Votes given by Moka_Lady

view post Posted: 23/4/2024, 14:12 by: Milea     +1Milano insolita e segreta [FOTO] - VIAGGI & NATURA

Il parco “Boscoincittà”:
una meraviglia da vedere


Primo esempio di forestazione urbana in Italia



Ci sono i boschi delle favole, e poi c’è un bosco dentro la città. La meraviglia di questo luogo sta nel fatto che, pur essendo nell’area urbana di Milano, è di fatto un’oasi naturale ben tenuta e, se non fosse per il rumore in lontananza della tangenziale, sembrerebbe di essere in un altro mondo, curato ma “selvaggio”.


Realizzato a partire dal 1974 dall’associazione Italia Nostra (su terreni concessi dal Comune di Milano) “Boscoincittà” oggi è un parco pubblico di 120 ettari, nella parte ovest del capoluogo meneghino, in una zona agricola in stato di abbandono contenente la Cascina San Romano ormai in rovina.


Situato nell’area ovest di Milano, è formato da 110 ettari di boschi, radure, prati, sentieri, corsi d’acqua, zone umide, orti urbani (assegnati a cittadini che li coltivano con grande cura), un laghetto, un giardino d’acqua, un apiario, un frutteto e un antico edificio rurale, la cascina San Romano, che ora, recuperata e ricostruita dopo un incendio nel 1971, ne costituisce il centro operativo. Le linee progettuali sono state studiate dagli architetti Ratti, Bacigalupo e Crespi, secondo una metodologia flessibile e modificabile nel corso del tempo in base alle esigenze, metodologia che in seguito sarà definita di “Forestazione urbana”.





Questo parco, molto amato e frequentato, si trova in via Novara, nei pressi dello Stadio di San Siro, all’interno del vasto perimetro del Parco agricolo sud Milano ed è facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Chi arriva al Bosco ha la sensazione di essere lontano dalla frenesia della vita urbana e di immergersi nella natura, in un ambiente che in realtà è il risultato di un’attenta progettazione. Quotidianamente viene coltivato e curato dagli operatori del Centro per la forestazione urbana di Italia Nostra e da chiunque abbia voglia di dare una mano.


La vegetazione. Dai 35 ettari iniziali, in cui sono state messe a dimora 30.000 piante donate dall’Azienda Forestale dello Stato, nel corso degli anni il parco si è progressivamente ampliato. Oggi ospita una vegetazione ricca di alberi, arbusti, fiori e vegetazione spontanea. La parte boschiva è nettamente prevalente rispetto alla superficie totale. Il parco è attraversato da diversi fontanili che lo percorrono e si intrecciano fino a formare un piccolo lago. Recentemente è stata realizzata una zona “umida” con una sequenza di bacini d’acqua.











Il lago progettato da un gruppo di naturalisti e forestali allo scopo di migliorare il microclima favorendo lo sviluppo della flora e della fauna acquatica e terrestre. È stato realizzato anche un pontile sospeso sulle acque dotato di panchine da cui ammirare il paesaggio.





Tra le principali specie arboree si segnalano: aceri di monte (Acer pseudoplatanus), aceri campestri (Acer campestre), ontani, carpini, frassini, querce americane (Quercus rubra), salici, olmi, rose botaniche e molti altri arbusti da fiore. Nel parco prosperano le specie tipiche dei terreni umidi poiché nel suo territorio vi abbonda l’acqua, fornita da diversi fontanili che si intrecciano per formare un piccolo lago. E’ stata di recente realizzata una zona umida, grazie ad una sequenza di bacini d’acqua e il Giardino d’Acqua.


Gli itinerari per correre nel parco sono molto numerosi. Da non perdere la Cascina San Romano (XV secolo): concepita originariamente come dimora signorile, è un centro organizzativo di attività agricolo-zootecniche. Nella Cascina c’è inoltre l’Area delle feste attrezzata con tavoli e panche. Ê consentito grigliare, da aprile a ottobre, esclusivamente sulle postazioni braciere. Per poter fruire di tavoli e bracieri è necessaria la prenotazione (griglia e carbonella devono essere portate dagli utilizzatori). All’interno della cascina, la “Biblioteca verde”, nata con l’obiettivo di raccogliere libri, documenti e articoli concernenti il verde pubblico, l’ambiente e l’agricoltura.



Apertura
7.30 (dicembre e gennaio 8.30). Chiusura: 17.00 (dicembre e gennaio) 17.30 (novembre), 18.30 (febbraio), 19.00 (marzo e novembre), 20.00 (da aprile a settembre)

Accessi
Via Novara (dai 2 parcheggi), da Figino (sentiero), da Parco Trenno (sentiero). Da fuori Milano: Tangenziale Ovest di Milano, uscita S. Siro, via Novara all’altezza dell’incrocio con via S. Romanello.
Parcheggi: n°2 lungo via Novara.


Come arrivare
Da MM1 De Angeli bus 72, fermata S. Romanello.
in auto: Tangenziale Ovest uscita San Siro (direzione Milano 3° semaforo)





Edited by Milea - 25/4/2024, 11:40
view post Posted: 17/4/2024, 10:06 by: Lottovolante     +1Un aforisma al giorno - ANGOLO LETTURA



Noi a un certo punto moriamo
per la stanchezza di non essere capiti.


(Franco Arminio)

view post Posted: 15/4/2024, 17:28 by: Milea     +1Milano insolita e segreta [FOTO] - VIAGGI & NATURA

Le bellezze della “Ca’ Brutta”
di Giovanni Muzio




La “Ca’ Brutta” è un grande edificio residenziale dell’inizio del XX secolo situato in via della Moscova all’angolo con piazza Stati Uniti d’America e via Turati, che crea un certo disorientamento per la sua apparente disorganizzazione. All’epoca la zona era piena di villini. Fu dunque già rivoluzionario immaginare un progetto che modificava l’impianto urbanistico del quartiere.


Progettato dall’architetto Giovanni Muzio viene da molti considerato il manifesto architettonico del movimento artistico “Novecento” che, dopo le sperimentazioni futuriste e cubiste, promuoveva un ritorno all’ordine e alla purezza delle forme. Muzio progettò “Ca’ Brutta” assecondando l’esigenza di creare ambienti che sfruttassero in modo ottimale sia l’aria che la luce. I tetti vennero concepiti con ampie terrazze e giardini pensili. La sua costruzione, iniziata nel 1919, venne portata a termine nel 1923.





Non appena furono tolte le impalcature iniziarono le critiche dei conservatori, per via della sua architettura in contrasto con i canoni dell’epoca: era un edificio troppo moderno, troppo “pulito” dove gli elementi classici erano stati usati con eccessiva disinvoltura, un brutto esempio di architettura, una “Ca’ Brutta”, come ben presto venne soprannominata dai milanesi, che criticarono aspramente un edificio in aperta rottura con gli stili dell’epoca, legati ancora al Liberty.


