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Nemrut Dagi
Turchia, Anatolia orientale
Nel febbraio 2003, l’archeologo turco Mahamud Arslan ha reso nota la scoperta della camera tombale di Antioco I, re di Commagene, all’interno del tumulo di pietra sulla sommità del monte Nemrut, a 2206 metri di altitudine. Prima di Arslan e del suo team, composto da una quarantina di archeologi e geologi, erano stati molti gli studiosi a tentare, invano, di violare quel tumulo di pietre alto 50 metri e del diametro di 150.
Solo le più moderne tecnologie hanno permesso di raggiungere la camera quadrangolare scavata nella roccia viva e racchiusa al suo interno. Qui sono stati rinvenuti tre sarcofagi contenenti i resti di Antioco I, di suo padre Mitridate Callinico e di un altro personaggio non identificato. Grazie a questa scoperta si è potuto aggiungere un tassello fondamentale alla comprensione di uno dei luoghi più misteriosi della Turchia. Individuato alla fine dell’Ottocento da un geologo alle dipendenze degli ottomani, Nemrut Dagi -in posizione spettacolare su un picco dei monti del Tauro, in Anatolia orientale- faceva emergere dalle pieghe della storia la megalomane personalità di re Antioco I.
Nato nel l’80 a.C. dalla frammentazione dell’impero selgiuchide, sorto a sua volta sulle ceneri di quello di Alessandro Magno, il regno di Commagene faceva da cuscinetto tra le aree controllate dai romani e l’impero persiano. Il suo fondatore, Mitridate Callinico, si alleò con Roma, ma quando, nel 69 a.C., salì al trono suo figlio Antioco I, questi credette di poter sopravvivere in piena indipendenza attuando una politica delatoria filo persiana pur ostentando amicizie con i romani.
Antioco I si era costruito una genealogia che lo faceva discendere dagli dei dell’Olimpo e da Alessandro Magno. Ma a nulla gli valsero le millantate parentele: dopo di lui, i re di Commagene non furono che fantocci dei romani e nel 72 d.C. l’imperatore Vespasiano mise fine a quella burla incorporando il regno nella provincia di Siria.
A giudicare dai superbi templi e dal tumulo (Hierotheseion) che si fece costruire a Nemrut Dagi, Antioco I si considerava un grande sovrano. Sul sito ha lasciato una lunga iscrizione (il Nomos, composto da 217 righe di testo), dalla quale si deducono sia le sue pretese di divinità, sia quelle di conservare il suo regno per l’eternità. Accanto al tumulo sorgono piattaforme scavate nella roccia. Di quella posta a nord, che serviva da alloggio per i sacerdoti, si sono conservate le pietre che la delimitano, mentre i bassorilievi che le ornavano sono stati cancellati dall’azione del tempo. Sono monumentali, invece, quelle a est e a ovest, due complessi templari aperti: in ognuna di esse si trovano i resti di cinque maestose statue.
Oltre che per le grandi dimensioni (erano formate da blocchi di pietra di 8 tonnellate ciascuno, oggi sparpagliati al suolo e si elevano per circa 8-10 metri), destano interesse per l’iconografia, in cui è evidente il sincretismo fra le divinità greche e persiane. In entrambe le piattaforme sono rappresentati Zeus, associato con il persiano Ahura Mazda, Apollo-Mitra, Eracle-Atagnes, Tyche (la dea della fertilità di Commagene) e lo stesso Antioco I. Le loro teste, che ora si ergono sul terreno, sono sormontate da tiare persiane, così come persiana è la foggia degli abiti nelle scene rappresentate sui bassorilievi delle piattaforme, che illustrano l’incontro tra le divinità e il sovrano.
Ma, al di là della spettacolarità dei volti divini in un contesto paesaggistico di grande suggestione,la figura più enigmatica di Nemrut Dagi è quella del leone scolpito sulla piattaforma ovest. Sul manto del felino ci sono 19 stelle, sul collo vi è una Luna crescente, mentre sul dorso vi sono i pianeti Marte, Giove e Mercurio. Secondo gli studiosi quel bassorilievo ha un preciso significato astronomico, interpretandone i vari elementi, si è arrivati alla conclusione che esso rappresenti una data, il 7 luglio del 62 a.C.: forse il giorno in cui Antioco I aveva concepito la folle idea della sua immortalità.
Eracle, a sinistra, e Mitridate si salutano in un bassorilievo di Nemrut Dagi. La confidenza con grandi eroi e re era un tema comune di questi rilievi: con ciò, i sovrani di Commagene intendevano celare in parte, la loro dipendenza da Roma.
(M.@rt)
Edited by Milea - 26/9/2021, 23:01
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