"Cari genitori, sgridateci di più", Da un convegno di psicologi emerge che gli adolescenti chiedono maggiore severità

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view post Posted on 4/10/2010, 10:47     +1   -1
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"Cari genitori, sgridateci di più"


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Da un convegno di psicologi

a Torino

emerge che gli adolescenti

chiedono maggiore severità

MIRELLA SERRI




TORINO-«Jeans o hot pants?». «Tennis o piscina?». «Liceo artistico o scientifico?». Il dodicenne in dubbio, questi quesiti, effimeri o pietre miliari che siano, oggi non ci pensa per niente a sottoporli a mamma o papà. Già, proprio così.

Solo poco più di un terzo dei genitori di ragazzi dai 12 ai 14 anni (i dati provengono da un sondaggio recente su un campione nazionale selezionato dalla Società italiana di pediatria) influenza la volontà della prole sul modo di vestire, le amicizie da frequentare, la scuola superiore a cui iscriversi, lo sport da praticare. I dodici-tredicenni sempre più spesso rifiutano supporti e suggerimenti: quando hanno un dubbio o un problema non si rifugiano, come un tempo, nelle braccia materne (questa scelta è solo del 34% degli intervistati), o in quelle del papà (eletto a interlocutore solo dal 14%) o degli insegnanti (2) ma assai più spesso vanno dagli amici (50%).

Soddisfatti, dunque, i nostri adolescenti di aver tagliato il cordone ombelicale? Per nulla: il 40% dei ragazzi vorrebbe, al contrario, papà e mamma molto più vicini e presenti, in grado di condizionarli con i loro interventi. Sono questi alcuni dei singolari e solo apparentemente contraddittori dati discussi in questi giorni a Torino al convegno «Adulti e adolescenti oggi», promosso dai Gruppi di psicoterapia psicoanalitica dell'adolescenza.

Paradossalmente proprio l'autogoverno e l'indipendenza degli adolescenti sono considerati all'origine di crisi e disturbi che stanno emergendo oggi prepotenti: «Siamo di fronte a un fenomeno nuovissimo, la “precocizzazione dell'esperienza”», osserva lo psicoterapeuta Matteo Lancini, animatore del meeting sabaudo, autore di «Cent'anni di adolescenza» (in uscita da FrancoAngeli editore). «Viviamo in una cultura che teorizza i bambini come “personcine” autosufficienti, simili ai “grandi”. A questo contribuiscono le moderne tecnologie, da Facebook a YouTube, che incrementano la socializzazione incontrollata, e la tivù che propone, sempre più di frequente, modelli di teenagers simili a trentenni in miniatura».

E i genitori? Che ruolo hanno per questi bambini portatori di crescita accelerata? «Fondamentale. Qualche esempio? Li hanno dotati fin da piccolini del “primofonino” per renderli autonomi e intraprendenti; hanno affidato loro a nove-dieci anni il potere di decisione, non solo sulle merendine ma anche sul rimmel, la mini, le scarpine. Poi si sono trovati all'improvviso di fronte alla prima sbornia, magari a 12 anni (il 40% beve vino, il 50 birra, il 22,4 liquori e il 14% si è ubriacato almeno una volta), o a soprassedere quando i quattordicenni finiscono sotto le lenzuola. Tutte tranches de vie molto anticipate».

Cosa accade a questi adolescenti-lepri, divoratori di esperienze?
«Credono di essere indipendenti ma poi si trovano a verificare quanto sia difficile darsi dei limiti. Un ragazzino mi ha detto: “non capisco mia madre, quando ero piccolo volevo star sempre con lei che mi esortava a stare con i miei amici! Adesso invece mi rimprovera perché ci sto troppo”».

Parafrasando lo scrittore Paul Nizan - che affermava «avevo vent'anni e non permetterò a nessuno di dire che è la più bella età della vita» -, oggi l'età peggiore sono i 13 anni. «I ragazzini sono veloci anche nell'appropriarsi dei disagi dei 20-30 enni, quelli legati alla “mentalizzazione del corpo”, che vanno da un'ossessiva concentrazione sull'aspetto fisico (il 61,1% dei ragazzi vorrebbe essere più bello) ad ansie, bulimia, anoressia, comportamenti autopunitivi», afferma Eugenia Pelanda, psicoanalista dell'adolescenza. «La responsabilità è della cosiddetta famiglia “non prescrittiva” che ha eliminato ogni tipo di conflitto, con gli adulti pronti all'empatia e non alla contrapposizione. Sembra una conquista ma c'è un risvolto negativo. I ragazzi sono molto più fragili perché non si misurano con nessun divieto e sono “sregolati” in quanto nessuno ha più un ruolo per imporre le regole. Un tempo attaccavano gli altri: oggi se stessi».

Meglio allora i teenagers ribelli, il giovane Holden, le fughe dalla famiglia? «Assolutamente no, ma le richieste di intervento dei genitori da parte dei giovanissimi sono un segnale importante. Non il perenne braccio di ferro di una volta, ma saper dire “no”. Un tempo il mestiere di padre lo si faceva con l'elmetto; oggi il nuovo genitore sta sempre seduto al tavolo per rinegoziare continuamente trattati di pace».