Il fabbricato era più alto e più ampio di ogni altra costruzione dell’area, ed era costituito da due corpi edilizi, separati e attraversati da una strada privata, accorgimento grazie al quale è stato possibile dare più luce e aria agli appartamenti con affaccio interno. Solo dopo la reazione negativa dell’amministrazione comunale, si decise di unirli tramite un arco creando un’unica entità architettonica, per dare continuità alla costruzione.


I due corpi del complesso residenziale non sono solo separati, ma anche diversi: uno è in linea e l’altro a corte. A unificarli è la facciata esterna, sorprendente per l’uso di materiali diversi: i primi due piani sono stati realizzati in travertino, i successivi tre sono in cemento e l’ultimo piano è in stucco vicentino con calce viva e marmi, sormontato da una fila di terrazze.





Anche la stampa infierì, definendo la costruzione una “squinternata fantasia di architetto”. Secondo i detrattori, gli elementi classici erano stati usati in maniera incomprensibile, al servizio di un’idea estetica che contrastava con il gusto dominante. Il quotidiano “Il Secolo” descrisse l’edificio con queste parole: “Pare di vedere in sogno uno di quegli stranissimi quadri cubisti, nei quali dopo un certo tempo, neppure l’artista ci capisce più nulla e là dove manca la capacità di tracciare una linea diretta e un segno armonioso, supplisce la metafisica”.


Naturalmente c’era anche chi la pensava in maniera opposta: i Novecentisti la consideravano una novità rivoluzionaria che avrebbe aperto le porte a nuovi orizzonti. Per Giovanni Muzio, giovane architetto alla sua prima opera, l’edificio residenziale fu una sorta di manifesto. Il progettista aderì al movimento artistico “Novecento”, che voleva tornare alla purezza delle forme dopo le ardite sperimentazioni delle avanguardie futurista e cubista, ma risentì anche delle esplorazioni pittoriche dell’arte metafisica di Mario Sironi e Carlo Carrà. Da lì in avanti le sue costruzioni, come l’Università Cattolica e il Palazzo dell’Arte sede della Triennale, avrebbero seguito gli stessi dettami. La tanto criticata “Ca’ Brutta” ha tuttavia un primato: fu il primo edificio di Milano ad avere un garage sotterraneo riservato ai suoi inquilini, a cui si accede tramite un montacarichi.



view post Posted: 15/4/2024, 06:58 by: SueMebitch     +1Un aforisma al giorno - ANGOLO LETTURA



Passare il tempo a costruire arsenali
anziché diffondere libri è deleterio,
forse letale, per la nostra specie.


(Gino Strada)

view post Posted: 7/4/2024, 16:35 by: Milea     +1FAMIGLIA POVERA (LA CARITÀ) - Bouguereau

Bouguereau_CharityP

William-Adolphe Bouguereau (1825-1905)
Famiglia povera (La carità)
(The indigent Family - Charity)
1865
olio su tela - 121,9 x 152,4 cm.
Birmingham Museum and Art Gallery, Birmingham


Splendido esempio di pittura da Salon, “Famiglia povera” ben rappresenta lo stile accademico alle prese con un soggetto di scottante attualità: l’infelice situazione delle classi meno abbienti. Accenti realistici, ma di un naturalismo attenuato che non intende emanciparsi dalla cifra stilistica imposta dall’Accademia, si riscontrano in numerosi artisti dell’epoca. Le opere sviluppano un tema già caro al Romanticismo: la riflessione sulla potenza non sempre benigna di madre natura si traduce secondo l’estetica di un Realismo sociale, dai toni drammatici e teatrali e dal sapore dolciastro. Un gusto che caratterizza molte opere del tempo, nelle quali la questione sociale si colora di tinte melodrammatiche, che sanno far leva sulle corde del cuore della borghesia, affascinando anche un pubblico non certo incline alle tesi socialiste.


Bouguereau, pittore di indiscutibile talento, mette in scena un’immagine finalizzata alla commozione dell’osservatore, in cui tutto, dallo sfondo agli atteggiamenti dei personaggi, è studiato per toccare le corde più profonde del cuore dello spettatore. In questa opera monumentale, esposta per la prima volta al Salon di Parigi del 1865, Bougereau presenta una donna con tre figli rannicchiati contro il portico della chiesa della Madeleine a Parigi. Con la sua composizione piramidale fortemente centralizzata e il suo punto di vista basso, il dipinto è concepito come una pala d’altare, con la madre che diventa una sorta di madonna secolare.


Bouguereau mette in scena la sua famiglia di poveri e senza casa, con a destra sullo sfondo il Palazzo dei Conservatori di Michelangelo in Roma. L’imponente edificio signorile accentua, per contrasto, la povertà della famiglia in primo piano.


L’espressione implorante, ma composta, della madre, la dolcezza della bimba che le si appoggia stanca e in cerca di conforto, la serenità del neonato, che ancora non ha coscienza delle privazioni della vita di strada, la rassegnazione del figlio maggiore, abbandonato ai piedi della madre e l’assenza della figura paterna, delineano uno spaccato di vita quotidiana assai famigliare ai benestanti parigini.








La tela offre uno spunto per un interessante confronto con un’opera di soggetto simile realizzata anni prima da Honoré Daumier: “Il vagone di terza classe”.



Honoré Daumier
Il vagone di terza classe (The Third-Class Carriage)
1862
olio su tela - 67 x 93 cm.
Ottawa, National Gallery of Canada



Allo schietto realismo di Daumier, che ritrae con disarmante pragmatismo una famiglia simile nella composizione e appartenenza sociale, si contrappone lo stile edulcorato e levigato di Bouguereau, che abbandonata ogni velleità di denuncia sociale e, accentuati gli aspetti più pietosi, trasforma la scena in un melodramma ad uso e consumo delle classi alte. (M.@rt)










view post Posted: 5/4/2024, 19:36 by: Lottovolante     +1DISTRACTION - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Distrazone
(Distraction)
Firmato W BOUGUEREAU e datato 1868
Olio su tela
61 x 50.2 cm
Collezione privata


Nel catalogo della mostra del 1984 Gilles Chazal scrive: "Forte della tradizione di cui fa parte e dotato di una grande ispirazione personale, Bouguereau apporta notevoli innovazioni nei suoi dipinti di bambini. Per lui il bambino era il re - i suoi dipinti di bambini permettevano di esprimere valori che costituivano, per il pittore, il cuore stesso della sua filosofia di vita: la speranza giovanile, il calore della cerchia familiare, l'amore fraterno".


