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Tamara de Lempicka Portrait du marquis d'Affitto, 1925 (Ritratto del marchese d’Affitto) olio su tela, 82,6x132,5 cm Collezione privata, courtesy Marlborough International Fine Art
Il dipinto fu esposto per la prima volta alla mostra milanese del 1925, e riprodotto in catalogo, riscuotendo in quell’occasione il plauso del recensore del “Secolo” e del “Kurier Polski”. E’ uno dei ritratti più intensi e riusciti di quell’anno, in cui la Lempicka raggiunge una cifra stilistica impareggiabile e personale, condensando lo studio di vari autori del passato in una figurazione nuova, personale e moderna. La composizione è giocata sulla compresenza di un linguaggio astratto, decorativo, con il realismo della figura umana; lo sfondo sembra un intaglio su legno di chiome d’alberi stilizzate come nuvole, nella parte di sinistra i piani curvi che si intersecano nelle varie sfumature di verde, ricordano il profilo di palme mediterranee.
In questo paesaggio sintetizzato e allusivo all’origine italiana e meridionale del modello, si colloca con l’imponenza di un’antica statua romana la figura del marchese, giovane Marforio degli anni Venti, un Marte botticelliano in riposo. Studi e ricordi che la Lempicka trasforma in un icona dell’eleganza e del dandismo moderni: il volto è dominato da una maschera violacea, lo sguardo è atteggiato e rubato a un divo del cinema, i capelli lucidi di brillantina, il nobile naso aquilino messo in evidenza, il corpo scultoreo rivestito di un elegante abito blu, da cui emerge lo sparato bianco.
La compresenza di elementi astratti e forme realiste non fu apprezzata da Pietro Torriano che nel suo articolo del dicembre 1925 in cui recensisce la mostra di Milano, scrive: “L’austera virtù delle forme astratte e delle linee pure appare qui illanguidita e profanata in contatti terreni, mescolata a volti umani e a forme reali con connubi e risultati ambigui che hanno non so che di morbidezza raffinata e malsana. Insomma troppo più snobismo che arte vera.”
Pietro Torriano, Cronache milanesi Tamara de Lempicka, in "Emporium" dicembre 1925, p. 402; Roma Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte
Disorientato dall’ “esperanto” artistico che la Lempicka usa con disinvoltura, Torriano non apprezza la capacità di sintesi dell’artista, che nell’impostare questo ritratto sembra anche seguire molti degli insegnamenti di Ingres. Ritroviamo qui l’auspicata calma frigida, la resa scultorea della figura (“Non dobbiamo procedere materialmente come gli scultori, tuttavia dobbiamo fare della pittura scultorea”), la gamma cromatica ridotta, pochi colori in uno stesso quadro, declinati in tutte le loro sfumature. (M.@rt)
Edited by Milea - 2/8/2021, 09:40
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