 
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view post Posted on 10/11/2010, 13:42     +1   -1
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Baby bulli, cattivi e rompiscatole: ecco i nuovi tiranni

Allarme degli esperti: una famiglia su due non sa affrontare i figli "ingestibili"


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MILANO - Papà: Domenico Allegri, 39 anni. Mamma: Elena Damiolini, 30. Figli: Sara, 10 anni, Sofia, 7, Simone, 2 e mezzo. Elena e Domenico hanno problemi con Sara, la più grande. Ha un carattere ribelle, non rispetta la madre, mangia in modo disordinato, troppo, ed è sovrappeso. Sofia istiga i fratelli. Simone, detto «il principe», è un po' viziato e ottiene sempre quello che vuole. Scene di disperazione da una famiglia italiana, diventata un simbolo perché finita su una puntata del reality «Sos Tata» (su Foxlife) arrivato alle sesta stagione. Lucia, Adriana e May, tre tate da combattimento, si paracadutano sul campo e affrontano di tutto: piccole pesti e genitori in panne.

Il successo della serie, già cult, la dice lunga. Una famiglia su due ha problemi di bullismo. Due famiglie su cinque devono affrontare bambini ansiosi, depressi o iperattivi. Il disturbo da deficit di attenzione riguarda il quattro per cento. Questionari distribuiti nelle scuole, ricerche del CNR, raccontano la quotidianità della violenza: il 64 per cento degli alunni delle scuole elementari e il 50 delle medie ha avuto a che fare (come vittime o aggressori) con il bullismo, il 16,7 per cento dei ragazzi fra i 9 e i 19 anni ha maltrattato gli animali.

Mentre «I Want To Be A Soldier» di Christian Molina, presentato alla Festa del Cinema di Roma, punta il dito contro internet e videogiochi: nel film, il piccolo Alex diventa schiavo dell'immaginario e violento sergente John Cluster con risultati drammatici. Anche «La scuola è finita» di Valerio Jalongo, ambientato in un liceo della periferia romana, racconta la perdita di controllo delle famiglie sui figli e la loro incapacità di esprimere sentimenti, compreso il dolore. Ma che cosa c'è dietro i bambini terribili, iperattivi, Giamburrasca?

Lucia Rizzi, ovvero Tata Lucia, dall'alto dei suoi interventi di pronto soccorso familiare può dire la sua: «In tutta questa storia c'è un prima e un dopo. Prima si metteva su famiglia e si prevedevano i figli e i sacrifici che comportavano. Oggi, al centro di tutto c'è la coppia e alcuni immaginano il figlio come un accessorio indispensabile, un oggetto che dà benessere, una lavastoviglie: invece non è così. Ho visto bambini parcheggiati al bar perché la mamma deve andare all'happy hour e non può rinunciare. Ho visto bambini che a tre anni scelgono il film da Blockbuster». Da un lato c'è la solitudine, dall'altro l'impossibilità di sviluppare una vera autonomia. C'è chi diventa violento e chi diventa bamboccione». Forse per questo i libri di Lucia Rizzi (il quarto, «Fate i bravi! 10-15 anni», esce tra una settimana da Rizzoli) vanno a ruba.

«Negli ultimi vent'anni abbiamo un po' mollato, sia a scuola che in famiglia, abbiamo delegato il più possibile la cura dei figli. Invece di iscriverli in palestra, correte con loro!». A non mollare ci prova Lia Celi, quattro volte mamma, autrice di «Piccole donne rompono». Ammette di avere «una figlia terribile, Emma, che non si accontenta delle risposte, reclama attenzione, litiga con gli insegnanti e, da grande, vuole fare politica», ma si è attrezzata. E consiglia di «mettere i sacchi di sabbia e aspettare che la tempesta passi, togliendo di mezzo tutti gli oggetti taglienti e guardando l'albero genealogico. Non abbiamo più il polso dei nostri padri e delle nostre madri, capaci di stroncare sul nascere ogni germoglio di ribellione. Ma guai ad arrenderci: meglio accettare la nostra imperfezione».

Molti studi (per esempio quelli dell'Università di Helsinki) attribuiscono l'iperattività e l'aggressività agli additivi alimentari, ai coloranti, ai conservanti, agli ormoni, altri alla riduzione delle ore di sonno (troppa tv, troppi stimoli). Ormai, nel mondo globalizzato, milioni di bambini (oltre 6 solo negli Usa) prendono farmaci come il Ritalin, in Italia piuttosto contrastato. Forse basterebbe un po' di pazienza. Quella che ha convinto Carmela Cipriani, figlia del leggendario Arrigo, a mettere insieme ricette e filastrocche in un volumetto da leggere e da mangiare metaforicamente («Pappe magiche», pubblicato da Sperling&Kupfer): «I bambini hanno fame d'amore. Provate con l'insalatina di mamma Chioccia e la filastrocca di Re Cremino. Sarete tutti più felici, loro e voi».
ROSELINA SALEMI
 
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