Il coniugi Arnolfini, JOHANNES DE EYCK FUIT HIC 1434

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view post Posted on 31/7/2010, 19:55     +3   +1   -1
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Jan Van Eyck
Il fidanzamento degli Arnolfini
1434
Olio su tavola
81,8X59,7cm
National Gallery - Londra







All'interno di una sontuosa stanza da letto, un uomo e una donna splendidamente abbigliati si danno la mano...ai loro piedi un cane guarda al di fuori del dipinto e da uno specchio appeso sulla parete di fondo apprendiamo che di fronte ai due protagonisti ci sono altre persone. Sopra lo specchio, in un'elaborata calligrafia, simile a quella utilizzata per i documenti ufficiali o per i frontespizi di alcuni manoscritti miniati, compare la firma del pittore: "JOHANNES DE EYCK FUIT HIC 1434 - Jan Van Eyck fu qui", ovvero fu testimone di quanto ha poi raffigurato.
La geniale invenzione dello specchio, che dilata lo spazio dipinto, facendoci vedere ciò che è al di qua di esso e rendendoci così indirettamente spettatori dell'evento, come se esso accadesse davanti ai nostri occhi, ha dato luogo alle ipotesi più fantasiose.
Secondo l'interpretazione di maggior successo, la scena rappresenterebbe un matrimonio e il quadro avrebbe addirittura valore di documento legale. Anche la posa della donna che trattiene il vestito sul ventre era stata erroneamente interpretata come segno di gravidanza, senza tener conto che lo stesso movimento è compiuto da Caterina nel Trittico di Dresda.
Uno studio recente ha invece chiarito che la scena rappresenta un impegno diverso: i matrimoni richiedevano infatti il dono di un anello, o l'unione delle mani destre, mentre la gestualità dei due personaggi combacia con quella dei riti di fidanzamento.
I due personaggi sono il mercante lucchese Giovanni Arnolfini, che godeva di una posizione di prestigio alla corte di Filippo il Buono e Giovanna Cenami, figlia di un ricco banchiere fiorentino.
Van Eyck dipinge con impareggiabile maestria ogni dettaglio, riuscendo a rendere la diversa consistenza dei materiali, dall'ottone cesellato del lampadario alla morbida pelliccia delle vesti. Il quadro passò dalle Fiandre in Spagna, dove colpì il grande pittore seicentesco Diego Velazquez, che citò la soluzione dello specchio nel celebre dipinto "Las Meninas"... ( Mar L8v )


Edited by Milea - 23/5/2014, 16:35
 
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Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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Edited by Milea - 7/7/2021, 12:03
 
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Edited by Milea - 7/7/2021, 12:08
 
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Da quando i miei padroni hanno lasciato Lucca - la città dove abitavamo in Italia - e sono venuti a stare nelle Fiandre, sembra che non siano mai coperti abbastanza: vedete? Anche in casa tengono il cappello in testa e indossano sempre mantelli foderati di pelliccia.



Si lamentano per l’umidità che passa attraverso i muri ed entra nelle ossa e, soprattutto quando piove, parlano con nostalgia della luce che scalda le case di pietra in Toscana e del solo che scintilla sulle spiagge sabbiose del Mar Tirreno.
Hanno talmente paura di bagnarsi i piedi che, anche se è sereno, non escono mai di casa senza mettersi le soprascarpe di legno, queste specie di zoccoli che lasciano dappertutto… guardate, persino qui, in mezzo alla stanza.

Insomma, rimpiangono il clima italiano, e sì che il padrone, almeno lui, dovrebbe essere abituato: sono anni, ormai, che vive qui. Il suo lavoro di mercante di stoffe pregiate lo porta spesso in viaggio, e la padrona allora diventa malinconica: credo che per questo, un giorno, lui abbia pensato di regalarle un cagnolino per farle compagnia e ha scelto me. Ehm, non sono proprio di razza purissima: assomiglio a un griffoncino di Bruxelles, ma qualcuno mi definisce uno spitz, mentre per altri sono un terrier… insomma, sono un bel cagnolino peloso, non sottilizziamo.