"Distraction" è un ritratto di Émilienne Césil-Biegler, figlia di Cateau-Cambrésis, governante di William-Adolphe Bouguereau. Émilienne era una delle modelle preferite di Bouguereau e compare in modo preponderante nel suo corpus di opere tra il 1864 e il 1868. Era sempre ritratta nei suoi abiti quotidiani, mai come una contadina. Qui la mostra distolta dalla lettura, con il dito ancora posato sul testo. Secondo Damien Bartoli, "'Distraction' è uno dei migliori ritratti di questo periodo e un esempio notevole della consumata abilità di Bouguereau." (Mar L8v)





separator-trasp






view post Posted: 4/4/2024, 18:41 by: Milea     +1GIOVANE RAGAZZA CHE LEGGE IL CORANO - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA

“Il più parigino degli ottomani, il più ottomano dei parigini”.


osman-hamdi-bey-Girl-Reciting-QuranP

Osman Hamdi Bey
Giovane ragazza che legge il Corano (Girl reciting Qur’an)
1880
olio su tela - 41,1 x 51 cm.
Collezione privata


La natura caleidoscopica della vita di Osman Hamdi e la sua posizione di rilievo nei circoli intellettuali francesi e ottomani di fine Ottocento lo hanno reso un simbolo controverso del nazionalismo turco e della riforma culturale. Nella sua veste di pittore orientalista, inoltre, è stato a lungo considerato una curiosità all'interno del genere: troppo turco per alcuni, troppo francese per altri. Particolare attenzione è stata rivolta ai quadri di harem dell’artista, che ritraggono una o più donne impegnate nelle loro attività quotidiane, interpretati sia come commenti puntuali sulle idee sbagliate sull’istituzione dell'harem in Occidente sia come documenti affidabili di un “insider” dell’Oriente. Al contempo i dettagli reali di queste composizioni sono stati spesso ignorati. Tornando al loro soggetto e al contesto delle loro origini è possibile ottenere una comprensione più storica e informativa di queste immagini, come in una delle prime e più rappresentative immagini di harem, la “Giovane donna che legge” rappresenta un caso particolarmente importante e rivelatore.



Conosciuta più comunemente come “Giovane ragazza che legge il Corano”, mostra molte delle qualità per cui Osman Hamdi è diventato famoso: l'abito impeccabile della figura inginocchiata e lo sfondo decorativo in cui è inserita, ricco di colori e disegni islamici, sono caratteristiche assolute dell'artista, così come la sorprendente chiarezza dello stile altamente dettagliato del quadro. La precisione della sua superficie, tuttavia, nasconde significative ambiguità al suo interno: Il libro che la donna ha scelto, la direzione del suo sguardo, persino la separazione delle labbra e i bottoni al collo, sono tutti elementi che servono a minare le nostre prime impressioni sulla scena. Quello che inizia come un grazioso quadro di harem, in altre parole, diventa un testo complicato e multi-referenziale che affronta una varietà di questioni di attualità all’interno dei confini dell’orientalismo, della storia dell’arte del XIX secolo e degli aspetti della stessa biografia dell’artista. Attraverso la trasposizione di modelli britannici, francesi e turchi e la manipolazione dei loro temi, “Giovane ragazza che legge” dimostra la natura unica dell’orientalismo di Osman Hamdi e il suo gusto artistico.


La formazione artistica di Osman Hamdi iniziò a Parigi nei primi anni Sessanta del XIX secolo, nell’atelier di Gustave Boulanger e sotto la probabile influenza di Jean-Léon Gérôme, la cui arte e presenza come insegnante dominavano il mondo artistico parigino dell’epoca. Osman Hamdi , uno dei primi artisti ottomani a creare un ponte tra i mondi artistici della Turchia e della Francia e ad adottare lo stile figurativo accademico dell’École, fece da modello per Boulanger prima di iscriversi formalmente come studente nel suo atelier.

L’impatto di entrambi i maestri è evidente nello stile e nel soggetto dei quadri di Osman Hamdi, che rispecchiano, per molti aspetti, i soggetti orientalisti che riscuotevano tanto successo in Europa all’epoca. Negli anni Ottanta dell’Ottocento, l’artista iniziò a realizzare una serie di quadri di harem, uno dei temi più popolari e seducenti. Tuttavia, nelle mani di Osman Hamdi, le atmosfere e gli abitanti di questi spazi storici si trasformano in modo significativo e pregnante.


Nel quadro l’erotismo familiare dell’harem è mitigato dalla figura femminile impettita e dalla sua posa compatta e chiusa in se stessa. Collocato nella stanza come una bambola di carta appiattita, il suo corpo diventa meno attrattivo e vitale rispetto ai motivi colorati disposti contro la parete di fondo. Questa enfasi sugli aspetti formali della composizione, così come l’importanza e l’intricatezza del tessuto e del vestito, ricorda i quadri di harem del pittore britannico John Frederick Lewis, di cui Osman Hamdi forse conosceva le celebri opere ampiamente riprodotte.


Anche le immagini di ragazze e donne che leggono sarebbero state familiari a Osman Hamdi nella sua patria d’adozione, Parigi, anche se i soggetti erano decisamente più osé. In particolare negli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, con i cambiamenti nella forza lavoro e la ricerca di attività per il tempo libero in aumento, le preoccupazioni per l’alfabetizzazione femminile, l’accesso al giornalismo e l’influenza corrosiva di certi libri sulle menti di giovani ragazze impressionabili, portarono a un’ondata di immagini dipinte di liseuse, o lettrici, in una varietà di ambienti e stili. Tra le opere che affollavano i Salon e le pareti delle gallerie c’erano quelle che ritraevano donne che leggevano poesie, forse il più “pericoloso” dei generi. Con il suo interesse per l’amore e il dramma, la poesia era considerata un tipo di studio più viscerale di quello che altre forme di lettura richiedevano o consentivano: dinoccolate in un mite abbandono, con le labbra aperte nella recitazione dei versi, i soggetti femminili di queste immagini erano decisamente più sensuali che morali o benevoli. Nella trasposizione di Osman Hamdi di questa tendenza, viene mantenuta un’aria di gentile provocazione, anche se sotto una patina di semplicità.


Nella trasposizione di Osman Hamdi di questa tendenza, viene mantenuta una certa atmosfera di lieve provocazione, anche se sotto una patina di semplicità. La giovane donna è inginocchiata davanti a un libro aperto, posto su un supporto di legno intarsiato. La schiena è eretta, gli occhi abbassati e le mani poggiano delicatamente sulle cosce. La copertina del libro è protetta da una stoffa floreale delicatamente ricamata, a suggerire il suo valore e l’importanza della sua custodia. La posizione elevata del libro e la presenza di un tappeto da preghiera (in turco seccade) suggeriscono che si tratta di un testo religioso, probabilmente il Corano. Anche la somiglianza della posa della giovane donna con quella di altre figure dell’opera di Osman Hamdi, più chiaramente impegnate in atti di devozione, e l’arabesco sinuoso del fumo profumato che fuoriesce da un bruciatore di incenso posto nelle vicinanze, sottolineano gli aspetti religiosi del tema.


Come ha osservato il noto studioso Edhem Eldem, tuttavia, “[Una] visione parziale della pagina aperta dice il contrario. Lo stile calligrafico taliq non è stato utilizzato per il Corano e le poche parole che si possono decifrare confermano questa discrepanza. Nell’ultima riga si legge ‘az ān’, che in persiano significa ‘da questo’. Questo farebbe pensare a un volume di poesie, ma un formato così grande con solo quattro righe di appena quattro o cinque parole ciascuna [rende anche questo] altamente improbabile. Con ogni probabilità si tratta di scarabocchi ‘decorativi’, destinati ai clienti prevalentemente stranieri dell’artista. Questa interpretazione è ulteriormente rafforzata dal fatto che la parola sulla seconda riga recita ‘Hamdi’, il nome [dell'artista], un trucco scherzoso a cui spesso ricorreva per inserire il suo nome nella scrittura araba in dipinti che firmava quasi esclusivamente in francese.”


