Cap.18 - Le mie vie non sono le vostre vie

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Milea
view post Posted on 23/9/2010, 16:46 by: Milea     +1   -1
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Cap.18 - Le mie vie non sono le vostre vie


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«Le mie vie non sono le vostre vie»E' questa la frase biblica che viene in mente leggendo il capitolo XVIII. Immaginiamo il nostro autore che, con sguardo bonario, descrive il precipitare degli eventi totalmente a danno dei nostri infelici e, apparentemente, a favore della perfida mediocrità di don Rodrigo: Renzo è ufficialmente ricercato in tutto il territorio milanese come un agitatore; padre Cristoforo, che ha osato minacciare il signorotto, viene trasferito grazie alle manovre del cugino Attilio; Lucia è sola senza la madre Agnese che ha deciso di tornare al paesello… L'unico ostacolo è il monastero di Monza dove la giovane è protetta in modo più che sicuro, a meno che… a meno che il nostro signorotto non si adatti, a suo rischio e pericolo, a chiedere l'intervento di quello che sarà poi chiamato “ l'innominato, un uomo o un diavolo, per cui la difficoltà dell'imprese era spesso uno stimolo a prenderle sopra di sé.“

Per don Rodrigo la cosa all'inizio, prima che i singoli tasselli della vicenda concorrano a “mettergli il diavolo addosso”, è un po' macchinosa e complicata; e a questo proposito Manzoni attribuisce all'anonimo secentista la considerazione che “la strada dell'iniquità (…) è larga; ma questo non vuol dire che sia comoda: ha i suoi buoni intoppi, i suoi passi scabrosi; è noiosa la sua parte, e faticosa, benché vada all'ingiù.” Intervento questo che l'autore non vuole attribuire a sé per non appesantire la narrazione, ma che condivide in pieno; e ce lo vuole comunicare quasi a ricordarci che nel male, come nel bene, le nostre scelte conoscono sempre dei momenti di difficoltà… e allora val la pena tentare di seguire la via del bene e consegnare con piena fiducia queste difficoltà a Dio che saprà condurre tutto a buon fine: paradossalmente, anche il male.
Ma poi la strada, apparentemente, si appiana per don Rodrigo, quasi più preoccupato per le impertinenze del cugino Attilio e dei comuni amici informati della vicenda, che della passioncella per Lucia; meglio, per usare le parole di Manzoni: “Tante circostanze favorevoli al suo disegno infiammavano sempre più la sua passione, cioè quel misto di puntiglio, di rabbia e d'infame capriccio, di cui la sua passione era composta.”
Intanto provvidenzialmente i tre esuli sono all'oscuro di tutto: a loro basta cercare di vivere istante per istante l'amaro esilio causato dalla prepotenza altrui. E ognuno di loro affronta l'amarezza, la solitudine fisica, l'incertezza come riesce. Ma il dolore domina.

Commovente in particolar è Lucia, che ha saputo genericamente che Renzo ha avuto guai con la giustizia, ma che riesce a mantenere la massima discrezione anche con la signora di Monza di cui, con la sua “dolcezza, con la sua ingenuità, con quel suo benedire e ringraziare ogni momento”, era diventata l'unica confidente, almeno per le parti meno scabrose della sua vicenda dolorosa.
Incredibile, ma la nostra fragile, umile, semplice Lucia diventa una presenza insostituibile, anche se in gran parte incomprensibile, per Gertrude che, bisognosa di riscatto, pensa con consolazione. "A questa fo del bene".
Come è vero, - nonostante il trionfo dell'individualismo e della solitudine propinati come “valori “- che l'uomo non può vivere solo per sé: avviene sempre un momento, una stagione della vita, una circostanza in cui sente il bisogno di “far del bene,” di essere utile a qualcosa o a qualcuno, e il non aver fatto nulla o il non poterlo fare è fonte di doloroso non senso. E proprio le situazioni di più grande depravazione, - insieme ai brevi slanci della giovinezza che di rado vengono adeguatamente educati -, conoscono dei momenti in cui l'anelito al bene emerge quasi inconsapevole.
Ciò accade alla nostra infelice Gertrude.

Un'ultima osservazione sui contenuti di questo capitolo e sull'intera storia.
Tutti gli sviluppi della vicenda sembrano totalmente a favore di don Rodrigo il quale pensa di poter portare avanti il suo insano progetto per un meschino puntiglio. Ma il nostro signorotto è completamente dimentico di una verità fondamentale. Che cioè “Dio c'è e c'entra” (per parafrasare la famosa frase di C. Fabro, “Dio, se c'è, non c'entra”): infatti la sua Provvidenza non permetterà al capriccio irresponsabile di don Rodrigo di averla vinta: e in questo aveva avuto ragione padre Cristoforo nel tempestoso colloquio del cap. VI in cui diceva delle parole che a noi , disabituati a vedere la realtà nella prospettiva di Dio, suonano più che altro come parole di rabbia impotente, e invece nascono dalla fede sicura nella Provvidenza, come poi tutta la storia confermerà. Perché le vie di Dio sono diverse dalle nostre e anche assolutamente imprevedibili. Non è un pio desiderio: è la verità della vita.
In ciò consiste il realismo di Manzoni.



Edited by Milea - 24/7/2021, 17:56
 
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