La padrona si chiama Giovanna, un pomeriggio, mentre il padrone era lontano e lei come al solito lei era un po’ triste, mi ha raccontato di una sua amica sfortunata morta giovanissima – si chiamava Ilaria del Carretto e di un famoso scultore che, a Lucca, ha scolpito un cagnolino sulla sua tomba: quando fa così, per distrarla comincio a scodinzolare, la guardo fisso e cerco di saltarle il braccio.

Abitiamo a Bruges, tra canali e guglie di chiese, un piccolo paradiso di acqua e mattoni, torri e ponti, fra carillon di campane e barche che scaricano merci da tutto il mondo. Il padrone commercia in tessuti: drappi di damasco, velluto, seta, lana, cotone, lino.

E' un vero esperto, sa riconoscere la qualità al primo tocco, tratta con mercanti di mezza Europa e capisce al volo il valore delle monete dei vari paesi, i differenti modi per misurare le pezze, le lingue più strane, ma le stoffe migliori le riserva per i vestiti della padrona! A poco a poco è diventato ricco, tanto che il duca di Borgogna ( il signore delle Fiandre, che ama trascorrere lunghi periodi a Bruges ) lo chiama sempre più spesso per farsi dare consigli finanziari e i nobili di corte si rodono di invidia.



Il mio padrone è magro, ha una faccia buffa, lunga lunga e liscia liscia: si chiama anche lui Giovanni, quasi come la padrona e come il pittore che ha chiamato per fargli il ritratto. Beh, in realtà il pittore si chiama Jan, perché è fiammingo, ma se vivesse in Toscana si chiamerebbe Giovanni. Proprio in mezzo al quadro, sulla parete in fondo e sopra lo specchio, tra svolazzi e ghirigori si legge la sua firma: Johannes de Eyck fuit hic - che in latino vuol dire “Jan Van Eyck è stato qui” – e ci ha aggiunto la data di quest’anno, il 1434.

Il quadro è un regalo che il padrone ha fatto alla padrona, come promessa di eterno amore e fedeltà. Credo che mastro Van Eyck mi ci abbia messo dentro non solo perché gli ero simpatico, ma anche perché il cane è l’animale più fedele che ci sia. Io, per giunta, ho una buona memoria e mi ricordo benissimo di quando è venuto, con i suoi arnesi da disegno, la matita a punta d’argento, i fogli ben preparati.

C' erano anche due amici e davanti a loro, in camera da letto, il padrone ha preso la mano della padrona e tutto serio le ha giurato il suo amore. Lei lo guardava con tenerezza e un po’ di imbarazzo: le sue guance morbide sono diventate rosse e quasi d’istinto ha raccolto le pieghe del suo abbondante vestito verde, tormentandole con le dita.

In quel momento era bellissima, con il velo bianco bordato di merletti e la cintura dorata che arricciava il tessuto dell’abito in tante piegoline sotto il petto.
Il padrone allora ha detto:” Giovanna, tesoro mio, ho chiamato questi nostri amici come testimoni: mi hai seguito nelle Fiandre e io voglio giurarti tutto il mio amore. Mastro Van Eyck fisserà questo momento con un quadro, e così, anche fra secoli, tutti sapranno quanto si vogliono bene i coniugi Arnolfini!”.



Mastro Van Eyck dev’essere un personaggio molto importante: il padrone si è a lungo complimentato con lui per un immenso dipinto che appena finito per la cattedrale di Gand. Ha detto che era un onore essere ritratto dal più grande maestro fiammingo del suo tempo (“o di tutti i tempi”, ha aggiunto: chissà se ha esagerato!), che non avrebbe potuto fare alla moglie un regalo più bello.

Mastro Van Eyck ha ringraziato e si è messo subito al lavoro: si è seduto in fondo alla stanza e ha disegnato quello che ha visto, proprio tutto, non solo i padroni!