I numerosi riferimenti moderni a questo quadro come “Giovane ragazza che legge il Corano”, quindi, sono stati fuorvianti: piuttosto che un’immagine di devozione, l’artista si è cimentato in un gioco. La discrepanza significativa che Eldem osserva in “Giovane donna che legge”, segnalata dal libro, si scopre anche altrove nella composizione. I dettagli architettonici, gli accessori, i tessuti e gli oggetti esotici ricorrono regolarmente nelle sue opere, suggerendo che il rapporto tra documentazione e immaginazione è più complesso di quanto sembri. È importante notare in questo contesto che i dipinti di Osman Hamdi sono stati esposti raramente, se non mai, nella sua nativa Turchia, dove tali incongruenze avrebbero potuto essere più facilmente osservate.


Il sorprendente motivo geometrico delle grate metalliche della finestra aperta, è simile a quelli presenti sul lato destro di “Donne che passeggiano” (1887, Collezione Yapi Kredi Bankasi) e di “Donne all’ingresso della moschea di Sultan Ahmed” (Collezione Erol Kerim Aksoy), nonché a quelli di “Due ragazze musiciste” , mentre la distesa quasi ipnotica di piastrelle esagonali bianche e blu, ispirata agli esempi presenti nelle collezioni dei musei locali e a quelli osservati in situ al Palazzo Topkapi e alla Moschea Verde (Yeşil Cami) di Bursa, riappare in “Quattro schiave” (1880, Collezione Erol Kerim Aksoy), con un effetto altrettanto abbagliante.


Anche il vestito giallo brillante della donna è una presenza familiare nelle opere di Osman Hamdi di questo periodo, essendo presente in “Gathering Lilacs” (1881, collezione privata) e “Young Woman Standing” (1884, collezione privata). La sua ripetizione crea un ulteriore legame tra i soggetti dei suoi quadri e allude a un intrigante filo narrativo.

La cura con cui l’abbigliamento è reso nell’arte di Osman Hamdi è significativa per ragioni che vanno anche al di là dei quadri. La moda femminile a Costantinopoli era in continua evoluzione e cambiamento fin dagli anni Cinquanta del XIX secolo. Le riviste di moda francesi erano ampiamente diffuse - anche all’interno dell’harem - e gli abiti venivano ordinati direttamente da Parigi o commissionati alle sarte di Pera, per riprodurne gli stili. Man mano che gli elementi della moda europea venivano adottati in modo selettivo e combinati con gli abiti tradizionali turchi, emergeva uno stile ibrido, che non era conforme all’immaginario esotico degli artisti e dei viaggiatori europei e che quindi veniva spesso omesso dalle loro opere. Le numerose immagini di Osman Hamdi che ritraggono donne turche che sfoggiano l’attualità degli abiti da interno e da esterno, e la giovane donna della tela in esame, sono ancora più importanti per la loro fedele testimonianza dei cambiamenti che stavano avvenendo. Ciò è particolarmente evidente nelle opere di Osman Hamdi degli anni Ottanta e Novanta del Novecento, in cui le tradizionali cappe sartoriali delle donne turche, o i mantelli da esterno, punteggiano le sue tele con i colori e la vivacità introdotti di recente. Attraverso questa cronaca delle realtà sartoriali, le immagini di Osman Hamdi possono essere viste sia come il progetto di un etnografo di recupero, desideroso di immortalare le vestigia rimaste, sia come quello di un giornalista, in prima linea sul fronte della moda e dello stile.


Paradossalmente, data l’attenzione di Osman Hamdi per l’attualità, testimoniata dall’abbigliamento e dai vestiti, gli ambienti all’interno delle sue immagini sono spesso senza tempo, immobili e fermi. Basati su vari esempi di architettura mamelucca e ottomana e messi insieme dalle sue vaste collezioni di fotografie e stampe, questi vuoti simili a collage evocano l’atmosfera di un museo, in cui lo spettatore è un ospite privilegiato e ben educato. Questa impressione è rafforzata dalle esposizioni di prodotti artigianali e locali che si trovano all’interno delle loro pareti.

Calma, fredda e raccolta, la lontananza priva di emozioni della figura della “Giovane donna che legge” trasmette un messaggio paragonabile a quello della moderazione e del rimprovero. Gli occhi sono abbassati, la postura è rigida e le labbra, nonostante siano aperte, non invogliano né tentano. Sebbene le sue origini possano risalire alle immagini di harem di Gérôme e Boulanger e alle immagini contemporanee di lettrici in Gran Bretagna e in Francia, Osman Hamdi ha trasformato questa donna in qualcosa di molto nuovo. È l’anti-odalisca, la bambina innocente ormai matura e la donna turca progressista. L'interesse dell'artista per questo soggetto è testimoniato dalla sua ricorrenza nella sua arte, in varie declinazioni nel corso degli anni. (M.@rt)




view post Posted: 3/4/2024, 21:17 by: Milea     +1L'ADDESTRATORE DI TARTARUGHE - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA


Gebzede_oban_Mustafa_Paa_KlliyesiP

Osman Hamdi Bey
Complesso Çoban Mustafa Pasha a Gebze ( Gebze’de Çoban Mustafa Paşa Külliyesi)
(Çoban Mustafa Paşa Complex in Gebze)
1880 circa
olio su tela - 27 × 33,5 cm.
Istanbul, Museo Pera


Il dipinto raffigura il palazzo (külliye) Çoban Mustafa a Gebze, costruito dal celebre architetto ottomano Mimar Sinan nel XVI secolo; sono visibili le cupole e i minareti della moschea del complesso. Oltre alla moschea, Il külliye comprende una cucina, una madrasa ( una specie di convitto musulmano ove si impartiscono insegnamenti di religione e diritto) alcune tombe,una loggia, una biblioteca, un caravanserraglio e un bagno (hamam). Çoban Mustafa Paşa servì come capitano e sposò Hafsa Sultan, sorella di Solimano il Magnifico. Sebbene non si conosca la data esatta di realizzazione dell’opera, si pensa che sia stata dipinta intorno al 1880. Partecipò alle campagne di Belgrado e di Rodi. Morì nel 1529 quando stava per partire per la campagna di Vienna; il suo corpo fu sepolto nella tomba del complesso di Çoban Mustafa Pasha a Gebze. Osman Hamdi Bey dipinse anche il complesso di Çoban Mustafa Pasha e la sua tomba.


