, nella speranza di mangiare bene e spendere poco, ma a casa è etnico e vive a cinese e sushi take-away. Insomma, la Milano da bere ci ha rovinato?
Enrico Bertolino, Francesca Senette, Carmen Moretti de Rosa durante l'evento a L'Albereta
Lo chiediamo direttamente all'autore, durante la presentazione del suo libro al Green Garden Souk di beneficenza organizzato dal Relais & Chateaux L'Albereta di Erbusco (quello di Gualtiero Marchesi, in Franciacorta), dove sono intervenuti insieme all'organizzatrice Carmen Moretti de Rosa, padrona di casa, anche volti noti della Tv, come Francesca Senette, e Csaba dalla Zorza, nelle vesti di esperta di ricevere con stile.
Ci sono ancora dei posti che vale la pena di frequentare a Milano? Cambiare è bello, quanto trovare però qualcosa che è sempre uguale, come la Trattoria di Mario Arlati, vicino alla Bicocca. La sua saletta al piano di sotto è sempre la stessa dei tempi in cui si riunivano Abatantuono, Boldi e Teocoli. Con il biliardo, cupa, da artisti, dove suona dixieland l'orchestrina degli anestesisti del CTO. Cucinano da sempre le stesse cose, i nervetti con cipolla, il riso al salto, i salumi nostrani con i sottoli, lo stinco di vitello.
Un luogo poco alla moda, e i ristoranti trendy della città? Il pericolo a Milano è la moda, che inflaziona anche i ristoranti migliori e ti obbliga ad andare a mangiare anche quello che magari non ti piace. Alcuni milanesi vanno a mangiare alla Risacca 6, mentre la Risacca 2 è molto meglio ed è pure meno cara, ma alla 6 ci va il presidente del Milan. Non si può andare in un ristorante solo perché ci va qualcuno, ma perché si mangia bene.
E lei non ci va in ristoranti frequentati da interisti? No, paradossalmente no perché andavano in ristoranti come l'Assassino, che fanno parte di una tradizione culinaria che non mi appartiene. Perché se devo andare a mangiare una lasagna vorrei che fosse fatta da mia madre!
Il quartiere Isola, dove ha sempre abitato, conserva ancora il suo fascino? In Isola stanno nascendo luoghi del cibo interessanti, come Il primo posto, un nuovo ristorante di due ragazzi sardi, legati alla tradizione della Sardegna di Sant'Antioco e di Carloforte, usano molta bottarga, i sapori decisi. Hanno vini di eccellenza e sperimentano come la mitica parmigiana di spada e formaggio. E poi il giardino de Il Borghetto, zona Greco, un luogo magico, a ridosso della ferrovia, dove però puoi mangiare le patate erotiche.
Nervetti, patate, lasagne... niente di nuovo? Nel libro ironizzo su sushi e kebab, ma amo molto la cucina etnica. Bisogna andare a mangiare il meglio del meglio, sempre. Spesso i ristoranti cinesi sono per coppie che si stanno separando, mezzo vuoti, tristi, ma ad esempio il Tahua è un ristorante cinese diverso dagli altri, dove hanno applicato i concetti della nouvelle cuisine applicata alla tradizione del Sol Levante. E poi il Barbacoa, cucina brasiliana, una churrascheria che apprezzo molto, di qualità.
Bisogna fare un passo indietro, e spiegare il motivo di questa predilezione e di tanta competenza sulla scena della ristorazione brasiliana a Milano. Bertolino è sposato con Edna, una ragazza brasiliana, e da anni è socio sostenitore dell'associazione Vida a Pititinga, ONLUS meritoria che negli anni sta riportando alla vita, per l'appunto, il villaggio di Pititinga, nel Nord-Est del Brasile.
In Brasile, grazie a lui e al sostegno di FC Inter e di tanti artisti come lui sono arrivate una scuola, un ospedale, un centro ricreativo e una scuola di calcio, ma di quel Paese in Italia Bertolino vorrebbe portare qui le “comida por chilo”, ossia dei ristoranti con la carta del giorno, positivamente familiari, dove ci si serve e si paga a peso la propria cena. “In Brasile sono popolarissimi, e avrebbero un grande successo anche in Italia”, è pronto a giurare Enrico al termine dell'intervista. Fonte
Enrico Bertolino con Csaba dalla Zorza
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