Non era purtroppo una giornata di sole, anzi, come spesso succede a Bruges, dalla finestra entrava una luce grigia e il padrone temeva che fosse insufficiente per il pittore. Si è offerto di accendere delle candele sul lampadario di ottone, ma dopo la prima mastro Van Eyck ha detto che poteva senz’altro bastare, che anzi gli piaceva il gioco di luce di quell’unica fiammella solitaria sul metallo lustro.

La padrona avrebbe voluto mettere in ordine: a parte le soprascarpe di legno proprio in mezzo alla stanza, si era accorta di aver lasciato le pianelle rosse imbottite tra il letto e la poltrona e di aver dimenticato qualche frutto accanto al davanzale e su una mensola.

[scarperosse

All’ordine e alla pulizia lei ci teneva tantissimo basta vedere com’ è lucente il lampadario e ben spazzato il pavimento: vicino alla testata del letto, poi, tiene sempre un piumino per fare la polvere! Per un momento ho persino temuto che volesse chiudermi in un’altra stanza, ma il pittore l’ha pregata di lasciare tutto com’era:” Voglio che il vostro piccolo mondo resti intatto, metterò tutto dentro il quadro”. Ed è stato così.

Poi, nelle settimane successive, ha lavorato nel suo studio. Il padrone era impaziente, ogni tanto mandava un servitore a vedere a che punto era l’opera. Qualche volta è andato lui in persona: uscito dal grande palazzo del mercato dei tessuti, girava a sinistra verso la piazza del Burg, e poi ancora a sinistra, seguendo l’acciottolato, in direzione della Riva degli Specchi, lungo un canale, verso la bottega del pittore.

Credo che gli abbia promesso anche del denaro in più per fargli un po’ di fretta. E’ stato invece un lavoro lungo, paziente: mastro Van Eyck ha prima preparato una tavola di legno e poi ha usato per dipingere una tecnica speciale, con le tinte stemperate nell’olio di lino. I colori diventano lucidi e trasparenti, scintillano davvero e ogni particolare si vede bene, nitido e preciso. Mi dicono che abbia usato pennelli fatti con morbide code di tasso, alcuni talmente sottili e fini che sembrano fatti con un solo pelo!

Oggi, finalmente, il pittore è venuto di persona e ha consegnato il ritratto. Il padrone era molto felice: per un po’ lo ha tenuto in mano con cautela. Ancora odoroso di vernice, poi lo ha messo alla luce e lo ha ammirato in lungo e in largo. Infine, ha chiesto al pittore di consigliargli il posto migliore dove appenderlo.
Van Eyck gli ha suggerito di collocare il quadro in camera da letto, al posto del grande specchio rotondo, sulla parete in fondo, accanto al chiodo con la corona delle preghiere. Un servitore ha staccato il pesante specchio e, sullo stesso chiodo, ecco appeso il quadro. A quel punto è successo qualcosa di molto strano: sembrava quasi che ci fosse ancora lo specchio… ma ribaltato.

Ogni dettaglio della stanza è riprodotto alla perfezione e la superficie del ritratto, lucente e scintillante, sembra davvero la lastra metallica di uno specchio. Persino io ho potuto contare i miei peli, uno per uno, e’ difficile capire cosa sia vero e cosa sia dipinto. Qualcuno ha sussurrato:” E’ un miracolo!” e io, modestia a parte, credo di essere venuto proprio bene.

Ma c’è di più. Mastro Van Eyck ha l’aria seria e piena di contegno: è abituato a lavorare per vescovi e signori, ma sotto sotto è un buontempone. Aveva scrutato ogni minimo dettaglio della camera, mentre dalla finestra entrava la luce filtrata dai vetrini tondi. Aveva contato le assi piallate del pavimento e i nodi del tappeto, aveva notato la statuetta di santa Margherita sulla spalliera del letto; non si era fatto sfuggire niente.
Così, osservando i leoncini intagliati sui braccioli della poltrona, si era accorto che… mi assomigliavano! Insomma: insieme al mio ritratto, mastro Van Eyck ha messo nel quadro anche la mia caricatura. Non ci credete? Provate a guardare più da vicino…









Stefano Zuffi

Il mondo dipinto
Ventidue capolavori di grandi maestri
raccontano la loro storia

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