L’interesse di Osman Hamdi Bey per Gebze risalirebbe alla villa del padre a Eskihisar. Negli ultimi tempi dell’Impero Ottomano, Gebze e i villaggi circostanti erano tra le località estive preferite, soprattutto dai membri di alto rango dell’amministrazione. Anche il padre di Osman Hamdi Bey possedeva una villa nel villaggio di Eskihisar. Osman Hamdi Bey scoprì Eskihisar quando visitò la villa del padre a Gebze; in gioventù acquistò qui ventotto acri di terreno.

Nel 1884 costruì una villa in questa splendida baia sul mare. L’edificio, il cui progetto era stato disegnato da lui stesso, presenta tracce dell’architettura francese. I materiali tecnici come le piastrelle, i mattoni e le parti in legno dell’edificio furono portati via nave da Lione, in Francia. Osman Hamdi, che amava molto Eskihisar, veniva in questa casa con la sua famiglia non appena era libero dai suoi studi ufficiali e scientific, trascorrendo il suo tempo dipingendo nel giardino e nell’atelier di pittura. Osman Hamdi Bey trascorse quasi tutte le estati per ventisei anni della sua vita nel villaggio di Eskihisar dal 1884. Osman Hamdi Bey non smise mai di dipingere mentre continuava i suoi studi museali e archeologici. Di solito realizzava i suoi quadri durante i mesi estivi che trascorreva a Eskihisari; qui realizzò i suoi dipinti più famosi.

separatore-trasp




Osman Hamdi Bey
Gebze'den Manzaralar
1881
olio su tela - 72 x 119 cm
Museo Statale di Pittura e Scultura, Istanbul



Oltre al Complesso di Çoban Mustafa Pasha a Gebze, che è uno dei dipinti più importanti, c’è anche un dipinto intitolato “Paesaggi di Gebze” (Gebze’den Manzaralar) in cui raffigura Gebze. Inoltre, ognuno dei bellissimi dipinti floreali che dipinse sulle porte di legno del piano d’ingresso della Osman Hamdi Bey Mansion nel 1901-1903 ha un valore artistico pari a quello dei dipinti sopracitati.

separatore-trasp


Osman Hamdi, che fu pittore, archeologo, museologo e scrittore, oltre che burocrate, diplomatico, amministratore e scienziato, lavorò instancabilmente fino alla fine della sua vita e morì nella sua villa di Kuruçeşme(Beşiktaş) il 24 febbraio 1910 dopo una breve malattia. La preghiera funebre si tenne nella Moschea di Santa Sofia e, in ottemperanza con le sue volontà, Osman Hamdi fu sepolto in una radura tra gli alberi dietro la casa colonica, che aveva costruito a Eskihisar e sopra di essa furono collocati ciste e sarcofagi del periodo selgiuchide portati dall’Anatolia.(M.@rt)



view post Posted: 3/4/2024, 19:28 by: Jane Morris     +1GIÒ E GIULIA - Una coppia di falchi pellegrini sul Pirellone [WEBCAM] - Animals


IL NIDO D'AMORE DI GIÒ E GIULIA
LA COPPIA DI FALCHI PELLEGRINI SUL PIRELLONE




Sorpresa di Pasquetta sul Pirellone: sono nati i primi due falchi pellegrini del 2024



SEGUI LA WEBCAM IN DIRETTA


Mamma Giulia è ancora intenta a covare mentre papà Giò porta da mangiare ai primi due falchi pellegrini nati nel nido in cima al Pirellone. Sono i primi due pulli del 2024 della coppia di volatili che da dieci anni abita in cima al grattacielo simbolo di Milano Tutto è stato documentato con video e screenshot da parte degli utenti della community su Facebook ‘Giò&Giulia Falchi pellegrini a Milano’: il primo uovo si è schiuso ieri, 1° aprile, poco dopo le 21.30, mentre il secondo pullo ha messo fuori il becco questa mattina intorno alle 7.30. Una bella sorpresa per Pasquetta annunciata sui social dal presidente della Regione, Attilio Fontana: “Sono nati i primi due pulli del 2024 dei falchi pellegrini di Palazzo Pirelli. Un affascinante spettacolo di natura, quest’anno al deccimo anniversario da quando i due falchi, Giò e Giulia, hanno fatto del tetto del palazzo del Consiglio regionale della Lombardia il loro nido”, ha commentato.


Gli altri due sono ancora in attesa di uscire e in questi giorni più che mai i fan della famiglia di pennuti più amata di Milano fa a gara a chi scorge per primo un segno di nuova vita. Le ultime uova erano state deposte da Giulia intorno ai primi di marzo, in genere il tempo della cova dura da un minimo di ventotto a un massimo di trentacinque giorni. Al momento non si conosce il sesso dei due pulli, ma anche quest’anno oltre al consueto ‘totonomi’ - che è ormai diventato un evento social per dare il nome ai nuovi arrivati - si è tenuto anche il ‘totoschiusa’ per indovinare la data della schiusa del primo uovo: il vincitore riceverà un premio. Giò e Giulia quest’anno festeggiano il loro decimo anniversario milanese: è dal 2014, infatti, che frequentano il nido sul grattacielo a centoventicinque metri d’altezza, mentre è dal 2017 che vengono seguiti dagli appassionati attraverso la webcam attiva 24 ore su 24.
view post Posted: 3/4/2024, 17:12 by: Milea     +1L'ADDESTRATORE DI TARTARUGHE - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA



Osman Hamdi Bey
Ragazza con il cappuccio rosa (Girl with pink cap)
giugno 1904
olio su tela - 50 x 40 cm.
Istanbul, Pera Museum


Nel dipinto, una ragazza vestita in stile occidentale, con un copricapo rosa, e l’abito e il grembiule in toni simili, in piedi in uno spazio aperto, con alle spalle della vegetazione. L’immagine mostra il ritratto delI’ultima figlia di Osman Hamdi Bey e Mary/Naile Hanàm, Nazlà (4 settembre 1893 e il 1 agosto 1958), all’epoca undicenne. Il ritratto si trova nella Collezione di pittura orientalista del Museo di Pera. (M.@rt)


view post Posted: 3/4/2024, 11:17 by: Milea     +1L'ADDESTRATORE DI TARTARUGHE - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA

Ottoman_Lady_preparing_for_an_outingP

Osman Hamdi Bey
Donna ottomana, si prepara per un’uscita
(Ottoman Lady, preparing for an outing)
1880 circa
olio su tavola - 68 x 45 cm.
Collezione privata


Questo bellissimo ritratto di una donna che si prepara per una passeggiata fonde la pittura accademica occidentale con la sensibilità orientale. Osman Hamdi Bey è stato il primo pittore turco ad abbracciare pienamente lo stile pittorico occidentale: burocrate, archeologo, e direttore di museo fu uno dei pittori di maggior successo dell’Orientalismo, occupando una posizione di rilievo nella vita culturale turca della seconda metà del XIX secolo.


Come membro di una famiglia ottomana dell’alta borghesia, visse una vita molto orientata all’Occidente. Nel 1860 fu mandato a Parigi dalla sua famiglia per proseguire gli studi e lì decise di dedicarsi alla pittura, studiando arte sotto la supervisione dei famosi pittori orientalisti francesi Jean-Léon Gérôme e Gustave Boulanger. Nel 1869, dopo nove anni nella capitale francese, tornò a Istanbul. Dopo aver ricoperto diversi incarichi nella burocrazia ottomana, nel 1881 fu nominato direttore del Museo Imperiale Ottomano e poco dopo fondò l’Accademia di Belle Arti, che esiste ancora oggi a Istanbul come Università di Belle Arti Mimar Sinan.


Il dipinto in esame non è datato, ma si può ipotizzare che sia stato realizzato negli anni Ottanta del XIX secolo, poiché Hamdi ha raffigurato scene simili con donne in diverse opere di questo periodo.

separatore-trasp




Osman Hamdi Bey
Dama turca di Costantinopoli
1881
Firmato e datato ‘81 in alto a sinistra
olio si tela -185 x 109 cm.
Collezione privata



separatore-trasp


Si tratta di una veduta intima di una giovane donna dell’harem che si guarda allo specchio mentre si acconcia per uscire. Sembra provenire da un ambiente privilegiato e indossa un abito giallo/ocra, un esempio dell’interesse di Hamdi nel catturare la moda del suo tempo. La si vede mentre si lega il foulard, detto yemenita. Sul divano è appoggiato il suo caftano nero, un soprabito chiamato ferace, che veniva indossato sopra l’abito quando si era all’aperto. La stanza è decorata con un kavukluk, un porta-turbanti ottomano, posto in un angolo. La donna è inginocchiata su un cuscino ottomano di seta yastik, mentre il pavimento è coperto da una stuoia hasır. Dietro di lei è raffigurato un grande divano angolare blu rivestito di velluto ricamato a çatma, proveniente da Bursa.





Gli artisti orientalisti europei come Gérôme e Boulanger avevano non avevano possibilità di osservare la vita quotidiana orientale, non avendo accesso alle aree private, come l’harem. Ciò ha portato a raffigurare un Oriente immaginario e mistificato. Hamdi Bey costruì una rappresentazione più realistica della vita privata in Oriente, come nella presente tavola. (M.@rt)




view post Posted: 1/4/2024, 19:26 by: Milea     +1L'ADDESTRATORE DI TARTARUGHE - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA




Osman Hamdi Bey
Due ragazze musiciste
1880
olio su tela - 58 x 39 cm.
Istanbul, Pera Museum


L’opera, realizzata dall’artista per essere inviata a una mostra, riflette l’approccio stilistico tipico della pittura accademica francese. Sebbene sia considerato un pittore orientalista, la percezione dell’Oriente di Osman Hamdi Bey è notevolmente diversa da quella degli artisti occidentali, in quanto, a differenza di essi che enfatizzavano la sensualità nelle loro figure femminili, nei dipinti di Osman Hamdi Bey le protagoniste sono spesso consapevoli del processo di occidentalizzazione nell’Impero Ottomano, così come delle loro identità e dei talenti individuali, e quindi aperte all’apprendimento e al loro sviluppo.


In molte opere di Osman Hamdi Bey, la donna ottomana è ritratta mentre suona uno strumento, legge o sistema i fiori in casa e appare sempre completamente vestita. In questo dipinto, che incorpora elementi architettonici della Moschea Verde di Bursa, oltre a strumenti musicali come il tambur (liuto) e il tamburello, elementi decorativi ottomani come tappeti, oggetti in legno, sculture in pietra e piastrelle completano l’approccio unico dell’artista all’identità femminile. (M.@rt)





Edited by Milea - 1/4/2024, 22:06
view post Posted: 1/4/2024, 18:39 by: Milea     +1L'ADDESTRATORE DI TARTARUGHE - Osman Hamdi Bey - ARTISTICA

Osman_Hamdi_Bey_The_Tortoise_TrainerP

Osman Hamdi Bey (Istanbul, 1842 - 1910)
L’addestratore di tartarughe (The Tortoise Trainer)
1906
olio su tela - 221,5 cm x 120 cm
Istanbul,Pera Museum


Il dipinto presentato come “L’homme aux Tortues” alla mostra del Salon organizzata dalla Société des Artistes Français il 1° maggio 1906 a Parigi, e brevemente indicato in inglese come “Tortoises” in uno dei cataloghi dell’esposizione, non è altro che la celeberrima opera di Osman Hamdi Bey, divenuta nota come “L’addestratore di tartarughe”. E’ il quadro più famoso della pittura nazionale turca, tanto da essere definito comunemente come la “Gioconda turca”.


La data “1906” sul dipinto suggerisce che il quadro è stato completato nei primi mesi di quell’anno per essere incluso nella mostra tenutasi a maggio. Osman Hamdi eseguì un altro dipinto della stessa composizione in scala minore, anche se con alcune differenze nei dettagli. Questa seconda versione contiene una dedica di Osman Hamdi Bey al suocero Salih Münir Paşa.


In una lettera scritta al padre da Baghdad trentasette anni prima della realizzazione del dipinto, Osman Hamdi lo ringrazia per l’invio di un numero di “Tour de Monde”, che ammette di aver letto con grande piacere. Il suddetto numero della rivista contiene un articolo scritto dal diplomatico svizzero Aimé Humbert, che trasmette le sue impressioni sul Giappone e parla degli addestratori di tartarughe coreani. Illustrato con un’incisione, l’articolo rivela inoltre che, accompagnate dal ritmo del piccolo tamburo dell’addestratore, le tartarughe imparano a camminare in fila indiana e ad ammassarsi l’una sull’altra su di un tavolo basso. Si può supporre che l’articolo e l'incisione in questione abbiano dato l’idea iniziale di ispirazione a Osman Hamdi Bey per il suo dipinto.








Nella scena di Osman Hamdi, una figura maschile in abiti orientali osserva pensierosa le tartarughe che mangiano delle foglie di insalata, posate sul pavimento. Tiene in mano un ney, un flauto caratteristico soprattutto della musica tradizionale colta della Persia, della Turchia e di altri paesi del Medio Oriente; sulla schiena porta uno strumento a percussione, forse nakkare o kudüm. Il frontone della finestra davanti alla quale si trova reca la seguente iscrizione: “La vicinanza all’amato (Maometto), guarisce il cuore”.





Spesso presente anche in altri dipinti dell'artista, la sala superiore della Yeşil Cami (Moschea Verde) di Bursa è utilizzata come sfondo in quest’opera. Allo stesso modo, la figura è modellata sullo stesso Osman Hamdi. Mentre gli strumenti che porta con sé potrebbero far pensare a un derviscio, il suo copricapo è sorprendentemente simile a quello del “Curdo di Mardin”, descritto in Elbise-i Osmaniye come “kalpak di feltro avvolto in fazzoletti”.


È noto che durante il periodo trascorso a Vienna, Osman Hamdi si fece fotografare con questo costume. Come spesso accade in altri suoi dipinti, l’artista deve aver utilizzato diverse fotografie per i dettagli della figura e dello spazio. La tela, realizzata dall’artista per essere inviata a una mostra, riflette l’approccio stilistico della pittura accademica francese.



Osman Hamdi Bey vestito con abito di Osmaniye (costume curdo) a Vienna
1873
Collezione privata



“L’addestratore di tartarughe” è una delle cinque opere di Osman Hamdi Bey incluse nella Collezione di pittura orientalista della Fondazione Suna e İnan Kıraç. . Come “L’addestratore di tartarughe”, anche “Due ragazze musiciste” è un’opera in cui spicca la tendenza orientalista. Il “Complesso del pastore Mustafa Pasha a Gebze” è un esempio di pittura paesaggistica che utilizza la tecnica del pennello libero, raffigurando le vedute delle regioni di Gebze e Eskihisar. I dipinti “Ragazza con berretto rosa” e “Kökenoğlu Rıza Efendi” sono esempi di ritratti di Osman Hamdi di persone della sua cerchia di familiari e amici. Queste tele costituiscono un gruppo che esemplifica i diversi soggetti e approcci stilistici in cui l’artista si è cimentato. (M.@rt)









Edited by Milea - 1/4/2024, 22:01
view post Posted: 30/3/2024, 20:35 by: Lottovolante     +1À LA FONTAINE - William-Adolphe Bouguereau - Bouguereau




William-Adolphe Bouguereau
Alla fontana
(À la fontaine)
Firmato W-BOUGUEREAU e datato 1897
Olio su tela
142 x 86.5 cm
Collezione privata


"À la fontaine" fu dipinto nel 1897 a La Rochelle, durante una delle vacanze estive di William-Adolphe Bouguereau. Alla fine del XIX secolo, la tranquilla campagna era diventata per l'artista un rifugio lontano dalle esigenze professionali e sociali di Parigi. Tuttavia, durante i suoi soggiorni estivi, il prolifico Bouguereau non si chiudeva in se stesso per riposare. L'artista ristrutturò la serra della sua villetta in uno studio, dove dipingeva quando non lavorava all'aperto nei campi o in riva al mare. I capolavori realizzati durante questi periodi (i suoi traveaux de vacances), come "À la fontaine", sono stati prodotti con la stessa cura e attenzione di quelli concepiti nel suo ben arredato atelier parigino e riflettono anche la pronta ispirazione offerta sia dalla campagna che dallo stile di vita di cui l'artista poteva godere.


Le due modelle di "À la fontaine" erano sorelle: la maggiore è Jeanne, la minore Yvonne. Vivevano a La Rochelle o nei dintorni e sono state l'ispirazione per la maggior parte dei quadri estivi di Bouguereau dipinti dopo il 1893. Sebbene si sappia relativamente poco della biografia delle ragazze, la loro adolescenza e il loro rapporto possono essere seguiti attraverso alcune composizioni di Bouguereau (oltre alle occasionali fotografie scattate mentre posano nel suo studio) in cui si abbracciano teneramente o condividono un lavoro quotidiano. Nell'opera attuale, Jeanne inclina il pesante peso della brocca d'acqua in argilla smaltata verde mentre Yvonne si prepara a bere un sorso.


La visita al pozzo o a una sorgente gorgogliante era uno dei temi compositivi preferiti di Bouguereau e l'opera in questione combina i migliori elementi dei suoi traveaux des vacances, giovani contadini o pescatori che svolgono la loro vita quotidiana, incorporando anche elementi dei suoi dipinti di fantasia ambientati in un mondo ispirato all'Antico o alla mitologia. In effetti, Jeanne e Yvonne potrebbero trovarsi tanto nella campagna classica italiana quanto nei campi di La Rochelle, poiché il paesaggio assomiglia a quello di molti dei ritratti a figura intera realizzati dall'artista alla fine del XIX secolo. I ritratti risalgono ai viaggi e agli studi compiuti in Italia nel 1850, quando il giovane artista riempì per tre anni libri di schizzi e tele con copie di capolavori del Rinascimento, disegni di manufatti antichi, persone incontrate e paesaggi colorati delle idilliache città collinari intorno a Roma. Il viaggio commosse profondamente l'artista e i suoi ricordi duraturi, insieme al periodo estivo trascorso a La Rochelle, sembrano confluire nell'opera attuale.


Poco dopo aver lasciato lo studio di Bouguereau, la popolarità di "À la fontaine" fu assicurata da una fotografia pubblicata nel 1898 e messa in vendita in diversi formati da Braun & Clément. La popolarità dell'immagine è ulteriormente suggerita dalla sua continua inclusione nel catalogo dell'azienda fino al 1908, tre anni dopo la morte di Bouguereau. Vedendo questa fotografia durante una vacanza a Magonza, in Germania, nel 1900, il nipote di Bouguereau, William Vincens, scrisse alla madre: "Ho visto in una vetrina quattro quadri del nonno, i primi che abbia mai visto in Germania... [Per quanto riguarda l'ultimo], non ho visto il nome, ma mostra Yvonne in ginocchio che beve acqua da una brocca, appoggiata su una bacinella di pietra, che Jeanne tiene verso di sé". Inoltre, Bouguereau ha riconosciuto l'opera come una delle sue più significative scrivendo al suo primo proprietario, il milionario americano Charles F. Grey: "Ho saputo che siete diventato il proprietario di 'À la fontaine'. Me ne rallegro, poiché considero l'opera una delle mie migliori, sia in termini di composizione che di esecuzione. È un quadro che mi è piaciuto molto dipingere e che manterrà sempre il mio interesse".


Il piacere di Grey per l'acquisto è testimoniato dal posto che occupava nella sua collezione nella casa di Forest Avenue a Evanston, Illinois, e dal ruolo che avrebbe avuto nelle sue iniziative filantropiche. Come molti ricchi americani della fine dell'Ottocento, una parte significativa della fortuna di Grey (che si occupava di pelli e cuoio) fu utilizzata per acquistare le migliori opere d'arte europee dell'epoca, mentre un'altra somma importante fu destinata a miglioramenti civici (Chicago Tribune, 27 luglio 1999). Nel 1900, Grey offrì a Evanston centomila dollari per la costruzione di una biblioteca e nel 1905, con l'ulteriore sostegno finanziario di Andrew Carnegie, aveva costruito la prima struttura e, nonostante un precedente accordo, aveva fornito il terreno quando la città non era in grado di farlo. Nel 1925 Grey lasciò in eredità "À la fontaine" alla biblioteca, dove fu esposto prima di essere riproposto in queste sale nel 1999; il ricavato andò a beneficio del fondo di dotazione, a ulteriore testimonianza della posizione del dipinto come uno dei più speciali dell'opera di Bouguereau. (Mar L8v)

view post Posted: 30/3/2024, 13:47 by: Milea     +1La recherche de l’absolu (La ricerca dell'assoluto) - Magritte

“Tutta la vita dell’anima umana è un movimento nella penombra.
Viviamo, nell’imbrunire della coscienza,
mai certi di cosa siamo o di cosa supponiamo di essere”.
(Fernando Pessoa)


magritte_la_recherche_de_labsolu_1960P

René Magritte (1898-1967)
La recherche de l’absolu
1960
Firmato 'Magritte' (in basso a sinistra)
gouache su carta - 23,9 x 29,2cm.
Collezione privata


“La recherche de l’absolu”, squisita gouache autunnale del 1960, mostra uno dei motivi preferiti e più iconici dell’artista belga: la fronda dell’albero. Ma mentre nelle sue precedenti esplorazioni di questo tema la foglia era verde e si ergeva imponente, assurda, magica e magnifica nel suo contesto paesaggistico, qui è privata del “fogliame”, i rami o le venature descrivono la forma di una foglia e sono l’unica traccia rimasta del suo precedente aspetto verdeggiante.
Tuttavia, l’enfatica piattezza della foglia è stata mantenuta in questa immagine, consentendo di mantenere il gioco concettuale di Magritte. Allo stesso tempo, apparendo spoglia e lasciando così filtrare il bagliore rosa del cielo attraverso la sua trama di rami, “La recherche de l’absolu” raggiunge un profondo senso di lirismo visivo che si aggiunge all’adeguatezza del suo titolo, a sua volta tratto da un celebre romanzo omonimo di Honoré de Balzac, pubblicato nel 1834, in cui la tesi di fondo è che dietro la quieta apparenza del vivere quotidiano si celano sentimenti, passioni e conflitti profondi. Secondo il maestro del surrealismo “tutto ciò che vediamo nasconde un’altra cosa; noi abbiamo sempre voglia di vedere ciò che è nascosto da ciò che vediamo”. In questo dipinto l’artista stimola l’osservatore a riflettere sulla realtà, ad andare al di là delle apparenze, per cercare questi significati nascosti. L’opera è stata presentata in diverse mostre, tra cui due rassegne internazionali dedicate all’arte di Magritte.


“La recherche de l’absolu” è una rivisitazione a guazzo di un tema che Magritte aveva esplorato per la prima volta nel 1940 in tre dipinti (uno dei quali è oggi di proprietà del Ministère de la Communauté Française de Belgique, a Bruxelles); i tre oli, di cui rimase particolarmente soddisfatto, raffigurano un grande albero nudo contro un paesaggio generico dominato da un vasto cielo.



René Magritte (1898-1967)
La recherche de l’absolu
1940




Scrisse di questo gruppo di opere, due orizzontali e una verticale, a Claude Spaak il 5 gennaio 1941: “Tra le tele recenti, ci sono tre versioni di ’La recherche de l’absolu’, che è un albero senza foglie, ma con rami che forniscono la forma di una foglia. Una versione si svolge la sera con il sole al tramonto, un’altra al mattino con una sfera bianca all’orizzonte e la terza mostra questa grande foglia che si erge contro un cielo stellato. Queste ricerche mi hanno permesso di produrre tre immagini molto pure, di cui sareste molto contento, credo”. Due versioni del dipinto vennero subito vendute e la terza, quella in notturno, rimase nelle mani di Magritte che oltre una decina di anni più tardi la ritoccò in alcuni punti.



René Magritte
La recherche de l’absolu
1940
olio su tela - 50 x 65,5 cm.
Collezione privata


Nel quadro ambientato in una serena notte stellata domina un albero foglia, un grande albero spoglio che assume la forma di una foglia ed i cui rami sembrano le nervature della stessa foglia. Magritte arriva pertanto a racchiudere in un’unica forma, sia un albero che una foglia giungendo così ad una sintesi sorprendente che li pone in una inestricabile relazione percettiva. La suggestione del dipinto si completa con il realistico profilo di alcune montagne e, appunto, con un cielo stellato. È tipico del Magritte maturo, ormai consapevole e padrone dei propri mezzi, confonderci e sorprenderci inserendo in un contesto estremamente realistico e verosimile ai nostri occhi, un elemento spiazzante e paradossale quale l’albero foglia.


In quell’opera, il caldo rosa crepuscolare della gouache del 1960 è assente, sostituito da un cielo blu fresco e nitido; delle altre due versioni del 1940, una mostra la foglia dell’albero protesa verso un cielo stellato e un’altra sostituisce il sole con una sfera appoggiata all’orizzonte, accentuando il contrasto con la piattezza introdotta dalla superficie piana della foglia. Osservando la veduta serale del 1940, la composizione è chiaramente simile: in entrambe le immagini, c’è una fascia di montagne lontane sovrastate da un sole rossastro. La scarnificazione della versione del 1940 può riflettere l’atmosfera dell’epoca, dipinta quindi dopo l'invasione e l’occupazione nazista del Belgio, paese natale di Magritte, avvenuta nel maggio dello stesso anno.



René Magritte
La géante
1935
firmato 'magritte' (in alto a destra); firmato, intitolato e datato ‘LA GEANTE MAGRITTE 1935’ (sul retro)
olio su tela - 73 x 60cm.
Collezione privata


Guardando “La recherche de l’absolu”, Magritte sembra essere stato ancora influenzato dal tono o dalle ansie dell’epoca, come si evince dall’immagine cruda e fredda della foglia d’albero spoglia. È un netto contrasto con la lussureggiante opulenza del primo albero-foglia, “La géante”, dipinto solo cinque anni prima.

All’inizio della Seconda guerra mondiale, Magritte si era preoccupato di come dipingere e di cosa dipingere; in seguito avrebbe iniziato a creare una serie di opere spesso piene di luce e di gioia, fino ad arrivare ai suoi quadri pseudo-impressionisti; questa risposta al conflitto fu considerata inappropriata da alcuni, che ritenevano che i tempi bui richiedessero un’espressione artistica cupa, eppure dimostrò un’incredibile forza di volontà, poiché Magritte usò i suoi quadri per invocare la pace e la pace.

Quando nel 1960 riprese il tema de “La recherche de l’absolu” nella gouache in esame, la tensione della Seconda guerra mondiale è ormai lontana; di conseguenza, la rivisitazione del tema ha un calore romantico che mancava nella sua più fredda incarnazione precedente. In effetti, la sensazione di romanticismo è alla base di questo quadro: ricorda alcuni dei tramonti e delle albe contemplative catturate con tanta poesia dal pittore tedesco Caspar David Friedrich. In effetti, il contrasto tra i rami, o le venature, di questa foglia d’albero contro il cielo rosa ricorda la sua opera del 1833 “Mattino di Pasqua” (Ostermorgen), oggi conservata al Musée Thyssen-Bornemisza di Madrid. Richiamando deliberatamente il linguaggio visivo di Friedrich, Magritte ha raffigurato il suo ampio paesaggio con un orizzonte basso, che conduce a una distanza meditativa, con la singola foglia d’albero in primo piano che funge da ancoraggio alla composizione, in analogia non per gli alberi del Mattino di Pasqua, ma piuttosto per le figure, spesso solitarie, che il maestro tedesco utilizzava nei primi piani dei suoi quadri. (M.@rt)




3652 replies since 5/5/2012